RADICALI ROMA

IL BILANCIO E IL DEBITO DI ROMA: UN'ORDINARIA STORIA DI STRAORDINARIO MALGOVERNO E ASSENZA DI TRASPARENZA

Perché Roma, tra i grandi comuni italiani, è uno dei pochi a non rendere pubblico e consultabile dal sito internet istituzionale il proprio bilancio e un archivio storico dei rendiconto degli ultimi anni? Perché a un anno e mezzo da quando, nell’estate 2008, il governo aveva nominato per decreto il sindaco Alemanno commissario straordinario “per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate e per la predisposizione ed attuazione di un piano di rientro dall’indebitamento pregresso”, non è conosciuta esattamente l’entità del debito del Comune di Roma, al punto che, su richiesta dello stesso Alemanno, il governo sta per procedere alla nomina di un altro commissario che provvederà a una nuova ricognizione della massa attiva e passiva della gestione commissariale? Come si è proceduto all’attuazione di quel piano? Perché il sindaco-commissario non ha mai presentato in Parlamento relazione sulla gestione straordinaria e sull’attuazione del suo piano come gli era stato espressamente richiesto dalla Camera dei Deputati?

Quando la giunta Alemanno si è insediata, nel 2008, un “quasi dissesto” già c’era ma si è deciso di procedere per decreto e con le elargizioni tampone del governo, in deroga alle norme del Testo unico degli enti locali, e a distanza di due anni anziché essere risanata la situazione è peggiorata. I forti disagi nell’erogazione di servizi e nella programmazione denunciati negli ultimi mesi da molti municipi sono solo una delle conseguenze della grave situazione.

C’è una verità che deve emergere sul governo irresponsabile e assolutamente privo di trasparenza della capitale che rischia di franare a causa di un “dissesto finanziario” di cui dovrebbero rispondere l’attuale maggioranza in consiglio comunale, l’opposizione (ex maggioranza), e il governo Berlusconi che ha condotto, avallato e protetto questa disastrosa gestione.

Ecco una ricostruzione della vicenda attraverso citazioni giornalistiche e provvedimenti di legge adottati, in attesa che sia possibile avere una visione più limpida e documentata della faccenda.

IL “PROCESSO” AL DEBITO

Del debito pubblico del comune di Roma si ricomincia a parlare nell’aprile 2008 quando, con l’elezione di Alemanno, inizia il finto processo da parte della nuova giunta alla gestione finanziaria dell’amministrazione capitolina durante gli anni del “modello roma” (rutelliano) veltroniano.

Il Sole 24 ore del 4 maggio 2008 titola in prima pagina “Il debito di Roma arriva a 7 miliardi” e prosegue “il nuovo sindaco di Roma, Gianni Alemanno, eredita dalle amministrazioni che lo hanno preceduto un debito di sette miliardi di euro, cui potrebbero sommarsi altri due miliardi di mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti. Il debito di Roma «è schizzato all’insù» tra il 1999 ed il 2005, salendo da 5,7 a 6,9 miliardi di euro; poi nel 2006 è sceso a quota 6,56 miliardi per tornare a lievitare nel 2007, annata per la quale il debito è stimato dalle agenzie di rating attorno ai 6,86 miliardi di euro. […] Negli ambienti del centro-destra, tuttavia, aggiunge il Sole 24 Ore, la misurazione è molto più cupa e si assesta tra i 9 ed i 10 miliardi di euro tenendo conto di almeno due miliardi di mutui contratti con la Cdp ma non contabilizzati nel bilancio comunale perchè “garantiti” dai trasferimenti della Regione al Comune”. Gli altri punti deboli del bilancio sono dovuti alla gestione delle numerose società partecipate (81 società con 26 mila dipendenti) alcune necessitano ricapitalizzazioni, alcune vantano crediti nei confronti dell’ammnistrazione. L’Ama sarebbe quella in condizioni peggiori con debiti attorno al miliardo di euro a fronte di un capitale sociale di 70 milioni.

Altra situzione critica è quella di Trambus su cui pesano soprattutto i mancati traferimenti dovuti dalla regione.

IL DECRETO SALVA ROMA CAPITALE UN ORDINARIO CASO DI DEROGHE STRAORDINARIE

Negli stessi giorni avvengono i primi contatti e incontri sul tema tra il nuovo sindaco e il governo, nelle persone di Tremonti, Letta, Maroni, Calderoli.

