Bocciata, ieri sera in Campidoglio, la proposta di un registro delle unioni civili. Le assenze di Veltroni e della sua vice Garavaglia parlano da sole. «Questa città e questo quadro politico – dice Smeriglio – non sono in grado di risolvere questo problema». Ad aver perso, segnala Adriana Spera, è la «Roma reale che non è bigotta come la vorrebbero dipingere le destre o gli atti del Piddì». Bocciato però, ed è la prima volta, un ordine del giorno del Piddì, segno che senza sinistra la maggioranza non c’è. Quell’odg, a sentire Massimiliano Smeriglio, «buttava la palla in tribuna»: ossia, cassando a sua volta le unioni civili, chiedeva al Parlamento (questo Parlamento) di operare una sintesi tra le diverse proposte di legge sulle «realtà di vita comune presenti nell’attuale configurazione sociale». Un’ultima grottesca mediazione tra le anime del Piddì aveva cancellato, poco prima dell’appello dei consiglieri, anche la timidissima dizione: «diverse comunioni di vita presenti nella società». Sui diritti civili, comunque fossero andate a finire le cose ieri sera in Campidoglio, s’arenato il “modello Roma”, la stagione del dialogo tra politica e movimenti. Ieri, appunto, era il giorno in cui finalmente approdavano in Aula Giulio Cesare, piena più del solito di consiglieri, pubblico e cronisti, due importanti delibere sull’istituzione del registro delle unioni chili, una di iniziativa popolare, l’altra di impulso dei partiti della Sinistra. Un percorso a ostacoli, faticosissimo, iniziato cinque anni fa, bloccato da un pressing vaticano possente ed esplicito. Un pressing che ha relegato la politica a schermaglie tattiche, alla bagarre volgare di qualche mai-abbastanza post-fascista. Unico tentativo di non mettere per sempre la parola fine alla vicenda, in extremis un tentativo della Sinistra, i quattro gruppi coinvolti nel processo unitario: un ordine del giorno che riconoscendo le evoluzioni in atto nella società impegnava il sindaco a rappresentare al governo e al Parlamento l’urgenza di una legge che dia «piena dignità a tutte le forme di convivenza». Ma quell’ordine del giorno non è nemmeno finito in discussione. «Roma non è una città normale – spiega Smeriglio, deputato e segretario romano di Rifondazione, che farà la spola tra la piazza. dov’è in corso un presidio dei movimenti, e l’Aula. Il problema non è la Chiesa. Quella fa il suo mestiere. E lo fa bene visto che sta piovendo sui manifestanti. Il problema è la politica, la politica del Pd, del Pd di Roma. Noi chiediamo che si discuta un progetto di società non subordinato a dictat confessionali». Il paradosso è che il maxi-emendamento con cui la Giunta ha provato a modificare le delibere, e bocciato prim’ancora che arrivasse in aula, era scritto con un copia-incolla dal programma elettorale di Veltroni, reso carta straccia dai suoi uomini in Campidoglio. Il «deficit di autonomia, stavolta, si manifesta nei confronti del Vaticano, ieri e domani – continua Smeriglio – rispetto al rapporto coi costruttori».
