Corruzione. Quattro in cella, l’indagine partita dalla Soprintendenza umbra
Roma, tangenti per restauri di chiese e monumenti
Dal Palatino a San Michele a Ripa, la lista delle mazzette
Di Giuseppe Guastella
MILANO – Mazzette per chiudere un occhio su lavori non proprio regolari fanno finire in carcere tre dipendenti della Soprintendenza di Perugia e uno dei soci della Olimpo srl, impresa romana specializzata in restauri con appalti in mezza Italia. Ma l’inchiesta della procura di Terni apre uno squarcio inquietante e rischia di allargarsi a macchia d’olio dopo che nella cassaforte dell’Olimpo la Gdf ha scoperto un elenco di tangenti e di nomi di impiegati apparentemente legati a lavori tutelati dalla Soprintendenza di Roma in monumenti della capitale.
Il licenziamento di un dipendente è stato il granello di sabbia che ha inceppato il meccanismo illegale, secondo l’accusa, messo su dalla Olimpo. L’uomo si sfoga e confida le tangenti a una conoscente, la voce arriva alla Guardia di Finanza che la riferisce al procuratore Fausto Cardella e al sostituto Barbara Mazzullo. Interrogatori, intercettazioni, perquisizioni e confessioni fanno il resto e ieri il gip Maurizio Santoloci emette l’ordinanza di custodia cautelare che, oltre agli arresti, vieta alla Olimpo di contrattare con la pubblica amministrazione in base alla legge 231/2001. I tre pubblici ufficiali, per i magistrati, avrebbero ricevuto tra 18 e 27 mila euro per far finta di niente quando i lavori non erano conformi al capitolato d’appalto o non erano adeguati per quantità e qualità i materiali impiegati nei restauri della Porta Ternana di Narni, del monastero delle Orsoline e della chieda di San Francesco di Calvi dell’Umbria e del museo delle armi di Terni. Un modo di operare ammesso da uno dei quattro soci indagati della Olimpo che parla di «piccole regali per evitare inconvenienti o ritardi».
La svolta alle indagini arriva il 23 luglio quando le Fiamme gialle di Terni perquisiscono la sede della Olimpo a Roma. In una cassaforte vengono trovati 250mila euro in contanti, suddivisi in mazzette già pronte e legate da fascette sulle quali compaiono i nomi dei tre impiegati.di Perugia. Non è l’unica sorpresa. I militari trovano anche un elenco di nomi e sigle con a fianco cifre in euro (fino a circa 15 mila) connessi a lavori in importanti edifici storici della capitale. Molti dei nomi vengono identificati con quelli di impiegati con ruoli esecutivi nella Soprintendenza ai beni architettonici di Roma mentre i lavori riguarderebbero le chiese di Sant’Ignazio di Loyola, di Santa Maria della Vittoria, di San Marcello, un cantiere al Palatino e il complesso monumentale San Michele (individuabile in quello che sul lungotevere ospita una delle sedi del ministero dei beni culturali e dove l’Olimpo ha restaurato dipinti murali del cortile principale). Il «pizzino» riporta altre annotazioni che attirano l’interesse degli investigatori. Si parla di pranzi, spese di rappresentanza, regalie varie, di un contributo elettorale dato a un candidato alle penultime elezioni comunali di Roma, di un opuscolo fatto stampare per una parrocchia e di pagamenti in contanti per oltre 20mila euro legati ai lavori di restauro al Pantheon e San Lorenzo in Miranda. Alcune indicazioni portano in altre regioni italiane. Presto i pm potrebbero trasmettere alle procure competenti l’elenco dei pubblici dipendenti sospettati di aver preso mazzette, ma che non risultano per ora indagati.
