Le vicende di questi giorni inerenti alla svendita degli immobili di
proprietà della Regione Lazio e del Comune di Roma mi portano a
sottolineare quattro cose:
– Il metodo della svendita è comune a tutti e due gli schieramenti politici
– Dal 2001 i Radicali denunciano la mancanza di trasparenza nel processo
di vendita del patrimonio immobiliare romano. L’allora consigliera
comunale di Roma, Rita Bernardini, oggi Parlamentare Radicale eletta nelle
liste del Pd, chiese al Sindaco che l’intero patrimonio fosse sul web, a
disposizione dei romani; e propose di mettere all’asta tutti i beni.
Sappiamo tutti come andò, nel silenzio di maggioranza ed opposizione.
– Visto che la spesa corrente degli enti locali cresce anno dopo anno, le
giunte si privano degli immobili di proprietà per finanziare parte degli
investimenti che altrimenti non troverebbero la necessaria copertura. Per
fare questo si affidano a società molto discutibili e dal profilo poco
trasparente.
– Queste operazioni, come molte altre, avvengono grazie alla decisone di
pochi amministratori senza passare al vaglio delle assemblee elettive. Da
anni il singolo consigliere ha perso la sua funzione di promotore e di
controllore della cosa pubblica.
Mentre gli amici degli amici si appropriano di immobili di assoluto pregio
a prezzi stracciati, semplici cittadini per acquistare casa devono
indebitarsi per il resto della vita. Per non rischiare la semplice
demagogia che farebbe solo il gioco di una “banda” rispetto all’altra, va
promossa ed attuata la riforma dell’Anagrafe pubblica degli eletti che,
tra le altre cose, prevede la messa on-line del patrimonio immobiliare di
ciascun ente locale.