RADICALI ROMA

Boselli: Rutelli? Conversione dubbia

di Fabio Martini

Per cinque anni Enrico Boselli è stato il leader di partito più vicino a Romano Prodi, ma ora davanti all’improvvisa rifioritura dell’ulivo, il presidente dello Sdi sostiene di non essere pentito ad aver scommesso sull’alleanza con i radicali: «La nostra non è stata una ritirata, ma una scelta strategica. La nuova forza radical-socialista si colloca proprio nel punto in cui l’Ulivo è entrato in crisi. Riproporlo acriticamente significa imboccare una scorciatola elettorale».

 

 

 

 E seconda lei perché quel progetto sarebbe entrato in una crisi ancora irrisolta?

 

 «E’ entrato in crisi per la difficiltà di mettere assieme in una stessa formazione laici e cattolici ma soprattutto per una scelta della Margherita molto profonda: la divisione del lavoro tra sinistra e centro. Con un centro che sta nel calco cattolico-democratico. Dopo quella scelta, Rutelli ha preso le note posizioni sulla fecondazione e le gerarchie ecclesiastiche sono intervenute sui principali problemi del Paese».

 

 

 

 Rutelli propone un obiettivo storico – far nascere il partito democratico fra pochi mesi – ma pensa di arrivarci con liste unitarie solo in una Camera: le sembra un tragitto lineare?

 

 «No. Siamo davanti ad una scelta che la Margherita subisce. Una scorciatoia presa perché non ne puo fare a meno, anche se si continua a coltivare un progetto del tutto diverso da quello di Prodi che vuole una grande forza riformista».

 

 

 

 L’ha stupita la velocità con la quale Rutelli ha invertito una impegnativa decisione assunta a maggioranza?

 

 «Non ho diritto di giudicare scelte della Margherita che ho rispettato anche quando non mi sono piaciute. Però dietro queste improvvise conversioni non vedo una scelta strategica».

 

 

 

 A Prodi, che lei ha sostenuto in momenti difficili, che consiglio si sente di dare?

 

 «A Prodi, che continueremo a sostenere con la stessa lealtà ed amicizia e il cui risultato alle Primarie mi ha reso davvero felice, dico: la tua idea di dare al riformismo quella vocazione maggioritaria mai avuta in Italia, è un grande progetto che noi condividiamo. E se si concretizzerà sara apprezzato da noi radical-socialisti e potremo anche ricongiungerci. Ma fatico a pensare che quel progetto si realizzi grazie ad una lista elettorale fatta più per necessità che per convinzione».

 

 

 

 Ds e Margherita non sono Dc e Pci, ma il nuovo Ulivo senza di voi nasce nell’alveo catto-comunista?

 

 «No. I Ds soprattutto grazie a Fassino – e non solo a lui – hanno compiuto un cammino importante. Però sarà interessante capire che atteggiamento avranno sui temi della laicità dello Stato, diventati decisivi in una societa multietnica».

 

 

 

 Che effetto le fa lasciare politici “prevedibili” come Prodi o Fassino per affidarsi ad un personaggio come Pannella sempre così insofferente verso i partner?

 

 «Con Marco, Emma, Capezzone e Cappato non abbiamo bisogno di parlarci a lungo. Con loro c’è confidenza. Quando Marco mi chiama il sabato e mi chiede se sono arrivato a Bologna dai miei figli, mi chiede delle cose intime che sei mesi fa non avrei immaginato. Io, noi, in questi anni così difficili ci siamo un po’ logorati e trovare compagni così appassionati, mi da forza».

 

 

 

 Dunque non cambiate idea, puntate sul nuovo soggetto?

 

 «Noi vogliamo far nascere una nuova forza radicale e socialista, un soggetto che punta alla difesa della laicità dello Stato, alla difesa dei diritti civili che ci sono e alla conquista di nuovi. Una forza che guardi al futuro e non sia un’associazione di reduci o di ex combattenti».

 

 

 

 Ci sono ancora forti resistenze ai radicali…

 

 «I radicali rappresentano la migliore tradizione liberale di questo Paese e in questi anni si è sentita la loro assenza dal Parlamento, rimasto un passo indie tro rispetto al Paese. Era sempre accaduto il contrario: i referendum su divorzio e aborto furono chiesti dalla destra contro leggi decise in Parlamento».