L’ipotesi della deliberazione di “dissesto finanziario” da parte del consiglio comunale, con l’avvio della conseguente procedura e di tutti gli atti obbligatori previsti dal titolo VIII del  TUEL, compare in un articolo di Foschi e Menicucci sul Corriere del 6 giugno 2008. In questa ricostruzione mentre Alemanno starebbe valutando l’ipotesi di seguire la suddetta procedura prevista dalla legge, Tremonti e in particolare Letta, che il 5 maggio avrebbe avuto uno scambio di vedute sul problema con Veltroni, sarebbero più propensi trovare un’altra soluzione. La dichiarazione di “dissesto finanziario” sarebbe un schiaffo troppo grosso a Veltroni e “peserebbe come un macigno sulle possibilità di dialogo tra Berlusconi e il Pd”.

L’incontro decisivo, perché precede di poche ore il summit dei ministri con Berlusconi sulla successiva manovra e sullo stesso provvedimento su Roma, pare sia avvenuto il 12 giugno nello studio di Fini, presenti Tremonti, Calderoli e Alemanno. La soluzione “alternativa” concordata è contenuta nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) e relativa legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.

Art. 78-Disposizioni urgenti per Roma capitale

1. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi strutturali di risanamento della finanza pubblica e nel rispetto dei principi indicati dall’articolo 119 della Costituzione, nelle more dell’approvazione della legge di disciplina dell’ordinamento, anche contabile, di Roma Capitale ai sensi dell’articolo 114, terzo comma, della Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Sindaco del comune di Roma, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, e’ nominato Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate, con esclusione di quelle quotate nei mercati regolamentati, e per la predisposizione ed attuazione di un piano di rientro dall’indebitamento pregresso.

2.Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: a) sono individuati gli istituti e gli strumenti disciplinati dal Titolo VIII del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di cui può avvalersi il Commissario straordinario, parificato a tal fine all’organo straordinario di liquidazione.

3. La gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008. Le disposizioni dei commi precedenti non incidono sulle competenze ordinarie degli organi comunali relativamente alla gestione del periodo successivo alla data del 28 aprile 2008.

4. Il piano di rientro, con la situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate di cui al comma 1, gestito con separato bilancio, entro il 30 settembre 2008, ovvero entro altro termine indicato nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui ai commi 1 e 2, e’ presentato dal Commissario straordinario al Governo, che l’approva entro i successivi trenta giorni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, individuando le coperture finanziarie necessarie per la relativa attuazione nei limiti delle risorse allo scopo destinate a legislazione vigente. E’ autorizzata l’apertura di una apposita contabilità speciale. Al fine di consentire il perseguimento delle finalità indicate al comma 1, il piano assorbe, anche in deroga a disposizioni di legge, tutte le somme derivanti da obbligazioni contratte, a qualsiasi titolo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, anche non scadute, e contiene misure idonee a garantire il sollecito rientro dall’indebitamento pregresso. Il Commissario straordinario potrà recedere, entro lo stesso termine di presentazione del piano, dalle obbligazioni contratte dal Comune anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. Per l’intera durata del regime commissariale di cui al presente articolo non può procedersi alla deliberazione di dissesto di cui all’articolo 246, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

7. Ai fini dei commi precedenti, per il comune di Roma sono prorogati di sei mesi i termini previsti per l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2007, per l’adozione della delibera di cui all’articolo 193, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e per l’assestamento del bilancio relativo all’esercizio 2008.

8. Nelle more dell’approvazione del piano di rientro di cui al presente articolo, la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. concede al comune di Roma una anticipazione di 500 milioni di euro a valere sui primi futuri trasferimenti statali ad esclusione di quelli compensativi per i mancati introiti di natura tributaria.

 

MANOVRE DI OTTIMISMO: IL PIANO DI RIENTRO DEL SINDACO COMMISARIO E IL “VITALIZIO” DEL GOVERNO A ROMA CAPITALE

29 settembre 2008 Alemanno dopo aver “fatto la fotografia della situazione economico-finanziaria” al 28 aprile 2008, sottopone a palazzo Chigi il suo piano di rientro dall’indebitamento pregresso dopo averlo presentato in tribunale. In aula Giulio Cesare il sindaco esordisce definendo quel giorno “il giorno della verità”, invitando nella sua replica tutti gli schieramenti alla responsabilità, a porre fine alle polemiche “perchè la cità merita un Governo diverso e un’attenzione, dal punto di vista economico, più puntuale e ponderata”.

