RADICALI ROMA

«Ater, sì alla maxi-vendita» Ma è polemica sugli affitti

La strategia di ripianamento del de­bito Ater, così come è stata illustrata dal presidente Luca Petrucci (sul Cor­riere di ieri), trova d’accordo Bruno Astorre. Non che l’assessore regionale alla Casa si lasci andare a capriole gioio­se, ma certo è convinto. Valida ma non risolutiva, l’idea di Petrucci rappresen­terebbe un passo avanti per chi gesti­sce il patrimonio delle case popolari (53 mila alloggi). Per accelerare i tempi d’incasso (e rallentare quelli della ban­carotta) l’ Ater, vorrebbe cedere in blocco 15 mila appartamenti a una composizione bancaria creata ad hoc, in grado di anticipare l’80% dei ricavi. Per Astorre si tratta di «un’idea valida a cui stiamo lavorando con l’assessore al Bilancio Luigi Meri, sperando di por­tarla presto a termine» ma che non ar­chivia i problemi dell’ex Iacp.

 

 

 

Il giorno dopo la lunga confessione di Petrucci (dolorosa come sempre acca­de all’azienda più disastrata della Re­gione) su Ater piovono pietre e precisa­zioni. Pietra numero uno: «Per sovven­zionare l’azienda delle case popolari do­vremo prima ripianare il debito sanita­rio» rammenta Astorre. È vero che nel­l’ultima finanziaria sono previsti soste­gni all’edilizia popolare tali da controbi­lanciare i canoni delle fasce sociali più deboli, ma l’elenco delle emergenze è lungo e la coperta corta. Pietra numero due: «Anche con simili strategie l’Ater non può sopravvivere senza risolvere la sua contraddizione: è un ente economi­co o sociale?» è il provocatorio quesito di Astorre (che preluda a soluzioni di maggiore coerenza per Ater?).

 

 

 

L’assessore alla Casa coglie l’occasio­ne anche per qualche precisazione in merito agli aumenti dei canoni: «Abbia­mo già aumentato gli affitti del 20% cir­ca». Com’era prevedibile sulla questio­ne canoni intervengono anche i sinda­cati inquilini: «Occorre fare attenzione quando si parla di aumenti. Cento euro mi pare un affitto già oneroso per alcu­ne categorie sociali» dice Guido Lancia­no, responsabile regionale dell’Unione Inquilini che forse non ha digerito la disinvoltura con cui Petrucci confronta i canoni popolari a quelli di mercato (sul raddoppio aveva detto: «mi sembra comunque una cifra ragionevole in una città dove trovare un affitto inferiore ai mille euro è un’impresa»).

 

 

 

«Non riesco a spiegarmi le continue dichiarazioni del presidente Ater che sembrano prevedere tempi duri se non si ricorre a vendite. Meglio portare avanti collegialmente l’opera di risanamento» è la critica che (dall’interno) Stefano Zuppello, consigliere d’ammi­nistrazione Ater rivolge al presidente. Il timore di una svendita priva di van­taggi, dettata dall’esigenza di fare cassa affiora anche nelle puntualizzazioni dei radicali. Mario Staderini, consiglie­re della Rosa nel pugno del I munici­pio, parla di «pluridecennale assalto delle oligarchie italiane al patrimonio immobiliare degli enti pubblici» (so­prattutto in riferimento all’inchiesta dell’Espresso ndr) e definisce l’idea di cessione dei 15 mila appartamenti una «non soluzione». Visto che si parla di ca­se popolari, Staderini ne approfitta: «torniamo a chiedere all’assessore Claudio Minelli l’elenco di tutti gli ac­quirenti degli immobili comunali e le somme da essi versate».

 

 

 

Non solo i radicali. Anche per i consu­matori l’edilizia residenziale pubblica è da incrementare e non da cedere. Nove associazioni (tra le quali Adiconsum, Cittadinanzattiva, Movimento perla di­fesa dei consumatori) lo hanno chiesto ieri in una lettera rivolta a Prodi, nella quale invita anche il governo all’innova­zione delle procedure di assegnamento degli alloggi popolari. Quanto alla (an­nosa) questione dell’Ici che Ater deve al Comune di Roma, è Donato Robilot­ta (Socialisti Riformisti) a ricordare a Petrucci l’ineludibilità della questione ricordando pungente «che l’assessore Augello (giunta Storace, ndr) aveva già avviato una trattativa con Causi per cedere le proprietà Ater di Castel di Guido e Tenuta del Cavaliere». Che Ater abbia rimosso?