RADICALI ROMA

Altro che network, ora Capezzone ha pronto il suo movimento

  Roma. Ci siamo. Dopo un anno di presidenza della Commissione Attività produttive della Camera, dopo cinque mesi di Volenterosi e sette mesi di battibecchi con Marco Pannella e, soprattutto, nove giorni dopo il duro scambio di lettere con il leader radicale, Daniele Capezzone è pronto a lanciare quello che gli invidiosi chiamano partito, quello che lui chiama network, quello che i suoi compagni chiamano movimento e quello che i suoi ex simpatizzanti chiamano, ghignando, un “Italian enterprise institute”. Capezzone è pronto a dare continuità al suo lungo lavorio, grazie al quale l’ex segretario radicale ha provato (in parte riuscendoci) a creare (sono sue parole) un network “liberale, liberista, libertario e radicale” che parte dalla rete, nel senso di Internet, arriva ai think tank, nel senso del Bruno Leoni, e tocca un po’ Confartigianato, Confcommercio e Confindustria, soprattutto nel mondo delle piccole e medie imprese. Capezzone sa che, per fare il salto di qualità, aspettare ancora potrebbe essere un po’ pericoloso. Perché non c’è dubbio che si è mosso in tempo per cercare di dipingersi nel ruolo di avanguardia liberale del governo — all’ultima fiducia si è astenuto — e non c’è dubbio che da tempo dà segnali di “rupture”, significativo un suo intervento alla Camera quando, pochi mesi fa, presentò il proprio manifesto politico: “Servirebbe una rottura nella politica italiana, a sinistra come a destra. E da radicale lavorerò perché ovunque possibile germogli la pianta delicata dell’alternativa liberale”.

Tutto questo è vero, ma è altrettanto vero che nel dare l’idea di prepararsi per un dopo Prodi, Capezzone, senza un suo movimento, potrebbe essere meno efficace. Dove andrebbe a finire? Resisterebbe a sinistra? Per un altro verso, però, Capezzone sa che, ora, la sua popolarità non può non essere sfruttata. Esempio. In un sondaggio Swg pubblicato ieri dal Mondo, tra i possibili leader a capo degli schieramenti futuri, Capezzone è secondo, prima del pur giovanissimo Veltroni, e dietro a Enrico Letta. Con la differenza che Capezzone era l’unico scelto sia per uno schieramento di destra sia di sinistra. Il deputato della Rosa nel pugno sa che deve stare attento a non farsi trovare senza strumenti d’azione dal precipitare della crisi del governo Prodi e sa che nel sottosuolo della politica, oltre a lui, lavora anche Savino Pezzotta, lavora la rete veltroniana di Bettini e i Circoli della Libertà di Michela Vittoria Brambilla.

Il movimento che Capezzone ha in mente è una forza non sgradita agli imprenditori, e dunque al loro presidente Montezemolo, ai lavoratori autonomi e a coloro che pensano che l’Italia abbia soprattutto bisogno di riforme economiche. Si presenterà con un Dpef ombra, alternativo a quello del governo e frutto del lavoro dei Volenterosi e dei riformatori presenti in Parlamento e sulle prime pagine della stampa borghese. Nello spirito e nell’organizzazione, anche se su un altro fronte, potrebbe essere simile a quella rete che sta costruendo MVB. Perché Capezzone non è stato presidente dei giovani di Confcommercio, non ha una tv, non ha circoli, non è roscio, non ha ancora imparato a togliere dalla circolazione quelle foto in cui è sempre serio serio con la camicia enorme e la cravatta troppo stretta, ma ora dirige un giornale on line (LibMagazine), gira l’Italia da mesi, pensa a un viaggio tra i giovani italiani a Londra (in autunno) e presto presenterà un sito (danielecapezzone.it è già registrato). oltre al network, Capezzone — chi lo dice lo conosce bene — avrebbe finalmente scelto un nome per la sua Cosa. Un nome già conosciuto, già apprezzato e già affermato. Lavori in corso attorno ai “Volenterosi”.