RADICALI ROMA

Ma quanto ci costano i software di Sacconi?

Chissà se fra i tre (ex) dicasteri che coordina (Lavoro, Salute e Politiche Sociali), il ministro Sacconi è riuscito a trovare il tempo per dare un’occhiata al bando  per “l’affidamento dei servizi di consulenza direzionale per l’evoluzione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) e per lo sviluppo di metodologie a supporto del Sistema nazionale di verifica e controllo dell’assistenza sanitaria (SiVeAS)”. Un avviso non proprio da quattro soldi. Tutt’altro: in palio c’è una somma astronomica; la cifra massima dell’asta è infatti 17,5 milioni di euro in tre anni.

 

Come si legge sul sito Internet ufficiale, “il Nuovo Sistema Informativo Sanitario, nato a valle dell’Accordo Quadro tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano del 22 febbraio 2001, rappresenta la base dati condivisa finalizzata allo sviluppo di misure necessarie al bilanciamento costi-qualità”.

Il SiVeAS  si è invece insediato  ufficialmente a febbraio del 2007 e ha un’autorizzazione di spesa di otto milioni di euro (anche se al momento non ha prodotto granché).

 

I due progetti informatici oggetto del bando, quindi, non sono da costruire da zero. E neanche da rifondare. A dirlo è lo stesso avviso del ministero visto che si parla solamente di “evoluzione”. Ciononostante sul piatto ci sono 17 milioni e mezzo di euro. Ma non è tanto la cifra – che secondo molti addetti ai lavori interpellati da L’espresso è davvero eccessiva – a destare le maggiori perplessità, quanto i calcoli che il personale del ministero ha fatto per arrivare a questi numeri.

 

Andando a pagina 100 del capitolato tecnico, si può infatti notare che i giorni/persona richiesti per i due progetti sono in tutto 16.432. Facendo due conti e considerando che, in media, una persona lavora 200 giorni all’anno, le persone a tempo pieno necessarie, secondo i calcoli del ministero, sono una trentina. Che quindi avrebbero uno stipendio di oltre 16mila euro al mese per tre anni. Non male se si aggiunge che nel bando si dice esplicitamente che un terzo del lavoro potrebbe essere svolto da personale “junior”, termine aziendale che indica l’ultima ruota del carro. Che – nella migliore delle ipotesi – guadagna al massimo 2.000 euro al mese.

 

Ma lo spreco non si ferma qui. Il bando – che taglia fuori la maggior parte delle piccole e medie imprese del settore visto che accetta solamente aziende con un fatturato minimo di 35milioni di euro nel triennio 2005-2007 e, nello stesso periodo, con un giro d’affari di 12milioni nei “servizi di consulenza strategica, organizzativa e gestionale nell’ambito del servizio sanitario nazionale” – non richiede infatti solo una consulenza informatica. Ma una vera e propria attività di ricerca medico-scientifica.

Fra i servizi da offrire (riassunti in una tabella a pagina 70 del capitolato tecnico) ci sono:

1) Supporto strategico per l’evoluzione del NSIS,

2) Supporto alle analisi di qualità e completezza del patrimonio informativo NSIS,

3) Redazione degli studi di fattibilità NSIS,

4) Supporto nel governo del programma di attuazione del NSIS, 5) Sviluppo di metodologie per l’analisi dei fenomeni sanitari e 6) Monitoraggio dei Piani di rientro.

 

E’ dunque del tutto evidente che la consulenza sconfini in attività di pura ricerca, come quelle del punto 5, per le quali il dibattito nelle scienze cliniche, epidemiologiche, economiche è in corso e tutt’altro che concluso. Anche altre attività, pur potendosi configurare come consulenza, di fatto riguardano in larga misura l’analisi statistica (punto 2), e quella economico-giuridica (punto 6); viene poi naturale pensare che anche sul punto 3 l’expertise di statistici e ingegneri sia del tutto auspicabile.

 

C’è chiedersi, poi, se la strada di affidare tutto all’esterno possa coniugare efficienza e risultati: non sarebbe meglio pensare che il ministero sviluppi al suo interno tali professionalità (il fatto che vadano a gara deve far pensare che non siano attualmente disponibili)? E anche se l’outsourcing fosse del tutto necessario e opportuno, è possibile che non esistano nell’ambito della Pa (e in particolare negli Enti tecnici del settore sanitario) professionalità adeguate che possono essere messe a disposizione del ministero? Istanze che se accolte porterebbero a risparmiare parecchi soldi allo Stato. Soprattutto considerando che sulla busta paga di un ricercatore pubblico – con 25 anni di anzianità – risultano al massimo circa 150 euro al giorno. E non 533, come quelli previsti dal bando ministeriale.