Beni culturali, ora aumentare i controlli
Di Paolo Conti
L’unica risposta che un’amministrazione seria (di uno Stato che si rispetti) dovrebbe opporre alle notizie che arrivano da Terni è la moltiplicazione dei controlli nei restauri. Nugoli di ispettori occhiuti e pignoli che si mettano ad analizzare la qualità dei pigmenti utilizzati per quella facciata, la provenienza artigianale delle tegole per quei tetti seicenteschi, il legno scelto per quegli altri infissi… I nostri Beni culturali sono in pericolo per i tagli: un miliardo di euro di spesa da oggi al 2011. In più incombe il possibile decentramento della tutela, che alcuni temono venga alla fine-affidata alle Regioni. In questo clima arrivano oscure notizie su restauri, appalti, giri di soldi. Se il ministero vuole veramente offrire un segnale di forza, che quadruplichi i controlli. Nel nome di chiese e monumenti che, potrebbero essere sfigurati per sempre per l’uso di materiali industriali, poco costosi ma inadatti. Per favore, muovetevi.
La Romeo gestioni aveva la concessione per la manutenzione di 800 km di viabilità
Strade, revocato il maxiappalto
Il Campidoglio: basta, non rispondete alle esigenze della città
Di Lilli Garrone
Maxiappalto, addio. Il Campidoglio non firmerà il contratto per la concessione della manutenzione di 800 chilometri di strade per 9 anni e per un importo di 576 milioni di euro. «Dopo attente verifiche – ha detto il sindaco Gianni Alemanno – abbiamo valutato che quest’appalto non risponde alle esigenze della città. E lo abbiamo visto anche in questi giorni di maltempo, con allagamenti per la cattiva manutenzione delle caditoie». Non sarà una revoca perché tra cause giudiziarie e schermaglie varie il contratto con la Romeo gestioni non è stato firmato dalla precedente amministrazione. Per la manutenzione futura quattro gare di appalto. Quindi la giunta capitolina ieri ha solo deciso di «non dare ulteriore corso al rapporto instaurato con le imprese», ma di «individuare comunque gli interventi necessari utili ed opportuni per evitare gravi e ulteriori disagi alla cittadinanza».
Un altro esempio di «discontinuità» con là giunta di Walter Veltroni. Ma per Gianni Alemanno il maxiappalto è «sbagliato»: «L’impianto – spiega il sindaco – prevede che il controllore sia anche il controllato. Noi – aggiunge – abbiamo fatto di tutto per farlo funzionare, ma il bilancio è negativo. Il servizio non risponde alle nostre attese, siamo convinti di poter fare molto meglio con le stesse cifre, se non spendendo di meno». Saranno gli uffici dell’assessore ai Lavori pubblici Fabrizio Ghera a portare avanti la questione «attivando tutte le procedure necessarie». «Era una gestione incontrollabile – aggiunge Fabrizio Ghera -. Si pagavano 9 milioni ogni tre mesi per la manutenzione ordinaria e per il servizio di pronto intervento “sos buche”, ma non sapevamo quali erano i lavori effettivamente svolti». I cantieri già aperti andranno avanti e «dovranno terminare nei temi previsti». Mentre per la manutenzione delle strade ci saranno quattro gare di appalto diverse. Potrebbero richiedere anche tempi lunghi, «ma noi intendiamo correre», precisa l’assessore all’Urbanistica Marco Corsini. E «l’amministrazione – aggiunge ancora Ghera – controllerà che le manutenzioni si svolgano correttamente». La gara per la manutenzione di 800 chilometri di strade (13 milioni di metri quadri di strade e marciapiedi), e per nove anni (fino al 2014), è del 13 aprile 2006. L’importo: 576 milioni di euro. Ma la «concessione di servizi», questo il temine tecnico perché l’amministrazione di Walter Veltroni non ha mai volut
o la parola «appalto», in quanto non erano previsto un progetto ma solo elaborati tecnici, ha conosciuto subito i tribunali. La prima a ricorrere al Tar nei confronti del Comune di Roma è stata l’impresa arrivata per terza, la Manital (costituita da una serie di aziende, otre la capofila il consorzio Maximus e la Cofathec): a motivarlo un «conflitto di interessi» perché un membro del consiglio di amministrazione di «Risorse per Roma», società incaricata di predisporre la gara, aveva fondato il «Consorzio strade sicure», guidando quindi una delle società che compongono l’Ati. E nell’aprile del 2007, il Tar le aveva dato ragione e concesso la sospensiva. Si è poi passati a ricorsi al Consiglio di Stato, che nel giugno del 2007 ha dato ragione al Comune: sentenza confermata nel merito nel novembre dello stesso anno. Ma il calvario giudiziario è proseguito con un nuovo ricorso al Tar, sempre della Manital, nel gennaio di quest’anno. Nessuna sospensiva, e così si e andati avanti. Ma stando a quello che ha sempre affermato il difensore della terza arrivata, l’avvocato Gianluigi Pellegrino il giudice amministrativo tra primo e secondo grado ha solo accertato che: «Nessuna delle imprese aveva tutte le carte in regola per partecipare alla gara E da sei mesi – aggiunge Pellegrino – avevamo diffidato l’amministrazione a rendere nulla la gara».