Il debito totale del Comune di Roma ammonta a 8 miliardi 646 milioni di euro, composto da 6 miliardi 980 milioni di debito strutturale e un miliardo 816 milioni del cosiddetto extradebito. “Le voci principali che compongono questa parte sono tre: la prima, secondo il piano di rientro, ammonta a 700 milioni di euro e deriva da debiti derivati da contenziosi (per esempio terreni espropriati); la seconda voce riguarda i fondi necessari per la ricapitalizzazione di alcune delle società partecipate dal Comune, per circa 70 milioni di euro; la terza, la più cospicua, supera gli 800 milioni e rigurda altri debiti cosiddetti “fuori bilancio” (tra questi anche crediti vantati dalle società della holding capitolina e approvati dai bilanci dallo stesso Comune, che però il Campidoglio non ha mai pagato”. Tre gli strumenti fondamentali utilizzati nel piano di rientro: stop al piano di assunzioni già approvato dal Comune; snellimento della holding Comune di Roma, con una riduzione delle aziende del 25% (accorpamento di Me.tro e Trambus, snellimento di Atac, privatizzazioni); maggiore efficienza nel recupero di imposte e tariffe, in particolare della Ta.ri.).

Il nuovo bilancio, quello dal 29 aprile in poi, decolla però molto ingessato: a fronte di 3,2 miliardi il comune deve affrontare spese correnti per circa 3,2 miliardi (personale e servizi) oltre a 100 milioni di oneri sul debito di 1,2 miliardi di euro per finanziare gli investimenti in corso. Ma Alemanno è ottimista: “[…] La fase commissariale ha imposto un momento di rallentamento, ha congelato investimenti, spese, pagamento delle fatture. Ora, archiviato il passato siamo pronti a ripartire a due condizioni: non ripeteremo l’errore di riprodurre uno scollamenteo tra la sostenibilià economico-finanziaria del Comune e lo sviluppo come è stato finora e imposteremo per la prima volta una vera politica di programmazione per collegare le varie aree di intervento” (Sole 24 ore 27 settembre 2008).

5 dicembre 2008 il Presidente del Consiglio approva formalmente il piano di rientro presentato alla fine di settembre dal sindaco Alemanno nella veste di commissario straordinario. “Con un decreto – si legge nel comunicato ufficiale di palazzo Chigi – il presidente del Consiglio ha autorizzato il commissario straordinario ad adottare tutti i provvedimenti necessari e opportuni per l’attuazione e la gestione del piano di rientro, procedendo alla liquidazione e al pagamento”.

Alemanno: “Grazie a questa firma il Comune di Roma evita il dissesto finanziario e gestisce, con l’aiuto del Governo, il debito di 8 miliardi e 600 milioni di euro ereditato dalla precedente amministrazione. E’ veramente un evento storico per il Campidoglio che rimette i conti in ordine. Possiamo dire che in questo giorno rinasce il Comune di Roma, con la prospettiva di diventare capitale d’Italia, grazie all’emendamento approvato dal Governo sul quale si sta trovando un’intesa istituzionale con la Regione Lazio e la Provincia di Roma”.

6 dicembre 2008 in un intervista a Repubblica l’assessore al bilancio Castiglione dichiara la sua sodisfazione per l’approvazione del piano da parte del governo, per il fatto che il contributo, ordinario e annuale, di 500 milioni di euro dal governo costituisce una sicurezza per le casse del comune per il futuro. Nel frattempo proseguendo nella ricognizione dei conti, rispetto alla situazione contenuta nel piano, è emerso un altro miliardo circa di debito. Alla domanda se il comune di Roma sarebbe fallito senza l’intervento del governo risponde: “Questo non lo so. Certo mi piacerebbe sapere come si sarebbe potuto far fronte a 9,6 miliardi di euro di debiti e a 3 miliardi di spesa corrente con soli poco più di 3 miliardi di entrate”.

18 dicembre 2008 il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), come avviene anche per il comune di Catania al quale vanno 140 milioni di euro, delibera lo stanziamento dal Fondo Aree sottoutilizzate, dei 500 milioni attesi dal Campidoglio. Tale stanziamento può avvenire ai sensi del decreto legge 7 ottobre 2008, n. 154. Art. 5, comma 3 (convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2008, n. 189) il quale prevede “che le assegnazioni a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate disposte dal questo Comitato con la richiamata delibera n. 92/2008 possono essere utilizzate anche per le finalità di cui all’art. 78, comma 8, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, ovvero per ripianare disavanzi, anche di spesa corrente e […] che in sede di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, a decorrere dall’anno 2010 viene riservato prioritariamente a favore di Roma capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro”.

