RADICALI ROMA

Affitti, il girone dantesco di chi studia fuori sede

“Per un posto letto chiedono dai 250 ai 380 euro. Senza contare le spese di acqua, luce, gas, telefono se c’è, condominio e rifiuti. Il ‘lusso’ di una stanza tutta per sé, invece, può anche arrivare a costare 550-600 euro”. Federica ha 24 anni e studia Lingue alla Sapienza. Vive a Roma da quattro, ma ha cambiato casa solo una volta. “C’è voluta una grande pazienza, perché pagavo un botto: 360 euro per un misero letto a Piazza Bologna. Per giunta in una stanza che era davvero un buco. Ma cambiare non è facile, lì c’era la Metro…una grande comodità. E non sempre hai il tempo di cercare altro. Poi le buone occasioni non stanno mica dietro l’angolo”.

Tutto sommato Federica è quasi una stanziale. Ci sono studenti che cambiano casa ogni anno, ogni sei mesi o addirittura due volte in tre mesi. Un turbillon di disperazione degno dei lussuriosi di dantesca memoria, sbattuti eternamente per aria a destra e a sinistra. Roma è come un enorme girone infernale in cui si agitano i “dannati” fuori sede, un esercito di 82mila persone (nel 2005) che vive di piccole tragedie quotidiane. “Alcuni proprietari arrivano a chiedere fino a quattro mesi di caparra”, dice Donato, 23 anni, frequentante Archeologia al primo ateneo romano. Se non è estorsione questa, poco ci manca.

Garanzie? Nessuna. Secondo la stima del Sicet (uno dei sindacati degli inquilini, ndr) circa il 70% di questi ragazzi abita in nero, non avendo mai sottoscritto uno specifico contratto di locazione di natura transitoria per studenti. Altre stime parlano addirittura del 90% di sommerso. Qualche volta il conduttore ottiene una scrittura di tipo privato. Oppure la possibilità di intascare delle ricevute in cambio dei pagamenti: attestazioni che però non hanno validità legale. Ma il cerchio dantesco diventa una giungla quando i ragazzi, dati gli altissimi canoni, arrotondano affidandosi al subaffitto: prendono cioè in locazione un’appartamento intero e cedono a loro volta in affitto le stanze che non utilizzano. Per chi arriva, quindi, si tratta naturalmente di pagare prezzi ancora più esosi rispetto alla cifra imposta dal rapporto diretto con il padrone di casa. “A volte capita di sborsare tanto e di trovarsi in un appartamento con 5, 6 o 7 persone, un inferno…”, spiega ancora Donato.

Ok, ma allora? Che fare per mettere un freno al fenomeno del nero-affitti e dei sub-affitti a catena? La Finanziaria in discussione prevede una detrazione del 19% per le spese sostenute dagli studenti fuori sede. Una misura che dovrebbe invogliare le famiglie dei ragazzi a chiedere la regolarizzazione del rapporto con il padrone di casa. Ma l’agevolazione è limitata a quei pochi che hanno firmato un contratto tansitorio di locazione, uno di quelli previsti dall’articolo 5 della legge 431/98. Un’esigua minoranza appunto. Tra l’altro, secondo la normativa il contratto deve essere cointestato a più soggetti che lo sottoscrivono dichiarando esplicitamente di essere studenti. Restano dunque esclusi dal beneficio tutti i ragazzi che pagano stanze o posti letto per brevi periodi. Oppure addirittura per un mese. Tutti quelli che quando entrano in una casa non fanno il “colloquio” con il padrone, ma con un altro studente, magari titolare del contratto. “Si comportano come se fossero selezionatori di risorse umane. Vai lì per prendere un letto e devi affrontare un interrogatorio che pare un esame – spiega Federica – Manco dovessi entrare in polizia”. Un altro punto di sofferenza rispetto alla Finanziaria manifestato dai giovani fuori sede, riguarda la soglia di distanza dal luogo di residenza. L’Udu (Unione studenti universitari, ndr) chiede infatti che gli sgravi fiscali per gli affitti non siano vincolati al minimo di 100km tra la città da cui si proviene e quella in cui si frequenta.

Sul fronte dei proprietari, gli incentivi a uscire dal nero non mancano. Ma è evidente che non bastano. Ci sono gli accordi siglati con il Comune di Roma che prevedono detrazioni Irpef e sconti sull’Ici. L’unica via per accedere a queste agevolazioni, però, è il canone concordato che nasce dalle intese tra i sindacati degli inquilini, la proprietà e le istituzioni. Il protocollo territoriale dell’Urbe, ad esempio, prevede 165 settori. E ogni zona ha un suo range di valori mensili al metro quadro. Proprio a Piazza Bologna, ad esempio, siamo tra i 5,50 e gli 11 euro. Mentre a Tiburtina-Casalbertone si oscilla tra i 3,75 a 7,20 euro. Nel primo caso, quindi, una bella camera da 20mq dovrebbe costare al massimo 220 euro, mentre, nel secondo caso, il tetto è di 144 euro. Cifre lontanissime dalla realtà del mercato, regolare o nero che sia. Inoltre, proprio la Finanziaria potrebbe incentivare i proprietari a restare “sommersi”: infatti, se l’aliquota fiscale per i redditi da affitti verrà unificata al 20%, molti certamente decideranno di “svicolare” per evitare un aggravio erariale. Al momento questa possibilità pare accantonata, ma l’iter della manovra è ancora lungo e accidentato, per cui le sorprese sono sempre dietro l’angolo.

E il Comune come risponde? Dal Campidoglio è partito un progetto ambizioso: tre campus universitari, uno per ogni ateneo pubblico, che consentiranno di realizzare circa 6.500 posti letto destinati ai fuori sede. A Pietralata nascerà lo studentato più grande per la “Sapienza” (2400 posti letto), Tor Vergata sarà supportata da una struttura dentro la Città dello Sport (1800 posti letto), mentre ad Acilia sorgerà il campus di Roma Tre (1200 posti letto). Gli alloggi avranno un prezzo d’affitto calmierato intorno ai 350 euro mensili; una misura che, secondo il Campidoglio, “dovrebbe servire anche a raffreddare il mercato”. L’investimento totale è di circa 480 milioni di euro con un mix di finanziamenti pubblico-privati