Al di là delle contrapposte cannonate sulle misure specifiche che il governo Prodi ha introdotto nella Legge finanziaria per il 2007, misure che metteranno maggioranza e opposizione l’una contro l’altra, da qui fino al voto finale del Parlamento, su una cosa il giudizio di politici, economisti e dei commentatori più autorevoli non può che collimare: con la manovra varata dal governo Prodi aumenterà la pressione fiscale.
Una considerazione generale, e due conti sul retro di una busta. il primo esercizio da fare per valutare la bontà di una manovra di finanza pubblica è, infatti, quello di giudicare nel suo complesso i grandi capitoli dal lato delle entrate e delle uscite, rispetto all’andamento del ciclo economico. Cruciale è la qualità dell’aggiustamento, il mix cioè tra maggiori entrate e minori spese.
Tante imposte nessun taglio
Il policy maker deve, dunque, porsi il problema sull’opportunità di agire o tagliando la cattiva spesa corrente, piuttosto che aumentando la tassazione, sia essa diretta che indiretta. Questa scelta sulla composizione dell’aggiustamento è lo strumento in mano ai governi per influenzare, assecondare, sostenere oppure deprimere il ciclo economico (con la moneta unica – l’euro – il controllo e la definizione dello strumento della politica monetaria è passato alla Banca Centrale Europea).
La pressione fiscale è, così, la misura finale dell’incidenza tra il totale dei tributi (tasse, imposte, accise, ecc.) pagati dal cittadino di uno Stato e il Prodotto interno lordo (il totale della ricchezza prodotta). Questo rapporto più è alto e più drena risorse alla libertà economica. Più è alto, più estende l’intermediazione dello Stato nell’economia, con prevedibili effetti diretti sulle famiglie e sulla crescita. Più è basso e più consente all’economia di “respirare” (entro certi livelli, naturalmente).
Tetto record del 43 per cento
Nonostante sia riconosciuto da tutti gli istituti internazionali di ricerca, e da tutte le organizzazioni internazionali, che l’Italia soffra per
un’eccessiva spesa pubblica, con la Finanziaria di Prodi e Visco la spesa non sarà, dunque, tagliata, in compenso la pressione fiscale aumenterà di circa 2 punti e sfiorerà il livello record del 43%. In un colpo solo, infatti, il governo delle tasse di Prodi e Visco fa ritornare la pressione fiscale italiana ai livelli massimi del ‘97 (quando c’era la tassa per l’Europa). Allora si sfiorò il 44% (43,7%). Ci vollero 8 anni per far diminuire
tale valore e portarlo al 40,6% (tre anni di centro-sinistra e 5 anni di centrodestra), nel 2005.
C’è l’esigenza di riportare il deficit pubblico sotto il 3%, dicono ora
Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa. Bene, per fare ciò servivano 14,8 miliardi di euro (un punto di Pil), ma la manovra nel suo complesso è ben più corposa: 33,4 miliardi di euro; 18,6 dei quali giustificati genericamente con “politiche a sostegno dello sviluppo”.
Ecco che allora, per trovare le coperture, il fiscalista del governo, nonché vice-ministro dell’Economia, Vincenzo Visco, si è divertito con un abile gioco delle tre carte a mascherare la stangata fiscale che colpirà tutti gli italiani, siano essi appartenenti ai ceti bassi, ceti medi, che benestanti o ricchi (a proposito per Visco i ricchi sono tutti coloro che hanno un reddito superiore ai 40mila euro lordi).
16 miliardi di nuovi balzelli
Infatti, se si somma all’incremento di 3-4 miliardi di euro, prodotto dalla cancellazione della riforma Tremonti sull’Irpef, al netto dei tagli del cuneo e di altre modeste agevolazioni, se si sommano a questi 3-4 miliardi di euro tutti gli altri incrementi stimati e inevitabili (dagli studi di settore per 3-5 miliardi di euro, all’operare nuovamente delle addizionali a livello locale per almeno 5-6 miliardi di euro, a nuove tasse, ticket, balzelli, contributi, accise, catasto, nuova tassazione del risparmio), si arriva ad un incremento netto di gettito (stima prudenziale) di 15-16 miliardi di euro. Oltre un punto di Pil.
Ma l’ipocrisia fiscale di Prodi non finisce qui. Proprio i signori del governo, che per anni hanno bollato gli interventi fiscali di Tremonti come finanza creativa, nulla dicono, poi, di fronte a discutibili trasferimenti del Tfr (che è bene ricordare sono soldi dei lavoratori), all’Inps (una operazione di maquillage dei conti pubblici che dovrà trovare l’ok dellà Commissione europea di Bruxelles), o dell’inserimento di 7 miliardi di euro dal lato delle entrate per effetto di misure anti-evasione e anti-elusione, che per loro natura sono difficili da quantificare ex-ante (e molto aleatorie).
Ma ciò che più di tutto preoccupa è “la bomba addizionali”. Il governo, non contento della stangata a livello centrale ha, infatti, posto le basi per una stangata locale. Non potendo agire sul controllo della spesa, per accontentare la sinistra radicale, Prodi e Visco hanno tagliato parte dei trasferimenti agli enti locali, concedendo loro, però, maggiori margini di autonomia impositiva. Insomma meno trasferimenti dal centro e mano libera di aumentare Irpef e Ici a livello decentrato.
Così si uccide la crescita economica
Insomma, inasprimento degli studi di settore, maggiori controlli fiscali, aumento dei contributi previdenziali, aumento delle aliquote Irpef (decise a livello centrale e periferico, più Ici), sono solo alcune delle misure che assieme a quelle ben celate da Visco, negli articoli della Finanziaria, finiranno per deprimere consumi, risparmi ed investimenti per famiglie e imprese, deprimendo la crescita prevista per il 2007.
Governare in un periodo di stagnazione dell’economia come ha fatto il governo Berlusconi non è stato facile. Fare quello che sta facendo Prodi e il suo governo, cioè ammazzare la crescita economica a colpi di stangate fiscali, è semplicemente demenziale.