RADICALI ROMA

Dal Corriere della Sera del 6 Novembre 2008

Corruzione. Quattro in cella, l’indagine partita dalla Soprintendenza umbra

Roma, tangenti per restauri di chiese e monumenti

Dal Palatino a San Michele a Ripa, la lista delle mazzette

Di Giuseppe Guastella

MILANO – Mazzette per chiudere un occhio su lavori non proprio regolari fanno fi­nire in carcere tre dipendenti della Soprintendenza di Peru­gia e uno dei soci della Olim­po srl, impresa romana specia­lizzata in restauri con appalti in mezza Italia. Ma l’inchiesta della procura di Terni apre uno squarcio inquietante e ri­schia di allargarsi a macchia d’olio dopo che nella cassafor­te dell’Olimpo la Gdf ha sco­perto un elenco di tangenti e di nomi di impiegati apparentemente legati a lavori tutelati dalla Soprintendenza di Roma in monumenti della capitale.

Il licenziamento di un di­pendente è stato il granello di sabbia che ha inceppato il meccanismo illegale, secondo l’accusa, messo su dalla Olim­po. L’uomo si sfoga e confida le tangenti a una conoscente, la voce arriva alla Guardia di Finanza che la riferisce al pro­curatore Fausto Cardella e al sostituto Barbara Mazzullo. In­terrogatori, intercettazioni, perquisizioni e confessioni fanno il resto e ieri il gip Mau­rizio Santoloci emette l’ordi­nanza di custodia cautelare che, oltre agli arresti, vieta al­la Olimpo di contrattare con la pubblica amministrazione in base alla legge 231/2001. I tre pubblici ufficiali, per i ma­gistrati, avrebbero ricevuto tra 18 e 27 mila euro per far finta di niente quando i lavori non erano conformi al capito­lato d’appalto o non erano ade­guati per quantità e qualità i materiali impiegati nei restau­ri della Porta Ternana di Nar­ni, del monastero delle Orsoli­ne e della chieda di San Fran­cesco di Calvi dell’Umbria e del museo delle armi di Terni. Un modo di operare ammesso da uno dei quattro soci indaga­ti della Olimpo che parla di «piccole regali per evitare in­convenienti o ritardi».

La svolta alle indagini arri­va il 23 luglio quando le Fiam­me gialle di Terni perquisisco­no la sede della Olimpo a Roma. In una cassaforte vengo­no trovati 250mila euro in con­tanti, suddivisi in mazzette già pronte e legate da fascette sulle quali compaiono i nomi dei tre impiegati.di Perugia. Non è l’unica sorpresa. I mili­tari trovano anche un elenco di nomi e sigle con a fianco ci­fre in euro (fino a circa 15 mi­la) connessi a lavori in impor­tanti edifici storici della capita­le. Molti dei nomi vengono identificati con quelli di impie­gati con ruoli esecutivi nella Soprintendenza ai beni archi­tettonici di Roma mentre i la­vori riguarderebbero le chiese di Sant’Ignazio di Loyola, di Santa Maria della Vittoria, di San Marcello, un cantiere al Palatino e il complesso monu­mentale San Michele (indivi­duabile in quello che sul lun­gotevere ospita una delle sedi del ministero dei beni cultura­li e dove l’Olimpo ha restaura­to dipinti murali del cortile principale). Il «pizzino» ripor­ta altre annotazioni che attira­no l’interesse degli investiga­tori. Si parla di pranzi, spese di rappresentanza, regalie va­rie, di un contributo elettorale dato a un candidato alle penul­time elezioni comunali di Ro­ma, di un opuscolo fatto stam­pare per una parrocchia e di pagamenti in contanti per ol­tre 20mila euro legati ai lavori di restauro al Pantheon e San Lorenzo in Miranda. Alcune indicazioni portano in altre regioni italiane. Presto i pm po­trebbero trasmettere alle pro­cure competenti l’elenco dei pubblici dipendenti sospettati di aver preso mazzette, ma che non risultano per ora inda­gati.

