RADICALI ROMA

Al Teatro Quirino la “little Italy” degli anni Cinquanta ne “La rosa tatuata”, opera nota di Tennessee Williams

Al Teatro Quirino la “little Italy” degli anni Cinquanta ne “La rosa tatuata”, opera nota  di Tennessee Williams

 

di Lucio De Angelis

 

Scritta per Anna Magnani che vinse l’Oscar nel 1955 per l’interpretazione del film omonimo, “La rosa tatuata” è forse l’unica opera di Williams in cui prevale il sapore della commedia sul pessimismo della tragedia. Ambientata in Louisiana in una comunità di immigrati italiani, la vicenda ha come protagonista Serafina delle Rose, bella ed esuberante vedova che, distrutta dal dolore per la perdita del marito, decide di vivere nel lutto e nella castità, mitizzando caparbiamente il proprio passato e costringendo in questo stato anche la giovane figlia. L’incontro con Alvaro, camionista e siciliano come il coniuge defunto, le consentirà di ritrovare equilibrio e felicità.

 

Williams nei suoi drammi, tira a certi effetti con i colori estremi e non con le mezze tinte. E’ scrittore di bianco e nero e nel bianco mette poeti e zitelle, nel nero madri atterrite dallo scandalo e parenti rapaci. Da scrittore di melodrammi, perché la sua drammaturgia risulti credibile, ha soprattutto bisogno di attori e attrici fortemente dotati. Cosa questa alla quale hanno ben risposto Mariangela D’Abbraccio e Paolo Vannucci, quali protagonisti de ‘La rosa tatuata’, che come altre commedie dello  stesso autore s’è giovata della traduzione del  critico teatrale  Masolino D’Amico.

 

Ma parlando ancora di Tennessee Williams, va tenuto conto che nei suoi testi, nei suoi copioni, nelle sue sceneggiature, dimostra di sapere troppe cose. Sa che è uno scrittore del Sud, sa che non è uno scrittore realista, sa che scrive bene e sa che le donne isteriche sono il suo forte. E poiché sapeva tutte queste cose e che tutte queste cose rendevano parecchio in successo e reputazione, specialmente presso i suoi connazionali, egli ci dava dentro. Ogni giorno che passava il suo Sud diventava più sfatto, infoiato e invertito, il suo antirealismo più scuro e difficile, la sua scrittura più prelibata e le sue donne sempre più indemoniate.

 

E’ questo appunto il caso della sarta Serafina, nota e più che nota per il suo particolare impetuoso carattere. Ebbene un bel giorno, anzi un brutto giorno, le capita di perdere il marito. Rosario, camionista e corriere di droga. Da morto, questi diventa oggetto di culto in nome del quale la donna impone una feroce castità alla figlia e a se stessa. C’è un però, e è rappresentato dal camionista Alvaro, anche lui emigrante siciliano e camionista. Divisa tra la fedeltà alla memoria e l’interesse per il corteggiatore, l’inquieta cucitrice scopre alcune insospettate verità sul mestiere e gli amori del marito.

 

Non mancano quindi accenni ad una certa omosessualità latente nella figura di un marinaio, in una camicia di seta rosa confezionata per il marito dalle mani della moglie ma commissionata dall’amante, e infine, nel tatuaggio della famosa rosa a cui si ispira il titolo dell’opera. Spicca la complessità e la profondità del personaggio di Serafina, femmina a tutto tondo, moglie, madre, lavoratrice, appassionata amante, che riesce a sottrarsi ai lacci psicologici e fisici di una vedovanza ossessiva. Il risultato è una commedia straordinariamente umana, concepita da un intellettuale anticonformista, attento alle sfumature e ai dettagli, e abilissimo nel penetrare con amore l’anima dei personaggi. 

 

Affidato alla regia di Francesco Tavassi, questa messa in scena viene alleggerita dalla parte più drammatica del testo, ponendo in particolare risalto un’ironica traduzione su quelle che erano le prerogative degli emigranti italiani negli anni’50. Consuetudini, tradizioni e superstizioni di un popolo trasferitosi in gran numero in America, alla ricerca di una maggiore tranquillità economica. Per facilitare la comprensione del pubblico il dialetto iniziale, nel centro della commedia si trasforma in lingua italiana. Se ne perde così in gran parte la spontaneità dei personaggi e del dialogo. Ma anche se il testo scorre tra lo smaliziato e l’ironico, resta il sostanziale dramma interiore della protagonista, grazie ad una Mariangela D’Abbraccio che penetra nel personaggio della dispotica Serafina. C’è a tal proposito chi ha visto in lei il ripetersi della figura della dominante madre del drammaturgo, la quale in certo qual modo contribuì fra l’altro, alla pazzia della figlia Rose.

 

Bene in parte la D’Abbraccio e più che bene in parte Paolo Giovannucci, che dà vigore al dramma con una ben efficace interpretazione. Al meglio negli altri ruoli: Dajana Concione, Giuseppe Pestillo, Francesco Tavassi, Maurizia Grossi, Elena Vettori e Antonietta Rado. La gradevole scenografia è curata dallo stesso Tavassi, mentre o costumi sono firmati da Rosaria Donadio. Sullo sfondo le musiche originali di Luca Pirozzi             

 

 

Teatro: Quirino

Città: Roma

Titolo: La rosa tatuata

Autore: Tennessee Williams

Traduzione e adattamento: Masolino D’Amico

Regia, scenografia, disegno luci: Francesco Tavassi

con

Mariangla D’Abbraccio, Paolo Giovannucci, Dajana Roncione, Federica Restani, Jaqueline Ferry, Francesco Tavassi, Gabriele Russo, Antonietta Rado

Costumi: Maria Rosaria Donadio

Musiche: Luca Pirozzi

Periodo: fino al 31 maggio