RADICALI ROMA

Capezzone ultimo figlio del prolifico amore e odio tra il Cav. e Pannella

Secondo qualcuno i radicali hanno contribuito di più a costruire i partiti degli altri che il proprio. E basterebbe ricordare quanti, tra i giovani sbocciati all’ombra tanto generosa quanto ingombrante di Marco Pannella, hanno poi impollinato di radicalismo, ciascuno con modi e fortune diverse, la politica italiana. Benedetto della Vedova, Giuseppe Calderisi, Marco Taradash, Francesco Rutelli, Elio Vito, Giovanni Negri, Willer Bordon, eccetera. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Daniele Capezzone. L’ex ragazzo prodigio ha infatti raccolto l’invito del nuovo partito berlusconiano: “Farò il possibile per mettere a disposizione gli obiettivi liberali del mio network”. Un’affermazione che sa di adesione, la logica conseguenza della sua fuoriuscita dal centrosinistra. Perché Capezzone a Prodi ha contestato d’aver fallito proprio su quegli obiettivi liberali (dunque radicali) oggi “a disposizione” d’una Forza Italia che nelle intenzioni di Berlusconi s’annuncia più giovane, più femminile e forse persino più liberale. Così forse Capezzone invera l’assioma dei giovani e brillanti che mollano la casa radicale per crescere altrove, ma allo stesso tempo conferma l’antica passione del Cav. per la stirpe pannelliana. Perché nel giorno in cui Berlusconi annuncia un’operazione di grande impatto, che comporta persino la rinuncia all’irrinunciabile bipolarismo, il radicale (e crediamo maggioritario, anche perché promotore del referendum) Daniele Capezzone ne raccoglie lo spirito con quell’aria pratica ed energica propria delle Emma Bonino e dei Marco Pannella: “Gli obiettivi liberali del mio network”.

Capezzone nel partito delle libertà riannoda un legame ideale, che conferma l’affinità, pur nei non idilliaci rapporti personali con Pannella, tra know how radicale e inventiva berlusconiana. Fu infatti il Cav. a volere “la capace” Bonino nella Commissione europea. E come non ricordare, poi, che nel 1994, agli albori del Polo delle libertà, il Cav. chiamò a sé i radicali, come ancora li corteggiò (pur senza successo) nel 1996. E così via, fino alle regionali del 2005. Un rapporto di lasciate e riprese persino contro il parere d’alleati di peso come Umberto Bossi. Un’attrazione che da parte di Berlusconi non ha apparentemente subito soluzione di continuità. Tanto che l’alleanza di Pannella con Prodi, nel 2006, fu vissuta quasi come un tradimento affettivo: “Ma che ci fanno dall’altra parte – si chiedeva il Cav. – Spero che almeno i loro elettori siano coerenti”. D’altra parte Pannella lo ha recentemente rivendicato: “Abbiamo fatto vincere Prodi col nostro milione di voti”. Insomma forse non è un caso che persino il termine caldo e inclusivo di “Casa delle libertà” abbia una storia radicale. Già perché Berlusconi lo coniò rivolgendosi, ancora una volta, al grande capo bianco dei radicali: “Marco vieni con noi, nella Casa della libertà”. Ma ieri Pannella ha chiuso il cerchio. Ha accusato Berlusconi d’aver “tradito” il bipolarismo e, schernendo sia il neonato partito della libertà sia il figliol prodigo Capezzone, ha forse voluto esorcizzare l’intensità del doppio filo che tiene assieme i radicali liberali e il berlusconismo della libertà. “Quello di Berlusconi è un partito peronista che non vale molto di più del Pd – ha detto sarcastico – una roba nella quale vedo bene Capezzone tra i leader”. Così un autorevole ex radicale, da anni nel centrodestra di Berlusconi, chiosa malinconico: “E’ la nemesi di Pannella e al contempo la tragedia del partito radicale, una creatura che lui schiaccia per troppo amore e voglia di possesso”.