Beni culturali, ora aumentare i controlli

Di Paolo Conti

L’unica risposta che un’amministrazione seria (di uno Stato che si rispetti) dovrebbe opporre alle notizie che arrivano da Terni è la moltiplicazione dei controlli nei restauri. Nugoli di ispettori occhiuti e pignoli che si mettano ad analizzare la qualità dei pigmenti utilizzati per quella facciata, la provenienza artigianale delle tegole per quei tetti seicenteschi, il legno scelto per quegli altri infissi… I nostri Beni culturali sono in pericolo per i tagli: un miliardo di euro di spesa da oggi al 2011. In più incombe il possibile decentramento della tutela, che alcuni temono venga alla fine-affidata alle Regioni. In questo clima arrivano oscure notizie su restauri, appalti, giri di soldi. Se il ministero vuole veramente offrire un segnale di forza, che quadruplichi i controlli. Nel nome di chiese e monumenti che, potrebbero essere sfigurati per sempre per l’uso di materiali industriali, poco costosi ma inadatti. Per favore, muovetevi.

La Romeo gestioni aveva la concessione per la manutenzione di 800 km di viabilità

Strade, revocato il maxiappalto

Il Campidoglio: basta, non rispondete alle esigenze della città

Di Lilli Garrone

Maxiappalto, addio. Il Campidoglio non firmerà il contratto per la concessio­ne della manutenzione di 800 chilometri di strade per 9 anni e per un importo di 576 milioni di euro. «Do­po attente verifiche – ha detto il sindaco Gianni Ale­manno – abbiamo valuta­to che quest’appalto non ri­sponde alle esigenze della città. E lo abbiamo visto an­che in questi giorni di mal­tempo, con allagamenti per la cattiva manutenzione delle caditoie». Non sarà una revoca perché tra cau­se giudiziarie e scherma­glie varie il contratto con la Romeo gestioni non è stato firmato dalla precedente amministrazione. Per la ma­nutenzione futura quattro gare di appalto. Quindi la giunta capitoli­na ieri ha solo deciso di «non dare ulteriore corso al rapporto instaurato con le imprese», ma di «individuare comunque gli interventi necessari utili ed op­portuni per evitare gravi e ulte­riori disagi alla cittadinanza».

Un altro esempio di «discon­tinuità» con là giunta di Walter Veltroni. Ma per Gianni Ale­manno il maxiappalto è «sba­gliato»: «L’impianto – spiega il sindaco – prevede che il con­trollore sia anche il controllato. Noi – aggiunge – abbiamo fatto di tutto per farlo funzionare, ma il bilancio è negativo. Il ser­vizio non risponde alle nostre attese, siamo convinti di poter fare molto meglio con le stesse cifre, se non spendendo di me­no». Saranno gli uffici dell’assessore ai Lavori pubblici Fabri­zio Ghera a portare avanti la questione «attivando tutte le procedure necessarie». «Era una gestione incontrollabile – aggiunge Fabrizio Ghera -. Si pagavano 9 milioni ogni tre me­si per la manutenzione ordina­ria e per il servizio di pronto in­tervento “sos buche”, ma non sapevamo quali erano i lavori effettivamente svolti». I cantie­ri già aperti andranno avanti e «dovranno terminare nei tem­i previsti». Mentre per la ma­nutenzione delle strade ci sa­ranno quattro gare di appalto diverse. Potrebbero richiedere anche tempi lunghi, «ma noi intendiamo correre», precisa l’assessore all’Urbanistica Mar­co Corsini. E «l’amministrazio­ne – aggiunge ancora Ghera – controllerà che le manutenzio­ni si svolgano correttamente». La gara per la manutenzione di 800 chilometri di strade (13 milioni di metri quadri di stra­de e marciapiedi), e per nove anni (fino al 2014), è del 13 aprile 2006. L’importo: 576 mi­lioni di euro. Ma la «concessio­ne di servizi», questo il temine tecnico perché l’amministra­zione di Walter Veltroni non ha mai volut
o la parola «appalto», in quanto non erano previsto un progetto ma solo elaborati tecnici, ha conosciuto subito i tribunali. La prima a ricorrere al Tar nei confronti del Comune di Roma è stata l’impresa arrivata per terza, la Manital (co­stituita da una serie di aziende, otre la capofila il consorzio Ma­ximus e la Cofathec): a motivar­lo un «conflitto di interessi» perché un membro del consi­glio di amministrazione di «Ri­sorse per Roma», società incari­cata di predisporre la gara, ave­va fondato il «Consorzio strade sicure», guidando quindi una delle società che compongono l’Ati. E nell’aprile del 2007, il Tar le aveva dato ragione e con­cesso la sospensiva. Si è poi passati a ricorsi al Consiglio di Stato, che nel giugno del 2007 ha dato ragione al Comune: sentenza confermata nel meri­to nel novembre dello stesso anno. Ma il calvario giudiziario è proseguito con un nuovo ri­corso al Tar, sempre della Mani­tal, nel gennaio di quest’anno. Nessuna sospensiva, e così si e andati avanti. Ma stando a quel­lo che ha sempre affermato il difensore della terza arrivata, l’avvocato Gianluigi Pellegrino il giudice amministrativo tra primo e secondo grado ha solo accertato che: «Nessuna delle imprese aveva tutte le carte in regola per partecipare alla ga­ra E da sei mesi – aggiunge Pel­legrino – avevamo diffidato l’amministrazione a rendere nulla la gara».

