testo del governo sui Dico non è ancora arrivato a Palazzo Madama. Ma il dibattito sta già tracimando, fuori dal Senato. «Io amo pensare alla Chiesa che si occupa delle cose di Dio», fa sapere il ministro della Famiglia Rosy Bindi dalla sua missione in India, insieme con il premier Prodi. E la sua suona ancora come una chiara presa di distanza : dagli «anatemi» vaticani, lei che è l’autrice del provvedimento insieme con il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini.
Per via di quel disegno di legge delle coppie di fatto, il cardinale Camillo Ruini ha tuonato più e più volte, fino ad arrivare ad annunciare una nota d’Oltretevere: sarà vincolante per i cattolici, ha mandato a dire, alludendo al voto per questo provvedimento, varato il 9 febbraio da Palazzo Chigi. E Rosy Bindi ha sorriso: «Se Ruini la pensa bene esce bene». I cattolici, invece, si sono spaccati, immediatamente. In Parlamento, prima. E ora nella società civile.
Ad un appello lanciato da alcuni intellettuali cattolici progressisti (Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni, tra questi) che chiedono alla Cei di non mandare quella nota, è seguito subito un controappello promosso da un altro gruppo di cattolici conservatori, ma anche da laici (Vittorio Mathieu, Giuliano Ferrara e Francesco D’Agostino, ad esempio) . E questo quando il testo del governo sui Dico non è ancora arrivato a Palazzo Madama e in commissione Giustizia è tutto pronto per avviare la discussione sugli altri progetti di legge d’iniziativa parlamentare, nove in tutto, di ogni parte politica. Si riprenderà martedì prossimo, il 20 febbraio: «Chi c’è c’è…», ha mandato a dire ieri in toni scanzonati Cesare Salvi, che della commissione Giustizia di Palazzo Madama è il presidente, proprio mentre nell’aula di Montecitorio il vicepremier Rutelli stava rispondendo ad un question time sulla materia.
Anche il vicepremier tende a difendere il provvedimento Bindi-Pollastrini dagli interventi della Cei, compresa la nota annunciata dal cardinal Ruini. Secondo Rutelli, infatti, questi interventi non minano la libertà dei parlamentari cattolici. Non possono minarlo perché c’è la Costituzione a garantire la libertà di coscienza. Di più: «I dibattiti Dico non mettono in discussione i rapporti tra lo Stato e Chiesa Cattolica». Ma i problemi non finiscono qui.
Il testo di legge del governo deve ancora arrivare a Palazzo Madama. Cosa succederà, tuttavia, quando il provvedimento varcherà la soglia della commissione? «Il testo non è blindato, può essere migliorato con l’esame parlamentare», apre cautamente il vicepremier della Margherita Rutelli, annunciando che sul disegno di legge è escluso il voto di fiducia. Ma la strada è tutt’altro che spianata.
E non soltanto perché subito dopo la sua cauta apertura Rutelli, rilancia con un avvertimento: «Tuttavia non è consigliabile allontanarsi dall’impianto indicato dal programma della coalizione». Quel testo del governo rischia di essere subissato dagli emendamenti più disparati. Del resto è stata la stessa Barbara Pollastrini qualche giorno ad invitare i suoi amici della sinistra a «migliorare» il testo. E ancora ieri da Trieste mandava a dire: «Tutto può essere migliorato. Né la collega Bindi né io siamo gelose di quello che abbiamo fatto: la nostra è una proposta di legge che offriamo al Parlamento perché possa essere arricchita e migliorata, nella speranza che ce la restituisca in breve tempo».
Nell’attesa che il disegno di legge arrivi a varcare la soglia del Parlamento, è Erminia Mazzoni, vicesegretario dell’Udc, a far sentire la voce della maggioranza: «L’unica notizia confortante fornita dal vicepresidente Rutelli è che sui Dico il governo non porrà la fiducia».