RADICALI ROMA

Benvenuti a Veltronia Rinascimento de’ noantri

Sean Connery e Vincenzo Mollica, Nicole Kidman e Serena Dandini, Woody Allen e Francesco Totti. Hollywood e la Garbatella. Nel mondo perfetto di Veltronia gli opposti si incontrano, si baciano e si affacciano spesso dallo stesso balcone. E’ sempre festa a Veltronia, la città del tempo sospeso dove gli umani non sono vivi, né morti e nemmeno zombie. Sono icone o cacciatori di icone. Dispensatori o questuanti di autografi planetari. Pellegrini, turisti, cineasti, tifosi, non importa, purché masse in fuga dall’angoscia.

Ogni scusa è buona, questa volta è la settima arte, la prossima sarà la terza età o la quarta dimensione. L’icona assoluta è lui, Walter, il più amato ma anche il più angosciato degli italiani, inventore non a caso dello slogan «Nessuno resti solo». Un principe rinascimentale più che un sindaco. La sua corte è fatta di scrittori, musici e registi. Anime belle. I suoi assessori si chiamano Borgna e non Borgia. Gli intellettuali hanno profili delicati, soavi sentimenti e sorridono malinconici. Goffredo Bettini prima o poi scriverà il suo inno, Sandro Veronesi lo ha scritto già da un pezzo.

Il glamour di Veltronia è ormai leggenda. I suoi eventi sono già eventi solo per il fatto di essere annunciati. Reinventi il cinema o le notti, il successo è garantito. Il sindaco veglia, dosa, distribuisce, un asso a shakerare. Ingaggia James Bond e lo presta a pranzo a Berlusconi, si fa intervistare lo stesso giorno da Giuliano Ferrara e dal New York Times. Lo accusano di essere un patologico regressivo e un festaiolo impenitente? Ecco, in risposta, il ritratto ammirato di un docente della John Cabot University.

Nell’utopia realizzata di Veltronia sono allegri tutti, persino i tassisti, incazzati per definizione e per vocazione. C’è il sole quando serve, le notti sono bianche e le citazioni puntuali. Quando Walter cita il suo collega Galeano parte una ola, i suoi si danno il cinque. Non sgarra una citazione il Major. Non ti delude mai. Tutti in fila nel mucchio, compresa Barbara Palombelli, Rutelli in frac ma, peccato, senza cilindro, a ritirare il pass o l’invito. E se non sei uno dei cinquemila accreditati o diecimila invitati, è arrivato il momento di fare i conti con la tua vita, qualcosa non è andato per il verso giusto. Tutti in fila a sgomitare per un pezzo d’apertura anche i critici, che escono da anni di depressione. Prima avevano solo una mostra e ora ne hanno due, due mostre, la mostra Venezia contro la mostra Veltronia, Massimo contro Walter. Nel mondo perfetto di Veltronia le gaffe sono irrilevanti, gli incidenti insignificanti. Sfumano in lontananza le proteste dei senzatetto («Lotta dura casa sicura») e dei senzainvito. La rabbia di Sofia Loren (ma non è stata invitata nemmeno Silvana Pampanini). Nanni Moretti? Veltronia non si addice ai suoi cattivi umori. E Cacciari? Va a sfogarsi con un paio di ulcere e il mal di fegato a Markette. Lancia anatemi, interrato nella sua barba e nel suo rancore. E Walter che fa? Smania, si agita, risponde per le rime? No, stravince. «Sono troppo amico di Massimo e di Venezia, per replicare». Il suo modello, casomai, è la Las Vegas del suo altro grande amico Oscar B. Goodman. Siamo tutti amici di Walter o prossimi a diventarlo. L’ossessivo che è in lui deve tutto sanare e controllare. Leggendari i suoi sudori freddi. Anche le coliche hanno le ore contate a Veltronia.

Quando esagera con la festa e con la colica, va a espiare in Afriche lontane o vicine. Leonardo Di Caprio a Tor Bella Monaca è il suo capolavoro, la sintesi del suo mondo perfetto. Dove tutto si concilia. Dove il presente è bello, ma il futuro di più, è meraviglioso, e i giovani sperano, non si sa cosa, però scortati dalla voce di Fellini che evoca la Magnani. Nessuno resta solo a Veltronia. Guai a restare solo. I vecchi hanno l’assistenza telematica, i parchi saranno wireless e le navette passano ogni tre minuti. I muri non saranno più imbrattati e spariranno dalle strade anche le cacche dei cani. Anzi, i cani smetteranno di fare la cacca. Si capisce così perché il Paese si divida oggi tra quelli che vivono a Veltronia e quelli che aspirano a viverci. Inscatolati nel loro metallo, nella morsa del traffico, soffocati dai fumi della polluzione, i romani sospirano, pestano le cacche dei cani, qualche volta bestemmiano e mai parcheggiano. E invidiano molto gli abitanti di Veltronia.