Serve un riassunto delle puntate precedenti mentre il centro-destra prende ordini telefonici da Gianni Letta. In sostanza, il consigliere di Berlusconi dice di dare una lezione a Veltroni a chi, dall’opposizione, è tentato di barattare il sì al debole odg con emendamenti al bilancio in votazione la settimana prossima. Una pressione analoga sarebbe stata esercitata da Veltroni anche sui consiglieri della maggioranza portatori di interessi specifici. Dunque il riassunto delle puntate precedenti: «Cinque anni fa la prima delibera su questo tema delle sinistre – ricorda Adriana Spera, la capogruppo di Rifondazione in Campidoglio – a firmarla fu Silvio Di Francia». Di Francia era capogruppo verde. Oggi è assessore alla Cultura ma, da due anni, è transitato nei Piddì e ha mutato agenda. Quella prima proposta non superò il vaglio degli uffici tecnici. Poi venne Padova, dove il sindaco Zanonato – quello dei muri antimigranti – del Pd anche lui, ebbe il coraggio di varare un registro delle convivenze. Lo avrebbero seguito a ruota una settantina di città, tra cui Ancona, quasi tutte a guida “democrat». A Roma si corresse la delibera ma sarebbe sempre stata bloccata. E’ a questo punto, sei mesi, che scendono in campo i movimenti più sensibili alla laicità e alle tematiche Glbt che nella metà del tempo previsto raccolgono più del doppio (10mila e 263) delle firme necessarie alla delibera di iniziativa popolare. La Roma reale, appunto. 112 ottobre, la verifica con Veltroni. La Sinistra fa presente anche questa priorità, in mezzo a tanto cemento contenuto nelle delibere. Se ne occuperà la vicesindaca, Garavaglia e si staglia su un orizzonte non lontano un testo condiviso da tutta l’Unione eccetto l’Udeur. Venti giorni fa, alla vigilia dell’incontro Veltroni-Bertone (capo del governo della Santa Sede), arriva il veto vaticano: in ballo c’è l’appoggio della chiesa alle imminenti provinciali. Ieri Paola Binetti è stata avvistata in Campidoglio. Ecco perché gli unici due anelli deboli laici del centrodestra – uno è il forzista Quarzo – saranno assenti dal dibattito e dal voto. Spunta l’ordine del giorno con giudizi negativi sui registri, si dice che sarebbero una forzatura ideologica e inutile. Davvero? «Magari ai fini dell’eredità non serve, lì serve una legge nazionale, ma per le cose di competenza del comune, come l’assegnazione di un alloggio popolare serve, eccome», risponde Paolo Carrazza, consigliere del Prc, già assessore alle Periferie. D’altronde il Campidoglio e consapevole dei problema e già tratta allo stesso modo, nelle graduatorie per i nidi, i figli delle coppie sposate e quelli di chi convive. Storace, da governatore, dava i bonus solo ai figli di sposati. Il dibattito sarà scontato: il partito di Fini, uno che va al Family day mentre si sta separando da una divorziata perché aspetta un figlio dalla sua amante, si arrocca sul sacro valore della famiglia tradizionale. Alemanno, che è anche consigliere comunale, ha imparato a memoria per l’occasione, l’editoriale del settimanale diocesano di Roma che bocciava le Unioni civili. Le ingerenze vaticane, per uno come lui, sono il «sale del dibattito politico», sale sulle ferite alla laicità, sui diritti delle persone. L’incubo dell’Udc è che il registro spiani la via all’adozione perle coppie gay. A nulla valgono i richiami del socialista Ouadrana che ricorda i dati dell’Istat sulla violenza fisica e psicologica nelle famiglie tradizionali. E nemmeno il ricordo fresco che la chiesa di Roma è quella che ha negato funerali religiosi a Piergiorgio Welby. Se ne rammenta il capogruppo di Sd Roberto Giulioli che non sfigurerebbe come biografo di Veltroni: è lui a ricordare le parole del futuro capo del Piddì al Lingotto sul riconoscimento delle coppie di fatto. Modello Roma solo per i poteri forti, è questo il rischio. E un altro rischio lo segnala Vladimir Luxuria, che proprio sotto l’Aula Giulio Cesare fu arrestato per aver osato contestare la visita di Woityla: «Quello che succede qui è premonitore di quello che sarà in Parlamento». Luxuria, Elettra Deiana, Paolo Cento e Angelo Bonelli siedono tra il pubblico assieme a esponenti, dei movimenti.
Quando Pino Battaglia, capo-gruppo democrat, dirà che era necessario un «punto di sintesi» (tra il nulla e il quasi-nulla, direbbero i maligni), tutti traducono con le parole di un suo collega, Patané: «La posta in gioco era l’unità del Piddì». Uniti e soli. Indifferenti e arroganti.