L’indagine. Concessione in sanatoria
Corsini in procura
ascoltato sul Prg
Di Lavinia di Gianvito
Un nuovo capitolo nell’inchiesta sul piano regolatore. È il faccia a faccia avvenuto lunedì tra l’assessore all’Urbanistica, Marco Corsini; e i pm titolari dell’indagine, Delia Cardia e Sergio Colaiocco. Il successore di Roberto Morassut è stato convocato dai sostituti come persona informata sui fatti e ha risposto ad alcune domande sul contestato Prg, approvato a febbraio scorso subito prima che Walter Veltroni si dimettesse da sindaco, dopo interminabili polemiche e sotto la spada di Damocle di 10 mila emendamenti dell’allora opposizione.
Né la procura né Corsini hanno voluto rivelare i dettagli dell’incontro. E noto però che l’attenzione dei magistrati è concentrata sugli accordi di programma, quelle intese fra Campidoglio e costruttori che consentono di cambiare cubature e destinazioni d’uso. Patti voluti e difesi dall’ex giunta e che invece, per i pm, potrebbero costituire una violazione delle norme urbanistiche.
L’indagine sul Prg comincia dopo che Rai3, il 4 maggio scorso, manda in onda la puntata di Report «I re di Roma». Morassut boccia la ricostruzione della conduttrice, Milena Gabanelli, e annuncia querele, ma la procura acquisisce la registrazione della trasmissione e apre l’inchiesta. Un mese dopo, all’inizio di giugno, la Guardia di finanza acquisisce in Campidoglio decine di documenti: le delibere sul vecchio e sul nuovo Prg, le varianti, gli accordi di programma e alcuni condoni che ai magistrati sembrano irregolari.
Fra questi ultimi, è oggetto di una consulenza della procura la concessione in sanatoria che ha permesso di realizzare il complesso edilizio «Terrazze del presidente», in via di Acilia, a breve distanza dalla tenuta del Capo dello Stato a Castelporziano. Una vicenda che inizia negli anni ’90, prosegue con il Tar e il Consiglio di Stato che annullano il permesso di costruire e si conclude con l’Uce che, nel 2003, dà il via libera al condono. Così i palazzi vengono costruiti, ma le opere pubbliche concordate con il Comune sono ancora ferme.
Ma al di là dell’inchiesta, il piano regolatore voluto da Veltroni è comunque destinato a cambiare. Il sindaco, Gianni Alemanno, l’ha annunciato già alla fine di luglio: «Il Prg sarà sottoposto a variante, perchè l’urbanistica in questa città non sia al servizio di interessi privatistici ma di quelli dei cittadini». E lo scorso 12 ottobre è stato proprio Corsini a precisare ciò che pensa il Campidoglio: «Bisogna prendere atto del fatto che il piano regolatore non riesce a soddisfare appieno le esigenze di edilizia sociale della città. Quindi è giusto metterlo in discussione». Una prima variante il consiglio comunale l’ha già approvata: è quella che ha reso di nuovo edificabili alcuni terreni a ridosso del parco di Decima Malafede per il «Consorzio Michelangelo», una delle cooperative coinvolte nel crac del «Coop Casa Lazio» i cui soci, vittime della truffa, erano rimasti senza soldi e senza casa.