RADICALI ROMA

Bindi: non è detto che Walter debba essere candidato premier

«Andare al voto da soli è un lusso che la situazione del Paese non ci consente».

 

 

 

Rosy Bindi, lei non crede nella sconfitta come purificazione?

 

«Ne abbiamo avute abbastanza, di sconfitte. E non ci hanno purificato per niente. Gli effetti buoni li anne­ghiamo nei nostri limiti, nei nostri vi­zi e anche in qualche peccatuccio. Preferisco purificarmi con le vittorie, io. Ma sia chiaro che noi siamo deter­minati a costruire un governo istitu­zionale per fare la legge elettorale».

 

 

 

Le urne però si avvicinano e Veltroni dice «io faccio il programma e chi mi ama mi segua».

 

«Il Pd deve presentarsi con la for­za e l’autonomia della sua proposta, ma in una coalizione i programmi si fanno insieme».

 

 

 

Coalizione? Al loft è parola tabù.

 

«La pazienza esercitata da Prodi non può essere richiesta mai più né a lui né a nessun altro e solo per que­sto la coalizione che ha sostenuto Ro­mano non potrà ripetersi. La forza dell’Ulivo è la vocazione a governare, ma non da soli».

 

 

 

Quindi pensate a una lista dei prodiani doc, magari con dentro i Verdi e Di Pietro.

 

«Fantasie, in questi giorni se ne sentono tante. Qualcuno può davve­ro pensare che Prodi, come ha detto Rovati, voglia Gianni Letta alla guida di un governo per le riforme?».

 

 

 

Ferrara ha sfidato Veltroni a far­si avanti.

 

«Non è elegante offrire un bocco­ne avvelenato a un leader che è stato un tuo interlocutore».

 

 

 

Non è vero che nel Pd c’è aria di scissione?

 

«Non esiste, nessuno verrà privato della fatica di costruire una unità vera. Il discorso è un altro, il Pd deve andare da solo o in coalizione?».

 

 

 

Lo dica lei.

 

«Posso dirle con chi non ci potre­mo alleare mai più. Mastella, Dini, Scalera, Fisichella, Turigliatto…».

 

 

 

Radicali, socialisti e dipietristi possono entrare?

 

«Per me vocazione maggioritaria vuoi dire vocazione a governare con un programma coerente e condiviso, quel che si deve fare è dire subito con chi ci si allea».

 

 

 

Con Rifondazione, sì o no?

 

«Dipende da loro. La vocazione maggioritaria intesa come solitudi­ne può piacere a qualche partito che chiede il sistema tedesco per ripren­dersi la sua libertà».

 

 

 

Insisto, il Prc dentro o fuori?

 

«Il Pd deve avere un dialogo con la sinistra democratica Lo stato dell’Ita­lia non ci consente di tirarci fuori, tutti dobbiamo fare uno forzo. La co­alizione deve restare unita».

 

 

 

D’Alema ha dichiarato chiusa la stagione di Prodi.

 

«Sarebbe un suicidio politico dal quale prenderei le distanze. Io mi chiamo Rosy Bindi, ho fat­to una corsa per la segreteria autonoma da Veltroni e, mi par di capire, anche da D’Alema. L’ultima cosa che ci possiamo permette­re è creare discontinuità col governo Prodi, entreremmo in contraddizio­ne con noi stessi».

 

 

 

Si arrenda, la stagione dell’Ulivo è finita.

 

«n passato non torna, ma questo non significa perdere la forza e l’im­pronta di un progetto politico. Lo spi­rito dell’Ulivo non è morto e sepolto e il Pd in campagna elettorale non può che rivendicare i grandi risultati di questi venti mesi, dei quali pur­troppo gli italiani non hanno avuto il tempo di accorgersi».

 

 

 

Infatti. La popolarità di Prodi è molto bassa.

 

«Ha fatto un giro sui blog? La sua chiarezza per come ha gestito la crisi è stata apprezzata».

 

 

 

Non al vertice del Pd.

 

«Ma dagli italiani, sì. Non ce lo di­mentichiamo, Romano è l’uomo che per due volte ha battuto Berlusconi, lui è l’unico che ci è riuscito. Rutelli avrà pure fatto la rimonta nel 2001, ma fu sconfitto».

 

 

 

Prodi pensa di riprovarci?

 

«Avere Prodi come fondatore e presidente del Pd fa la differenza ri­spetto ad altre storie politiche. Nes­sun partito può vantare di avere co­me presidente una persona che ha il percorso politico e istituzionale di Prodi. Romano non può non essere protagonista della gestione di questa fase, come dell’apertura della campa­gna elettorale. E noi dobbiamo andar­ci a testa alta, convinti che la partita è aperta».

 

 

 

Veltroni è il vostro candidato pre­mier?

 

«Non è scontato, non c’è un auto­matismo. Dobbiamo mettere in cam­po una sintesi intelligente di novità e tradizione. Il Pd ha grandi risorse e una si chiama Veltroni, ma c’è anche Prodi e ci sono altri leader. Chi sarà il candidato premier è una scelta che noi faremo insieme».

 

 

 

Lo statuto dice che il segretario corre per Palazzo Chigi.

 

«Stiamo ancora discutendo. Fare lo statuto oggi non è come farlo quando le elezioni sono lontane…».