RADICALI ROMA

Addio al rinnovamento, ci vuole un Koizumi

Stavolta, questa rubrica non fa ridere. O almeno, non vorrebbe… E l’obiettivo, oggi, è quello di una riflessione sul momento politico in cui ci troviamo, dopo la formazione del Governo.

 

 

 

 Lo so, siamo in campagna elettorale permanente (con la lieve differenza che, Berlusconi, la propaganda la fa e la sa fare; l’Unione no); e so bene che una campagna non si presta a ragionamenti sereni. Eppure, sarebbe l’ora di uscire dalla tenaglia “rissa-inciucio”. Con il bell’articolo pubblicato l’altroieri da Francesco Verderami, sul Corsera, che ne è la rappresentazione più chiara: da una parte D’Alema, che strilla contro la ”!destra pericolosa”, ma intanto ne cerca l’appoggio; e dall ‘altra Berlusconi, che mobilita le piazze “contro il regime comunista, ma nel frattempo fa di tutto per dare una mano all’amico dei tempi della Bicamerale.

 

 

 

 Non è di questo che abbiamo bisogno, ma della presa d’atto, tra le persone ragionevoli che stanno a destra e quelle altrettanto ragionevoli che stanno a sinistra, di un ‘«emergenza modernizzazione» per il paese. In Italia, l’orologio delle riforme è malinconicamente fermo al ’93, con i referendum elettorali poi traditi dalMattarellum. Da quel momento in poi, c’è stato solo un rosario di occasioni mancate: il primo Governo Berlusconi;

 

il referendum del 95, pensato da Pannella per imporre un travolgente maggioritario anche alle amministrative, ma viene sabotato da destra e da sinistra; l’esperienza governativa di D’Alema, che ha l’occasione di fare il Blair e – invece – si inchina al conservatorismo di Cofferati; poi l’affossamento (anche quello, bipartisan) dei nostri referendum economico-sociali nel 2000; e infine, il quinquennio sciupato da Berlusconi (con una maggioranza quasi irripetibile: più 100 deputati e più 50 senatori!). E c’è da soffrire a ripensare a tutte queste opportunità che sono state consumate, a danno del paese.

 

 

 

 

 

E, ora, è sparita dai radar la nozione stessa di “riforma”. Pensate a un caso come quello di cui è stato protagonista, mesi fa, un leader come Koizumi, in Giappone. Koizumi aveva cercato di liberalizzare e privatizzare quell’autentico mastodonte finanziario che era il servizio postale giapponese. Morale: quando si è reso conto che non solo l’opposizione, ma anche i dinosauri della maggioranza lo ostacolavano, ha convocato immediate elezioni politiche, non ha ricandidato i vecchi tromboni conservatori, ha sfidato tutti davanti al paese in una gara in cui avrebbe chiaramente vinto o chiaramente perso. Il popolo lo ha premiato alla grande, ma starei per dire che Koizumi ha trionfato prim’ancora che si contassero i voti nelle urne: e ha trionfato per il solo fatto che la sua accelerazione ha costretto tutti a cambiare registro, e la discussione (già in campagna elettorale) non è stata più sul “se” ma solo sul “come” fare una riforma a cui nessuno si è più potuto sottrarre. Vedete un Koizumi in giro nel Transatlantico di Montecitorio?

 

 

 

 In questo momento, l’Italia avrebbe assoluto bisogno di altri momenti di confronto e decisione sul piano sociale, e non solo nel perimetro del Palazzo: ma la carta referendaria non è, oggi, giocabile: né è dato capire quanto e come le nuove Camere saranno capaci di vere accelerazioni riformatrici. La Rosa nel pugno ci proverà, sia sul terreno della laicità che su quello – decisivo – dell’innovazione economica e sociale, sapendo che sarà una corsa controcorrente. 

 

 

 

Souno convinto che Emma Bonino potrà fornire una prova straordinaria  in un incarico che intreccia proiezione internazionale. costruzione di diritto e di un nuovo tessuto istituzionale europeo, con la valorizzazione delle opportunità  di mercato, vitali in primo luogo per le nostre  imprese. Certo non sfugge il riflesso conservatore, che sembra così prepotente e così debole, da parte dell’Ulivo, spaventato dalla  presenza di una forza laica e liberale come la  Rosa nel pugno. E il paradosso è che questo  nuovo soggetto politico è vissuto alla stregua di un’insidia, anziché di un’opportunità. Più che mai, per noi come per i liberali e i rinnovatori di ogni schieramento, questo è il momento di non mollare: anzi, quanto più  altri cercano di attivare dinamiche di esclusione, occorre reagire stando al centro di questo passaggio politico pronti a cogliere  ogni occasione per riaccendere la scintilla del cambiamento. Per ricreare opportunità, anche in questa legislatura, e per tentare di impedire ai soliti noti di vanificarle.

 

 

 

PS. A proposito di “rinnovamento” noto che nel Governo non c’è un solo ministro che  abbia meno di 40 anni. Vorrà dire qualcosa?