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Al Valle “Le Invisibili” storie di femminilità violate: un teatro civile per dare voce a chi non ce l’ha.

Al Valle “Le Invisibili” storie di femminilità violate: un teatro civile per dare voce a chi non ce l’ha. 

 

di Lucio De Angelis

 

Un racconto corale  che evoca sulla scena del teatro Valle fino al 26 aprile le storie vere di ragazze indiane, pachistane e nepalesi, il cui volto è stato devastato da un acido corrosivo gettato loro addosso da fidanzati respinti o mariti scontenti, secondo una pratica aberrante ancora in uso in molti Paesi.  

 

L’associazione Smileagain insieme con l’Amministrazione Provinciale di L’Aquila ha incontrato una di queste donne, Fakhra Younas, che ha avuto il coraggio di denunciare gli abusi subiti e raccontare pubblicamente la sua storia. Ne è nato un progetto epico, emozionante, di inusitata bellezza e candore umano, condiviso nella scrittura teatrale dalla geniale Emanuela Giordano (anche regista) e Lidia Ravera.

 

La grande Maddalena Crippa  si assume la responsabilità del ruolo della testimone occidentale che riflette e si pone domande. Claudia Gusmano, Sabrina Knaflitz, Carolina Levi, Serena Mattace Raso, Antonia Renzella, Laura Rovetti, Federica Stefanelli danno voce corpo, freschezza e dignità ad un mondo apparentemente lontano, ma che invece si rivela a noi sorprendentemente vicino.

 

Questi personaggi dell storie:

Saira che ha quattordici anni e viene punita per la pochezza della sua dote.                                             Nasreen e Nassera che hanno la stessa età, ma non si vogliono sposare.

Tasneem che è andata a trovare la madre senza il permesso del marito.

Mumtaz che si è rifiutata di vendere la figlia.

Shanaz che non ha abbassato gli occhi quando avrebbe dovuto.

Sabra che voleva continuare a studiare.

 

Di altre non si sa, è successo, molti di questi casi non finiscono neanche in tribunale o sui giornali. All’improvviso qualcuno della loro nuova famiglia, qualcuno che conoscevano bene, qualcuno che le avrebbe dovute accogliere e proteggere, ha lanciato un acido corrosivo sul loro volto. L’acido ha bruciato gli occhi, il naso, la bocca. Non esiste più un viso, non esistono i colori e i suoni, non esiste ragione di vita. Molte sono morte.

 

Questi sono i fatti. Accadono milioni di ingiustizie nel mondo, ogni giorno siamo sopraffatti, ancora oggi, da atrocità perpetuate da secoli con bestiale ripetitiva ossessione. Ci sono decine di guerre in corso che coinvolgono le popolazione civili. Etnie di una stessa terra si massacrano a vicenda. In nome di religioni e di ideologie si compiono stragi. Dietro ogni strage c’è un mercato delle armi.

 

Con tutto quello di cui ci sarebbe da parlare, con tutti i temi che potremmo approfondire, con tutti gli scandali che dovrebbero essere denunciati perché perdere tempo con le storie di qualche migliaio di ragazze a cui la mano di un fidanzato, di un marito o di un altro parente ha tolto bellezza e salute, l’unica cosa di cui potevano disporre?

 

Sono storie lontane, accadute in paesi dai nomi difficili. Storie che non appartengono ad un clan, ad una casta, ad una lobby, ad una razza, ad una religione, ad un partito, ad una etnia. Non muovono voti, interessi, mercati.

 

Sono storie invisibili di ragazze invisibili. È questa, quindi, già una buona ragione per parlarne. Dare voce a chi non ce l’ha. Ma c’è dell’altro. Questi racconti sono l’espressione di un male antico, il male che è all’origine di ogni altro male: la sopraffazione del più debole, di chi non ha potere e denaro, di chi non ha gli strumenti per ribellarsi. Donne, donne bambine, trattate come cani, peggio dei cani, oggetti di scambio, oggetti di violenza sessuale, oggetti in balia di una bestialità primordiale riconoscibile in tante società, in tante culture, anche nella nostra, non più tardi di ieri e forse non ancora estinta.

 

All’origine c’è il desiderio di dimostrare di avere potere, punire vuol dire disporre del destino di un altro. Punire per punire, per dimostrare a se stessi e alla propria famiglia di contare qualcosa per il semplice fatto che c’è qualcuno che conta meno di te. L’insensatezza del male, della gratuità del male di queste storie ci ha devastato, ci ha costretto a porci delle domande.

 

Non è stato facile parlarne, trovare una chiave di comunicazione teatrale. È prevalso, all’inizio, il pudore, il timore di dar vita, anche se in buona fede, ad una operazione “furba”, un teatro del “dolore”.

 

Con inclemente sincerità, prima di tutto nei confronti di noi stesse, si é raccontato l’approccio a questo tema dal punto di vista di donne occidentali, privilegiate, orgogliose della nostra femminilità, ma anche consapevoli delle difficoltà e delle discriminazioni che ancora comporta essere donna.

 

Le storie scelte sono tutte tratte da testimonianze vere. Si é immaginato un racconto corale, epico, di bellezza, di candore, di divertimento, imbrigliato nelle illusioni e anche nelle sciocchezze universalmente adolescenziali per approdare poi all’esperienza terribile di matrimoni combinati, dove la parola dignità e rispetto non è neanche  contemplata. Un racconto di donne bambine che presto perderanno il piacere del gioco e del sogno.

 

Cosa si può fare per loro? Moltissimo. Il problema è sempre lo stesso: volerlo veramente.

 

Teatro: Valle

Città: Roma

Titolo: LE INVISIBILI  storie di femminilità violate

Drammaturgia di Emanuela Giordano e Lidia Ravera

liberamente ispirato a   “Sorridimi ancora” – Giulio Perrone Editore

Regia: Emanuela Giordano

con Maddalena Crippa

e con Claudia Gusmano, Sabrina Knaflitz, Carolina Levi, Serena Mattace Raso

Antonia Renzella, Laura Rovetti, Federica Stefanelli

Scene: Andrea Nelson Cecchini

Musiche:  Tommaso Di Giulio

Luci: Michelangelo Vitullo

Foto di scena: Federico Riva

Periodo: fino al 26 aprile

Produzione: Teatro Stabile d’Abruzzo & Società per Attori in collaborazione con Smileagain