RADICALI ROMA

Roma, monnezza alle porte.

Sono 160 ettari: una volta era un terreno, da quarant’anni è una discarica. Anzi, una delle discariche più esplosive d’Italia, la più estesa d’Europa. La maglia nera di questo Paese l’aveva definita l’Eurispes in un rapporto dello scorso anno, una maglia ogni giorno più sottile che copre i rifiuti della capitale e le impedisce di diventare la prossima Napoli. Ma quanto ancora riuscirà questa maglia nera a proteggere Roma e dintorni? Un incontro tra il sindaco Gianni Alemanno e il presidente della Regione Piero Marrazzo dovrebbe decidere le sorti della Capitale e delle sue strade. Ma se poco è stato fatto in passato, quando amministrazione e regione avevano lo stesso colore politico, è tutto in salita il cammino ora che il Campidoglio è in mano al Pdl.

«E però il tempo è scaduto, la discarica dovrà essere adeguata alla normativa europea entro il primo ottobre. In caso contrario resta solo la chiusura», afferma Sergio Apollonio, l’uomo che da anni guida il Comitato Malagrotta. La chiusura vuol dire per l’appunto che l’effetto-Napoli è alle porte. «Solo Malagrotta riesce ancora a evitare che le strade romane siano sommerse di spazzatura», conferma Fabrizio Santori di An, oggi consigliere del Pdl a Roma.

Chi ci vive, lo sa. Dai loro balconi vedono un panorama sempre diverso: colline di rifiuti che si modificano nel tempo, crescono, si spostano, assumono forme nuove. E non solo: da quei balconi, oltre le colline eternamente mutanti, si vedono anche un gassificatore, una raffineria, depositi di carburante, uno stabilimento di rifiuti ospedalieri. Da queste parti le costruzioni meno tossiche sono un bitumificio e un cementificio. E se cammini per le strade trovi dei cartelli che se non altro hanno il pregio dell’onestà perché ammettono che questa è zona «Seveso 2, a rischio rilevante».

A vivere in una zona «a rischio rilevante» non sono dieci persone ma quarantamila, un pezzo di periferia romana, affollato quanto una cittadina di provincia. Sono loro ad aver visto giorno per giorno la nascita di questo mostro che sembra non avere fine. Partorito a forza di proroghe.

Nel 2004 fu proprio Manlio Cerroni, potente padrone della discarica, ad ammettere che la capacità di accogliere rifiuti era giunta al termine. E, invece, poi ecco il miracolo. Cerroni annunciò «un significativo abbassamento del livello di rifiuti imputabile all’assestamento fisiologico degli stessi e alla perdita di massa dovuta alla produzione di biogas». E, quindi, proroga.

Malagrotta va avanti e non c’è limite alla fantasia. «Hanno scavato nella massa dei vecchi rifiuti – racconta Sergio Apollonio – Hanno addirittura spiantato 4 mila palme che il proprietario si era vantato di aver piantato su vecchi lotti. Le palme sono state ripiantate a 5 mila metri di distanza. Le ruspe hanno scavato nella massa dei rifiuti dei vecchi lotti ormai chiusi in modo da fare posto a un nuovo buco e metterci dentro 1 milione e 350 mila tonnellate di rifiuti».

L’ultima trovata è quella dei fanghi. «Ora non vengono scaricati più, li portano in Toscana», prosegue il portavoce del comitato.«Un altro escamotage per creare spazio», commenta Fabrizio Santori. Nel frattempo piovono denunce e condanne. Francesco Rando, l’amministratore delegato della società che gestisce la discarica, è stato già condannato due volte in via definitiva, una volta è stato assolto in appello. Ora ha il quarto processo in corso per smaltimento non autorizzato di percolato. La sentenza è a novembre.

Piccole vittorie in una battaglia costellata di sconfitte. Piccolissimi successi come la copertura dei rifiuti che, dopo anni, rende finalmente l’aria meno irrespirabile. O l’arrivo per la prima volta in questi mesi di un furgone per rilevare i dati per l’inquinamento. O, ancora, il via libera a un tavolo di consultazione permanente nel municipio XVI, quello della discarica, per verificare che ci sia l’adeguamento alle norme Ue.

Il primo ottobre, infatti, l’Europa pretenderà che Malagrotta si trasformi in un impianto inappuntabile. «Tre mesi per trasformare questo ammasso schifoso di rifiuti in un luogo dove tutto funziona secondo criteri scientifici in un clima quasi asettico. Non ce la faranno mai», spiega Sergio Apollonio.

Lo sanno tutti che non ce la farà mai, ed infatti la Regione Lazio sta lavorando a un piano straordinario per evitare la chiusura e la mutazione di Roma in una Napoli moltiplicata per dieci. Nel piano è previsto un investimento di un miliardo di euro per il potenziamento della raccolta differenziata e degli impianti di termovalorizzazione. A Roma l’assessore per l’Ambiente vorrebbe quattro termovalorizzatori: uno a Malagrotta e un secondo, sul quale c´è una verifica in corso, ad Albano. Poi ci sono quelli di Colleferro e di San Vittore. Ma dalla Regione è già arrivato uno stop: «Non servono», ha avvertito il vicepresidente della Giunta Esterino Montino. E i Verdi di certo non staranno a guardare.

Intanto sta per andare in funzione il gassificatore,  voluto dal centrosinistra come la grande alternativa a Malagrotta. Ma è già chiaro fin da ora che solo una parte dei rifiuti potrà essere bruciata. Il resto avrà bisogno della solita, buona, vecchia discarica.