27 marzo 2009 viene approvato nella notte dal consiglio il primo bilancio sotto la giunta Alemanno. Il bilancio totale ammonta a 5 miliardi e 715 milioni di euro. Di questi 3 miliardi e 515 milioni sono destinati alla spesa corrente e 2 milioni e 200 mila per gli investimenti. I fondi per i servizi sociali ammontano a 605 milini di euro. Per la viabilità e i trasporti gli investimenti passano da 602 milioni a 789 milioni di euro, con uno stanziamento di fondi per la realizzazione delle linee metro B1 e B2 che in sede di approvazione in giunta non erano presenti. In particolare, la Metro B1 nel tratto tra Conca d’Oro-Jonio, sarà interamente finanziata con 220 milioni di euro, contro i  35 previsti all’inizio. Per la B2, nel tratto Rebibbia-Casal Monastero, vengono mantenuti i 167 milioni già previsti. Dato che per realizzarla però serviranno 560 milioni, si ricorrerà al project financing. Previsti 163 milioni per la metro C a carico del Comune più l’accantonamento fino oltre al 2011. Previsto un sostegno per le imprese romane di 10 milioni di euro. Tre milioni che andranno a sostegno delle botteghe storiche della capitale. Per l’illuminazione dei quartieri periferici sono stati stanziati 5 milioni di euro, e un milione andrà ai luoghi di culto. Ai Municipi andranno 10 milioni in più complessivamente, raggiungendo 231 milioni di euro.

DIMISSIONI E OMISSIONI

giugno 2009 dimissioni dell’assessore al bilancio Castiglione, tra le motivazioni vi sarebbero divergenze e contrasti con il sindaco, e con alcuni “uomini forti” a lui vicini (i parlamentari Pdl Rampelli, Augello, Piso), in materia di controllo e nomine nelle aziende partecipate (il rifinanziamento di Risorse per Roma e di Farmacap, la nomina alla presidenza di Acea Spa di Cremonesi) e di attuazione di una politica di rigore finanziario per proseguire sulla strada del risanamento. Castiglione, già capo di gabinetto di Alemanno al ministero delle politiche agricole, si dimette con una lettera contenente le motivazioni il giorno prima delle elezioni europee, la notizia viene smentita fino all’individuazione del successore una settimana dopo le elezioni.

Castiglione è sostituito dal Leo deputato Pdl, ex An, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

27 settembre 2009 il deputato Pd Causi, ex assessore al bilancio della giunta Veltroni, scrive su Repubblica in merito alle difficoltà che l’amministrazione sta incontrando per ottenere i 500 milioni di euro del piano di rientro: “[…] La stabilizzazione del contributo da parte dello Stato ha una copertura normativa, ma non ha ancora copertura finanziaria a partire dal 2010. Poichè queste risorse non sono destinate a finanziare i servizi e gli investimenti necessari alla città, ma a coprire il piano di rientro – e questo è l’errore originario di Alemanno, che di soldi aveva certo bisogno ma li ha ottenuti in cambio di una montatura politica contro la precedente amministrazione – tutta la questione gira intorno alla gestione commissariale del Comune, e non alla gestione ordinaria. Va detto che la gestione commissariale brilla per assenza di trasparenza. Quali e quanti dei famosi debiti fuori bilancio denunciati più di un anno fa sono stati effettivamente ritenuti legittimi?  Come sono state spese le due annualità straordinarie già trasferite dallo Stato? Non è dato sapere. Il Comune non ha ottemperato a un indirizzo del Parlamento che, all’approvazione della norma speciale per Roma, chiedeva la Sindaco di rendere noti i conti della gestione commissariale in allegato al bilancio ordinario [….] Il governo deve conferire alla gestione commissariale solo e soltanto il “giusto”, e quindi le risorse necessarie a rifinanziare il debito storico e a colmare l’eventuale squilibrio che, dopo definitivi accertamenti di legittimità, dovesse emergere dalla fotografia del bilancio all’aprile 2008. Non si devono, con quelle somme, finanziare spese ordinarie, né obbligazioni e debiti emersi successivamente. Il Partito Democratico chiederà che il Governo venga in Parlamento a riferire sul piano di rientro del Comune, rispondendo alle tante interpellanze dpositate ormai da mesi e rendendo così pubblici i risultati delle verifiche realizzate”.

È DI NUOVO EMERGENZA!