L’indagine. Concessione in sanatoria

Corsini in procura

ascoltato sul Prg

Di Lavinia di Gianvito

Un nuovo capitolo nell’inchiesta sul piano regolatore. È il fac­cia a faccia avvenuto lunedì tra l’assessore all’Urbanistica, Mar­co Corsini; e i pm titolari dell’indagine, Delia Cardia e Sergio Colaiocco. Il successore di Roberto Morassut è stato convocato dai sostituti come persona informata sui fatti e ha risposto ad alcune domande sul contestato Prg, approvato a febbraio scor­so subito prima che Walter Veltroni si dimettesse da sindaco, dopo interminabili polemiche e sotto la spada di Damocle di 10 mila emendamenti dell’allora opposizione.

Né la procura né Corsini hanno voluto rivelare i dettagli del­l’incontro. E noto però che l’attenzione dei magistrati è concen­trata sugli accordi di programma, quelle intese fra Campido­glio e costruttori che consentono di cambiare cubature e desti­nazioni d’uso. Patti voluti e difesi dall’ex giunta e che invece, per i pm, potrebbero costituire una violazione delle norme ur­banistiche.

L’indagine sul Prg comincia dopo che Rai3, il 4 maggio scor­so, manda in onda la puntata di Re­port «I re di Roma». Morassut boc­cia la ricostruzione della conduttrice, Milena Gabanelli, e annuncia querele, ma la procura acquisisce la registrazione della trasmissione e apre l’inchiesta. Un mese dopo, all’inizio di giugno, la Guardia di finanza acquisisce in Campidoglio decine di documenti: le delibere sul vecchio e sul nuovo Prg, le va­rianti, gli accordi di programma e alcuni condoni che ai magistrati sembrano irregolari.

Fra questi ultimi, è oggetto di una consulenza della procura la concessione in sanatoria che ha permesso di realizzare il comples­so edilizio «Terrazze del presidente», in via di Acilia, a breve distanza dalla tenuta del Capo dello Stato a Castelporziano. Una vicenda che inizia negli anni ’90, prosegue con il Tar e il Consiglio di Stato che annullano il per­messo di costruire e si conclude con l’Uce che, nel 2003, dà il via libera al condono. Così i palazzi vengono costruiti, ma le opere pubbliche concordate con il Comune sono ancora ferme.

Ma al di là dell’inchiesta, il piano regolatore voluto da Veltro­ni è comunque destinato a cambiare. Il sindaco, Gianni Aleman­no, l’ha annunciato già alla fine di luglio: «Il Prg sarà sottopo­sto a variante, perchè l’urbanistica in questa città non sia al servizio di interessi privatistici ma di quelli dei cittadini». E lo scorso 12 ottobre è stato proprio Corsini a precisare ciò che pensa il Campidoglio: «Bisogna prendere atto del fatto che il piano regolatore non riesce a soddisfare appieno le esigenze di edilizia sociale della città. Quindi è giusto metterlo in discussio­ne». Una prima variante il consiglio comunale l’ha già approva­ta: è quella che ha reso di nuovo edificabili alcuni terreni a ri­dosso del parco di Decima Malafede per il «Consorzio Michelan­gelo», una delle cooperative coinvolte nel crac del «Coop Casa Lazio» i cui soci, vittime della truffa, erano rimasti senza soldi e senza casa.