RADICALI ROMA

All’Eliseo ‘La parola ai giurati’ nel dubbio della colpevolezza. Articolo di Lucio De Angelis

Fino al 22 marzo Alessandro Gassman é al Teatro Eliseo nella doppia veste di attore e regista, con “La parola ai giurati” di Reginald Rose, nella traduzione di Giovanni Lombardo Radice.

 

Alla sua seconda prova di regia egli affronta un testo socialmente coinvolgente e profondamente attuale: la vicenda è ambienta nella New York degli anni ‘50. È il 15 agosto e una giuria popolare composta da dodici uomini di diversa estrazione sociale, età e origini sono chiusi in camera di consiglio per decidere del destino di un ragazzo ispano-americano accusato di parricidio.

 

Nel testo l’autore entra nelle varie e sfaccettate tipologie umane e caratteriali colte in una situazione claustrofobica nella quale emergono gli aspetti comportamentali più contraddittori con la possibilità di portare alla luce i pregiudizi e le false certezze che caratterizzano il comportamento dei giurati e che affiorano nel momento in cui devono assolvere il compito più difficile per un uomo: quello di decidere della vita di un altro uomo.

 

Scegliendo un tema secolare, un dilemma discusso e rappresentato migliaia di volte, mai come adesso ritornato al centro del dibattito politico, Gassman ha un incontestabile successo di pubblico e di critica, stando ben attento ad evitare nella rilettura del testo banalità e luoghi comuni.

 

Il pubblico, dal buio della sala, ha quasi l’impressione di spiare i dodici uomini chiusi nella camera del Tribunale, impegnati nei loro dilemmi. I giurati vengono inquadrati spesso di spalle con giochi di luci, che sottolineano i loro dialoghi.

 

Anche quando si ritrovano davanti allo specchio della toilette il trascorrere del tempo è scandito dalle lancette di un orologio a muro e dai cambi della luce esterna che filtra da un’ampia finestra che dà sulla città: pioggia che batte sui vetri compresa.

 

Con la varietà dei loro caratteri e delle loro personalità, i giurati intanto rappresentano l’intero genere umano, che, abbandonati i condizionamenti legati al proprio vissuto, si trova in difficoltà di fronte al compito di decidere della vita di un uomo. Il pubblicitario, l’architetto, l’orafo, il presidente di giuria, il bancario, l’italo-americano, il manovale immigrato dall’Europa dell’Est, l’anziano saggio, il razzista, il piccolo imprenditore, il tifoso di baseball, il colpevolista ad oltranza: seguendo le loro supposizioni, pseudoconvinzioni, le loro liti più o meno violente, il pubblico impara a conoscerli, a distinguerli, a simpatizzare per coloro che sapranno ascoltare il ‘giurato numero otto’ e a disprezzare quelli che continueranno a dar credito ai pregiudizi.

 

E’ necessaria l’unanimità dei voti, ma l’ottavo giurato si dissocia dagli altri componenti tutti colpevolisti. Il suo è un colpo vibrante contro l’allucinata follia della pena di morte, che si avvale del tarlo corrosivo del dubbio, che egli introduce con convincente arguzia nelle strutture che reggono ostinatamente le nostre certezze, decretandone un crollo lento ed inesorabile. Il suo è il rifiuto verso la pena estrema, ma anche verso i pregiudizi e la superficialità di scelte.

 

Da qui prende le mosse un confronto estenuante e serrato che si chiuderà con l’assoluzione dell’imputato in virtù dell’impossibilità di pervenire ad una certezza priva di ogni ragionevole incertezza.

 

Dal testo di Rose fu tratto un appassionante film ‘Twelve Angry Man’ firmato dall’allora esordiente Sidney Lumet con l’indimenticata interpretazione di Henry Fonda.

 

La Compagnia del Teatro Stabile d’Abruzzo, che ha da poco nominato Gassman quale direttore artistico, d’intesa con la Società per Attori e con il patrocinio di Amnesty International, porta in tournée per l’Italia la versione teatrale, che accanto al principale interprete vede la partecipazione di Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello, Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Giulio Federico Janni. Tutti e ciascuno ben inseriti nei loro ruoli misti di giudici, di avvocati dell’accusa e della difesa e di giurati.

 

La scena curata da Gianluca Amodio, coi costumi firmati da Helga H. Williams, nel suo allestimento, è articolata in un impianto di impostazione fissa che ci proietta in un’atmosfera fumosa e claustrofobica, dispiegandosi tra percorsi dialettici caratterizzati da toni accesi, violenti e rancorosi che mettono bene in luce l’inadeguatezza di un verdetto umano offuscato dal pesante condizionamento dei sentimenti e dei pregiudizi.

 

Se un appunto va fatto sia al testo che alla regia, è riferito alla recitazione a volte un po’ sopra le righe di alcuni interpreti, col risultato di far riflettere sulla poca consapevolezza dei giurati in merito alla dignità sociale del compito che assolvono, oltre che sulla mancanza di etica giuridica dovuta all’ignoranza dilagante – allora come ora – in una realtà americana più orientata verso l’avere che non verso l’essere. Ne vien fuori una conclusione senz’altro positiva ma mi chiedo se dovuta più alla pancia che alla mente.

Le musiche originali a commento sono state composte da Pivio & Aldo De Scalzi.

 

Lo spettacolo nel complesso è piuttosto coinvolgente e gli spettatori, a dispetto del lieto fine, si ritrovano all’uscita, impegnati a discutere e a discettare su spunti di profondità psicologica, non senza riferimenti, come ho detto, alle incertezze del diritto.

 

La vicenda è incentrata su due capisaldi del sistema giuridico anglosassone: la presunzione di innocenza e la dimostrabilità della sua colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

 

In un’epoca in cui il mondo è afflitto da ideologie contrastanti che si nutrono di assolutismo e che spesso scadono a pregiudizi, il “ragionevole dubbio” è una preziosa arma di difesa.

 

Teatro: Eliseo

Città: Roma

Titolo: La parola ai giurati

(Twelve Angry Men)

Autore: Reginald Rose

Traduzione: Giovanni Lombardo Radice

Regia: Alessandro Gassman

Interpreti: Alessandro Gassman, Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello, Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Matteo Taranto, Giulio Federico Janni

Scene: Gianluca Amodio

Costumi: Helga Williams

Musiche originali: Pivio & Aldo De Scalzi

Light designer: Marco Palmieri

Sound designer: Hubert Westkemper

Elaborazioni video: Marco Schiavoni

Produzione: Teatro Stabile d’Abruzzo / Società per Attori con il patrocinio di Amnesty International