12 ottobre 2009 Alemanno e Leo assicurano di essere stati tranquillizati da Tremonti sul fatto che i 500 milioni scomparsi dalla finanziaria rientreranno in un successivo provvedimento “Il problema è più politico” avrebbe detto confidato Alemanno, e la Lega starebbe ostacolando l’operazione per ottenere concessioni e rassicurazioni in vista delle regionali 2010.

22 ottobre 2009 L’assessore Leo rispetto all’ipotesi che i 500 milioni possano arrivare sotto forma di immobili dallo Stato: “L’importante è che ci sia liquidità per gennaio altrimenti saltano gli equilibri finanziari. Qualunque formula si pensa, qualunque soluzione si appronta per noi va bene. Basta che si trovi liquidità per gennaio”.

Dicembre 2010 nella legge finanziaria 2010 (art. 2 comma 195, legge 191/2009) “Al fine di contribuire al raggiungimento degli obbiettivi di finanza pubblica, per l’anno 2010, nei limiti del trasferimento o del conferimento degli immobili di cui al comma 190 [immobili difesa da conferire o trasferire, con decreto ministro Difesa, a fondi appositamente creati], è attribuito al comune di Roma, anche attraverso quote dei fondi di cui al comma 189, un importo pari a 600 milioni di euro”. Al comma successivo 196 si concede al comune di Roma per l’anno 2010 “un anticipazione di tesoreria per le esigenze di cui all’art. 78 del decreto-legge 22 giugno 2008, n. 112, fino a concorrenza dell’importo di cui al comma 195 del presente articolo per provvedere, quanto a 500 milioni di euro al pagamento delle rate di amortamento e degli oneri di parte corrente relativi ad oneri di personale, alla produzione di servizi, e all’acquisizione di servizi e forniture compresi nel piano di rientro approvato con decreto PCM 5 dicembre 2008. E’ previsto il conferimento entro gennaio 2010 di una prima rata di 200 milioni.

3 marzo 2010 Il Sole 24 ore: “[…] un macigno da 10, 12 e più miliardi. A tanto ammonta, stando a stime in attesa di conferma, il debito finanziario pregresso del comune di Roma in gestione commissariale, sommato al debito della gestione ordinaria con prestiti flessibili, alla mole dei contenziosi con i fornitori e non solo, alle partite in sospeso degli strumenti derivati fuoribilancio […]. La Ragioneria generale dello stato nel 2008 aveva evidenziato un debito «programmato» (non solo finanziario) fino a 9,7 miliardi. A questo potrebbero aggiungersi altri 1-2 miliardi, anche a causa dei contenziosi persi. Intanto il debito finanziario della gestione ordinaria orbita attorno ai 1,5 miliardi: la nuova contabilità dei prestiti flessibili fa lievitare ulteriormente il conto.

Il Campidoglio continua a pagare fornitori e onorare i prestiti (le rate di ammortamento dei mutui sono pari a 565 milioni l’anno) e anticipa i trasferimenti dello stato: l’ultima tranche da 500 milioni, trasferita tramite immobili da valorizzare, ha fatto scricchiolare l’intero impianto della inedita doppia gestione commissariale e ordinaria affidata al sindaco Gianni Alemanno. Una situazione insostenibile: in mancanza di «trasferimenti stabili e strutturali» dello stato (500 milioni l’anno a caccia di copertura annuale) il comune non riesce ad ottenere dalla Cassa depositi e prestiti un’anticipazione da circa 2 miliardi per sanare i conti del passato con fornitori sempre più agguerriti e azioni giudiziarie giunte in fase esecutiva”.

28 marzo 2010 l’Unità: “Come si è passati da un debito di 6,8 miliardi di euro ai 9,5 denunciati da un Alemanno appena insediato, fino agli oltre 12 che molti oggi paventano? La chiave è nascosta tra le incompetenze, […] su cui spica la scrsissima trasparenza: perché, infatti, Alemanno non ha mai pubblicato il bilancio straordinario del Comune, quello dedicato al risanamento, malgrado il Parlamento con un ordine del giorno votato dai due schieramenti gli abbia chiesto espressamente di farlo?”

