RADICALI ROMA

Sergio Leone di Pierpaolo Segneri

 

SERGIO LEONE

“Al cuore, Ramon! Al cuore!”, grida Klint Eastwood a Gianmaria Volontè nel finale del film Per un pugno di dollari. Ed è una frase che riecheggia più volte nel cuore dello spettatore sintetizzando bene lo stile cinematografico di Bob Robertson, cioè il figlio di Roberto Roberti: pseudonimo usato dal padre di Sergio, Vincenzo Leone, anch’egli regista negli anni del muto. E Bob Robertson, infatti, è il misterioso nome con cui il grande regista italiano e trasteverino firma la regia della pellicola.

Un nome americano per un genere cinematografico tipicamente statunitense. Una scelta della produzione per attirare il pubblico nostrano del 1964. Forse un’idea che DagoSpia definirebbe Cafonal, ma che porterà molta fortuna a Sergio Leone. Tanto che, contemporaneamente all’enorme successo riportato al botteghino dalla trilogia del dollaro, gli americani cominceranno a girare film western firmando i titoli di testa con nomi italiani. Una piccola soddisfazione che, però, ci indica quanto il nuovo genere cinematografico italiano sapesse convogliare l’interesse del pubblico e della critica d’oltreoceano.

Il western all’italiana, come è stato ribattezzato, si impone così: sparando emozioni al cuore. E tutto il cinema di Leone ha la forza, il coraggio e la capacità di andare dritto al cuore, di mirare al cuore, cioè di regalare emozioni. Lì dove la violenza espressa nel grande schermo diventa catartica e si trasforma in nonviolenza, in rispetto per le persone e per gli uomini. Basti pensare a C’era una volta in America, un capolavoro.

Il cinema di Sergio Leone è una miscela assolutamente originale di neorealismo e di letteratura prustiana, di cultura orientale e di stile occidentale, di teatro dell’arte e di cinema hollywoodiano. Insomma, un amalgama che riesce ad unire in modo coinvolgente (e nella stessa pietanza!) la memoria e la modernità. Perché mescola la maestria e l’innovazione dello stile con la classicità dei temi, delle storie e dei contenuti. Una ricetta anti-accademica che ha fatto scuola. Un’idea di cinema composta da ingredienti che affondano nei “classici” della letteratura, dell’arte, del teatro, della cultura e dello spettacolo: il mito greco e romano, l’epica e le commedie di Goldoni, il neorealismo di De Sica e l’insegnamento dei grandi vecchi della celluloide. E’ grazie a Charlie Chaplin, Kurosawa e John Ford, infatti, che abbiamo avuto Il buono, il brutto e il cattivo. Ed è grazie ai film di Leone che abbiamo imparato a guardare avanti anche quando il Potere economicista e affarista vuole obbligarci a tenere Giù la testa.

Pier Paolo Segneri