RADICALI ROMA

Allarme per le droghe leggere è boom tra 14 e 19 anni

Si abbassa l’età del primo contatto con la droga: ora, il gruppo più interessato è quello tra i 14 e i 19 anni, che attraverso il ‘passaparola’ con i compagni di scuola prova per la prima volta uno spinello o una delle cosiddette ‘sostanze ricreazionali’, espressione tecnica quanto ambigua che indica ecstasy, anfetamina e in generale le pasticche che si consumano in discoteca o nel weekend.
Il 32,1% dei giovani dai 14 ai 24 ha fatto uso di cannabis e il 4,8 di cocaina, uno o più volte nella vita. E cambia la natura stessa delle droghe: oggi, nella cannabis e nei suoi derivati, che arrivano soprattutto dal Nord Africa, la percentuale di principio attivo può arrivare fino al 15%, mentre negli anni Settanta, quando gli spinelli diventarono di moda, non si superava il 2-3%. I ragazzi che vanno regolarmente a scuola, comunque, sono più protetti.

Il documento. Sono soltanto alcuni dei fenomeni fotografati dalla relazione che il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio ha appena consegnato al Parlamento. Insieme ad un preciso richiamo: occorre dedicare più attenzione e maggiori investimenti alla lotta alla droga, anche perché i servizi pubblici (oltre 500 in Italia, ai quali si aggiunge un migliaio di comunità accreditate) che se ne occupano e molte comunità sono stati progettati trent’anni fa e nessun ragazzino ci entrerebbe mai.
Spiega Andrea Fantoma, medico, direttore generale del Dipartimento: “Abbiamo lavorato sui dati del 2004, incrociandoli poi con quelli che arrivano dal resto d’Europa. E abbiamo avuto la conferma che i ragazzi entrano sempre più presto in contatto con le sostanze e che nella maggior parte dei casi non hanno una percezione giusta del rischio che corrono”. La prevenzione. Così, la prevenzione dovrà iniziare prestissimo, tra i 6 e i 10 anni, e passa attraverso i centri sportivi: un programma sperimentale coinvolgerà 5.000 famiglie che parteciperanno direttamente ad attività di informazione-gioco insieme a istruttori e animatori, a lato delle attività sportive dei figli. Ai genitori, come già avviene in Olanda, Gran Bretagna e Stati Uniti, verrà insegnato a comunicare meglio con i figli e a cogliere i segnali di rischio. “Ci sono troppe campagne di comunicazione sovrapposte tra loro – aggiunge Fantoma – Serve invece più collaborazione col privato sociale, e ‘educazione tra pari’, ovvero ragazzi formati per poter parlare nelle scuole ai loro coetanei e far capire che non è più interessante chi si droga, ma chi ne sa fare a meno”.

Le conseguenze. Ma chi sono i ragazzi ‘protetti’? E quali quelli più a rischio? La relazione del Dipartimento indica la conoscenza del rischio come l’elemento più importante per non diventare dipendenti. Ma solo il 10% degli italiani ritiene che le droghe leggere (un’espressione rifiutata come troppo generica dagli uffici governativi) comportino un rischio. Un buon livello di scolarità è il secondo strumento per proteggersi, mentre chi fuma o abusa di alcol corre più rischi di utilizzare anche droghe. Ma i dati più preoccupanti arrivano dall’Espad, l’agenzia europea di Lisbona che si occupa di salute; tra i giovani, il 60% di chi ha utilizzato ‘sostanze illegali’ negli ultimi dodici mesi ha avuto un calo nell’andamento scolastico, e solo per il 20% i voti sono rimasti gli stessi. Lo stesso gruppo di giovani non era controllato dai propri genitori nel 45% dei casi. Solo il 20% tra i ragazzi che hanno usato stupefacenti ne ha invece parlato con i familiari. E il 70% dello stesso campione avrebbe inoltre manifestato comportamenti aggressivi o conflittuali in casa e a scuola.

La proposta. Fantoma tiene a distinguere le polemiche politiche dalla proposte operative: “La nostra opinione è naturalmente quella che non sia corretto depenalizzare sostanze come i derivati della cannabis, ma naturalmente molti esponenti politici la pensano altrimenti. Esiste però una grande maggioranza di tecnici che condivide con noi l’obiettivo di migliorare e far evolvere i servizi al pubblico, creando dei luoghi diversi dai tradizionali Sert e più simili a un normale ambulatorio dove va chi, ad esempio, ha un problema di diabete. Nello stesso centro, i giovani e le famiglie potrebbero trovare aiuto rispetto all’uso di sostanze, di alcol, ai disturbi alimentari e alla dipendenza dal gioco”.

I fondi. Mancano però i fondi pubblici per un investimento così importante. “A noi – risponde Fantoma – serve soprattutto l’attenzione e la volontà politica del Parlamento.Nell’attesa di nuovi servizi (se ne parlerà a Palermo dal 5 al 7 dicembre nella conferenza nazionale dedicata al tema), mancano i dati sui risultati della circolare firmata un anno e mezzo fa dal ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti che imponeva alle scuole di denunciare alle forze dell’ordine gli studenti scoperti a fare uso di qualsiasi tipo di droga. E si punta invece su speciali insegnanti che, nelle medie inferiori, educano alla salute, dall’alimentazione fino all’informazione su ciò che fa male.