Il quadro della situazione è reso candidamente ma realisticamente dalla squadra di parlamentari Pdl (ex An), stretti consiglieri di Alemanno, Marsilio, Augello, Rampelli,  lo stesso assessore al bilancio Leo: “Arriva un momento in cui una causa in più persa in tribunale, una scadenza di credito importante associata a una momentanea mancanza di liquidità in cassa può provocare un disastro, ed è quello che si rischia”

UN NUOVO COMMISSARIO DEL GOVERNO PER RI-FARE CHIAREZZA

Gianni Alemanno, 28 febbraio 2010 Corriere della Sera: «Tra le varie cose di cui abbiamo parlato con il ministro Tremonti, c’è una norma ponte che prevede la nomina di un nuovo commissario», ha detto il sindaco a margine della vista a L’Aquila (dove il Campidoglio ha portato fondi per la ricostruzione raccolti fra i romani), commentando l’incontro di venerdì con il ministro dell’Economia. Interpellato poi sull’approvazione del bilancio comunale, Alemanno ha spiegato che “sarà legato alla nomina del nuovo commissario, quindi verrà rinviato in maniera tale da non avere più commistioni tra piano di rientro e il bilancio comunale, che devono necessariamente viaggiare su binari separati. Abbiamo stabilito di fare una norma ponte nel decreto sulla finanza locale che è in corso di approvazione in Parlamento e completarlo a giugno nel corso della manovra finanziaria.”

La “soluzione” a cui si riferisce Alemanno si trova nel DDL di conversione del Decreto legge 2/2010 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni”, “decreto taglia sprechi” per la stampa più filogovernativa e leghista, accusato di strangolare i comuni dall’Anci e da molti sindaci anche di centrodestra e anche leghisti.

«Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nominato un Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, e successive modificazioni, gestito con separato bilancio e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2008. A partire dalla data di nomina del nuovo Commissario, il sindaco del comune di Roma cessa dalle funzioni di Commissario straordinario del Governo per la gestione dello stesso piano di rientro. Il Commissario straordinario del Governo procede alla definitiva ricognizione della massa attiva e della massa passiva rientranti nel predetto piano di rientro. Per il comune di Roma, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono fissati i nuovi termini per la deliberazione del bilancio di previsione per l’anno 2010, per l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2009, per l’adozione della delibera di cui all’articolo 193, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, e per l’assestamento del bilancio relativi all’esercizio 2010. Ai fini di una corretta imputazione al piano di rientro, con riguardo ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 248 e al comma 12 dell’articolo 255 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000, il primo periodo del comma 3 dell’articolo 78 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 2008, si interpreta nel senso che la gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008, anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data».

Dopo poco più di un anno e mezzo dalla nomina di Alemanno a commissario straordinario per la ricognizione della situazione economico-finanziaria e per la predisposizione di un piano di rientro, dopo l’approvazione con decreto di tale piano e lo stanziamento di un primo miliardo di euro da parte dello Stato non è conosciuta esattamente l’entità del debito del Comune di Roma, al punto che, su richiesta dello stesso Alemanno, il governo dispone con nuovo decreto la nomina di un altro commissario che provvederà a una nuova ricognizione della massa attiva e passiva della gestione commissariale. Alla gestione commissariale saranno attribuite tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino al 28 aprile 2008, data di insediamento della Giunta Alemanno, anche se accertate o liquidate successivamente a quella data.

Tutta la vicenda avviene all’insegna della deroga, e anzi della distorsione tramite decreto, della ratio delle norme del titolo VIII del TUEL, che prescrivono gli atti obbligatori in caso di dissesto finanziario di enti locali. Tali norme indicano tempi, modi e strumenti per l’individuazone di un piano di risanamento e il ruolo degli organi ordinari e straordinari che assumo determinate e precise responsabilità e competenze di fronte alle istituzioni dello Stato e ai cittadini in merito al dissesto finanziario dell’ente locale. Al di fuori della legge è qualsiasi ipotesi di separazione della gestione corrente dal conto patrimoniale, altrettanto estranea alla normativa l’individuazione di un termine temporale a partire dal quale si faccia gestione contabile e amministrativa regolare liberandosi degli oneri conseguenti la gestione precedente.

La normativa sugli enti locali prevede che la Corte dei Conti, che deve essere tempestivamente informata con relazioni degli organi revisori, possa stabilire l’esclusione da determnati incarichi degli amministratori ritenuti responsabili di aver contribuito al dissesto con azioni o omissioni.

Con la condotta del’amministrazione e del governo, contraddistinta dalla nomina di un commissario straordinario e da provvedimenti tampone sotto forma di elargizione di fondi statali, si sono ottenuti i “benefici” della situazione di “emergenza” facendo però strame della legge e non ottenendo alcun beneficio sui conti.