Bufera politica sull’indagine sullo stupro della Caffarella, dopo il test del Dna favorevole ai due romeni arrestati. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno prende il toro per le corna: «Non dobbiamo fare giustizia sommaria. Bisogna consegnare alla giustizia i colpevoli e non gli innocenti». Dalla maggioranza all’opposizione arrivano impliciti inviti all’autocritica. Amara la riflessione di Livia Turco, Pd: «Sobrietà e pacatezza rimangono sempre virtù da non smarrire. Quando si perdono, non si aiuta la vittima e si rischia di costruire altre vittime».
E forse in questa storia c’è anche un pregiudizio. Giampiero D’Alia, Udc: «E’ chiaro che non bisogna essere prevenuti. Lasciamo lavorare inquirenti e magistrati. Non è il caso di creare due tifoserie contrapposte. I colpevolisti e gli innocentisti. C’è una ragazza stuprata: l’importante è che i colpevoli siano assicurati alla giustizia».
Gli inquirenti si difendono. E confermano l’impianto dell’indagine. Ieri il procuratore di Roma Giovanni Ferrara e il questore Giuseppe Caruso ne hanno ripercorso le tappe: «Preme sottolineare come tutta l’attività investigativa sia stata orientata alla ricerca della verità. Sono stati infatti gli stessi inquirenti a raccogliere doverosamente tanto gli elementi a sostegno delle ipotesi accusatorie che quelli favorevoli agli indagati nel rispetto delle regole processuali».
Felice Casson, ex magistrato e oggi capogruppo del Pd alla commissione Giustizia del Senato, lo dice pacatamente: «Bisogna evitare i trionfalismi da parte di chiunque. L’invito che rivolgo ai magistrati e agli inquirenti è di non farsi condizionare dalle pressioni politiche. Bisogna rimanere freddi, lucidi, razionali nella ricerca dei dati oggettivi».
Denuncia in sintonia con le riflessioni del sindaco di Roma Alemanno: «Non dobbiamo influenzare il lavoro dei magistrati e degli inquirenti. Le indagini si devono svolgere nel modo migliore. Non bisogna consegnare alla giustizia un colpevole purché sia, ma l’autore dello stupro. Che poi non deve essere scarcerato».
Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, riflette: «Chi è avvocato lo sa bene. Ciò che appare evidente all’inizio, nel corso delle indagini può svanire. Non bisogna mai avere certezze granitiche che rischiano poi di essere smentite. Ci troviamo adesso in una fase diversa: le certezze iniziali sono state messe in discussione da approfondimenti investigativi. I risultati di laboratorio impongono ulteriori indagini».
Lo stupro della Caffarella, con gli imprevedibili sviluppi investigativi, deve far riflettere anche il mondo dell’informazione. E’ l’invito di Rita Bernardini, deputata radicale: «Poca cautela nel mostrare le immagini dei due romeni». Ancora più critico Sergio D’Elia, presidente di «Nessuno tocchi Caino»: «L’informazione ha diffuso messaggi xenofobi, eccitando l’opinione pubblica. Dopo che hanno messo loro il marchio di infamia, adesso chi li risarcirà?».