RADICALI ROMA

Al Valle di Roma Tosca e Massimo Venturiello ne “La strada” , adattamento teatrale del magico film. di Lucio De Angelis

Al Valle di Roma Tosca e Massimo Venturiello ne “La strada” , adattamento teatrale del magico film

 

di Lucio De Angelis

 

In principio era il capolavoro cinematografico di Federico Fellini, premio Oscar nel 1956, poi Tullio Pinelli (sceneggiatore alla prima esperienza col regista) e Bernardino Zapponi ne fecero un vero e proprio adattamento teatrale che diventa ora un’operina: così “La strada” inventa, pur restituendo la trama e i dialoghi del film, qualcosa di nuovo; un’opera teatrale, che ritrova la sua innata dimensione poetica.

 

Su quella stessa vena si sposta anche Massimo Venturiello che, in qualità di attore e regista (nonché di autore delle canzoni scritte con Nicola Fano, le musiche originali sono di Germano Mazzocchetti), mette in scena al Valle di Roma fino al 29 marzo insieme a Tosca questa revisione moderna del teatro-canzone.

 

Nello spettacolo da una parte il difficile, quasi impossibile, rapporto tra Zampanò e Gelsomina; dall’altra il mondo in cui loro si muovono (la ‘strada’, appunto) in mezzo a persone che forse hanno in comune solo la ricerca disperata della sopravvivenza.

 

Il collante è, come nel film, il Circo, interpretato da sei coreuti, che assume qui la valenza narrativa dello spettacolo, al servizio di una messa in scena che si propone di ‘mostrare’ la tragedia quotidiana di un’umanità forse meno lontana da noi di quanto pensiamo, come nei drammi greci, dove il coro era essenziale per spiegare gli accadimenti.

 

Zampanò (Massimo Venturiello) è il rozzo saltimbanco che viaggia attraverso le realtà più sparute dell’Italia ancora contadina ed ingenua degli anni Cinquanta, esibendosi in improbabili prove di forza.

 

Gelsomina (Tosca) sostituisce la sorella (morta improvvisamente) come compagna di viaggio e lavoro del rude Zampanò, e si accoda all’artista straccione al fine di imparare un mestiere, trovare “la strada”, nella realtà la giovialità e l’ingenuità di Gelsomina non servono a mitigare il terribile carattere di Zampanò, nel quale il barbaro istinto di sopravvivenza guida ogni sua azione.

 

Gelsomina viene trascinata dall’uomo alle stregua di un cane fino a quando incontra “il Matto” (Camillo Grassi), un girovago funambolo che le insegna che tutte le cose di questo mondo hanno una loro importanza e la convince del misterioso segreto della sua missione vicino a Zampanò. Ogni uomo ha la sua piccola o grande missione, e lei “serve” vicina a Zampanò che, un giorno, da animale si trasformerà in uomo cosciente, proprio attraverso il sacrificio di lei. Qualche giorno dopo Zampanò uccide per sbaglio un giovane acrobata durante una colluttazione e si sbarazza del corpo gettandolo sotto un ponte.

 

Gelsomina, che assiste alla scena, é profondamente turbata dall’accaduto ed inizia a manifestare chiari segni di disturbi psichici. Dopo essersi preso cura della ragazza per un breve periodo, Zampanò decide di abbandonarla lungo una strada deserta e continua solo a vagabondare per l’Italia fino a quando, tempo dopo, viene a sapere della morte di Gelsomina. La pièce ha termine con la scena straziante di Zampanò che piange solo e sconsolato la sua morte.

 

Con quest’operina ritorna la coppia del fortunato “Gastone” e sembra voler rifondare quel genere scenico-musicale, che qui si amplia e si arricchisce ancora, per il contributo delle atmosfere da circo. I colori, i rumori e, in particolare, quei disequilibri simmetrici connaturati ai due personaggi di Zampanò e Gelsomina, rivivono oltre la pellicola.

 

Protagonisti in teatro sia il rapporto specifico tra queste due figure, entità, tipologie esistenziali, col loro insormontabile silenzio, sintomo della difficoltà di ascoltarsi, la loro dimensione nel mondo in cui essi si muovono; sia il barnum nel quale vivono, luogo di appartenenza e fonte di vita, che qui acquisisce una valenza narrativa diversa dal solito cliché per essere invece l’avventura quotidiana di un’umanità forse non troppo lontana.

 

Onirico, magico e realistico insieme: questo è il mondo felliniano, il sentire, il raccontare per immagini di Federico Fellini, Maestro del ’900 non solo cinematografico.

 

I suoi indimenticabili e anticonvenzionali personaggi, la sua poetica naif e sognante, tra presente tragico e memoria nostalgica, il suo disvelare valori ormai svuotati, hanno segnato nel profondo il nostro vivere quotidiano.

 

Così, mentre Tosca e Massimo Venturiello gli rendono omaggio, l’ETI, in collaborazione con “Nuove strategie”, veste il teatro di disegni, fotografie, locandine a ripercorrere la straordinaria vita del regista riminese, in un montaggio di preziosi ricordi e documenti che compongono la mostra “Federico Fellini: tra sogno, magia e realtà”, aperta al pubblico dal 17 al 29 marzo 2009 (negli orari d’apertura del teatro).

 

Il materiale proviene dall’archivio di Roberto Mannoni, amico e collaboratore di Fellini che, grazie alla generosità della Masina, ereditò la ‘roba cinematografica’ del Maestro e gran parte del suo fantastico universo.

 

Teatro: Valle
Città: Roma
Titolo: La strada
Autori: Tullio Pinelli e Bernardino Zapponi
tratto dall’omonimo film di Federico Fellini
Regia: Massimo Venturiello
Interpreti: Tosca, Massimo Venturiello e Camillo Grassi
Musiche: Germano Mazzocchetti
testi delle canzoni Nicola Fano e Massimo Venturiello
Scene: Alessandro Chiti
Costumi: Sabrina Chiocchio
Coreografie: Fabrizio Angelini
Disegno luci: Vincenzo Raponi
Periodo: fino al 29 marzo