RADICALI ROMA

Cappato:Noi libertari contro il potere clericale

 

 

Mentre la chiesa usa sempre più spesso l’artiglieria pesante per attaccare ciò che resta dello stato laico, a sinistra è molto diffuso il fair play dialogante con le gerarchie ecclesiastiche. L’annunciata nascita di un soggetto politico radicale e socialista fondato sulla laicità potrebbe dunque portare un po’ d’aria in un panorama caratterizzato dallo strapotere delle lobby cattoliche. Ne parliamo con Marco Cappato, segretario dell’Associazione radicale Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che è uno degli esponenti politici impegnati nel dare vita a questa nuova costola dell’Unione.

 

C’è un’emergenza laica in Italia?
Direi che c’è un’emergenza clericale, più che un’emergenza laica. La politica clericale sta assumendo una forza e una consistenza che sono sotto gli occhi di tutti. E lo si capisce già dalla lettura distorta che viene data dal conflitto in corso, rappresentato come scontro tra laici e cattolici. Non è così: noi riteniamo che chi è cattolico, deve essere laico. Altrimenti è un fondamentalista.
Ma perché, secondo te, la tendenza a genuflettersi si è così diffusa anche a sinistra?
Con la cosiddetta crisi delle ideologie, la debolezza sul piano ideale dei partiti politici ha reso più facile trovare nel Vaticano una riserva di valori, obiettivi ed emozioni che i partiti sentono di non essere più in grado dare, come si è visto bene con papa Wojtyla. C’è invece una specie di sfiducia nella possibilità di costruire consenso intorno a ideali libertari. E poi, ovviamente, c’è il potere dei soldi. La quantità di denaro e privilegi che la chiesa è riuscita a ottenere da Stato e Parastato negli ultimi anni è incredibile. Credo che quasi nessuno in Italia sappia che con il meccanismo truffaldino dell’8 per mille la Chiesa si assicura un miliardo di euro l’anno, incassando l’80% delle risorse disponibili anche se il solo il 30% dei contribuenti dichiara a chi vuole devolvere l’8 per mille.
Questo comunque non basta a spiegare la reverenza verso il potere religioso anche da parte di leader della sinistra laica…
È un problema di scelta politica dipende da su cosa si punta. Il Vaticano e la Cei non hanno nessuna egemonia nell’opinione pubblica, ma hanno una forte capacità di organizzare fette decisive di consenso sul territorio, visto che rappresentano la lobby politica più potente che c’è. La scelta sta tra rivendicare la popolarità di una cultura laica basata sulla libertà e la responsabilità individuale, che per inciso ha dato ottimi risultati negli ultimi decenni, oppure guardare alla classe dirigente e ai poteri organizzati. È chiaro che se questo o quel collegio si gioca sul 2 o 3 % dei voti, una lobby pur minoritaria nell’opinione pubblica diventa sul territorio un interlocutore obbligato.
Che spazio c’è per un soggetto politico laico-socialista e liberale nell’alleanza di centrosinistra?
Prodi dice che prima di allearci dobbiamo parlare di programmi. Ma si sa già quali sono i nostri programmi. Noi chiediamo diritto di cittadinanza per una regolamentazione dell’eutanasia, la legalizzazione delle droghe, le unioni civili, la Ru 486, il divorzio breve. E condividiamo questi obbiettivi con i socialisti, insieme ad altri che riguardano la politica economica e la politica internazionale. Non ci si può dire adesso “vediamo i programmi”. Alle regionali Prodi ha rifiutato l’alleanza con i radicali perché noi proponevamo di presentarci con il nome Radicali-Coscioni e questo evocava il referendum e lo scontro con le gerarchie. Oggi vogliamo creare un nuovo soggetto politico insieme allo Sdi, che fa già parte dell’Unione, e non ci sono più scuse.
Quindi tornate a sinistra. Ma in passato voi radicali avete appoggiato, o cercato di appoggiare, Berlusconi, oltre a scelte politiche di destra su economia e politica estera. Avete cambiato opinione?
Noi abbiamo cercato un’alleanza con Berlusconi basata su un progetto di riforma liberale delle Istituzioni e dell’economia. Questa alleanza non è stata possibile proprio perché Berlusconi, che all’inizio parlava di rivoluzione liberale, ha realizzato invece politiche di continuità con il corporativismo statalista.
Anche sulla pace c’è stata enorme distanza tra voi e la sinistra…
Rivendichiamo la differenza tra nonviolenza e pacifismo. Ovvero: va fatto tutto il possibile per creare un’alternativa alle soluzione violente (e le nostre lotto sono documentabili), ma quando ci si ritrova senza alternative come in Kosovo, pensiamo che l’utilizzo della forza è meglio dell’inerzia. Anche Gandhi lo pensava.
E sull’Iraq, come mai siete stati con Bush?
Noi non siamo stati con Bush. Non abbiamo appoggiato l’attacco militare e proponevamo una soluzione diversa: l’esilio per Saddam e la democrazia in Iraq. Certo, dicevamo anche che le piazze piene contro Bush rafforzavano Saddam. E abbiamo attaccato l’antiamericanismo (perché per noi la democrazia americana è un modello) e il fatto che si utilizzasse la parola pace senza prendersi carico della situazione di milioni di iracheni oppressi.
Oggi vi sentite più libertari che liberisti?
Siamo liberali, liberisti e libertari, questo è il connotato di questo soggetto laico-socialista-radicale. Le libertà economiche possono e devono essere coniugate con gli interventi sociali, a patto che non siano assistenzialismo burocratico ma investimenti sul futuro. Chiariamo poi che i liberisti non sono a favore dei potentati economici. Quando le multinazionali hanno come idea di governo dell’economia i monopoli, il liberista è contro. Casomai è lo statalista concertativo che è a favore.
Nessun pentimento insomma. Neppure pensate di aver sottovalutato il pericolo che Berlusconi rappresentava per la democrazia?
Ricordo un’assemblea-congresso radicale di una decina di anni fa in cui Pannella disse che Berlusconi e il suo schieramento, per un anno o due, non sarebbero stati pericolosi. Se poi però non si fosse realizzata la rivoluzione liberale, quel blocco politico rischiava di trasformarsi in tutt’altro. Quando le nostre speranze sono rimaste deluse non siamo certo rimasti con Berlusconi, anche se abbiamo rifiutato di fare le mosche cocchiere dell’unico collante politico della sinistra di questi anni: il mostro Berlusconi. Comunque abbiamo sempre denunciato il monopolio dell’informazione e il conflitto d’interessi.