Non è il primo libro su Sprecopoli. Ma è il primo scritto da due politici di sinistra, i senatori Ds Cesare Salvi e Massimo Vilone. Per questo «Il prezzo della democrazia» (Mondatori, dal 22 novembre in libreria), suscita già polemiche. Soprattutto a sinistra. «L’idea è nata dopo l’ordine del giorno che ho promosso al Consiglio nazionale con lo stesso Villone, Napolitano e Salvi – racconta Salvi -. Alcune reazioni nel partito mi avevano colpito: sembrava che noi fossimo venuti da un altro mondo. Allora ci siamo messi a lavorare».
Reazioni nei Ds dopo aver saputo del libro?
«Lasciamo perdere».
Richieste di copie?
«Qualcuna».
Smentite?
«C’è poco da smentire. Purtroppo i casi sono tutti veri. Nessuno ha contestato i fatti».
Anche lei avrà avuto dei consulenti: è vicepresidente del Senato, è stato ministro.
«Difficile dirmelo. Quando diventai ministro mi informai sui consulenti. E confermai la situazione che c’era».
Il problema è che uno di sinistra parla degli sprechi della sinistra.
«Il problema vale per tutti, ma è naturale che io parli della sinistra. Primo perché sono un uomo di sinistra, poi perché governiamo 16 Regioni su 20, 74 Province su 108, 5mila Comuni su 8mila. La questione morale ci riguarda».
C’è chi non vuol capirlo?
«La denuncia di Enrico Berlinguer, che per primo sollevò il problema, aveva un limite: la diversità antropologica dei comunisti. Io dico che non c’è: noi abbiamo una tradizione di buona amministrazione, ma non siamo antropologicamente diversi. Continuare a illudersi è rischioso».
Lo spreco più scandaloso?
«Ah, c’è l’imbarazzo della scelta… diciamo le ambasciate delle Regioni all’estero».
Dicono: abbiamo tali competenze che dobbiamo tenere i rapporti con altri Paesi.
«Ma quando mai? Nessuno Stato federale lo fa. Ha mai visto un ufficio della California a Roma? No. Allora che ci fanno le Regioni all’estero?».
A promuovere le imprese, a fare accordi, a sostenere le ragioni nei negoziati europei.
«A Bruxelles è giusto esserci. Ma basta un ufficio, una stanza con l’assistenza della rappresentanza italiana che funziona bene. Ma questi prendono interi palazzi, con tutto il cerimoniale diplomatico».
Che cosa è cambiato dopo Tangentopoli?
«Prima si trattava di reati. Ora ti dicono che è tutto legale. Vero, ma non ne risponde nessuno. La Corte dei conti può far poco, le assemblee non contano nulla, l’abuso d’ufficio è stato limitato. La magistratura? Per carità».
Ci sarebbe l’opposizione. «Ma se siamo al nuovo consociativismo: a Roma scontri selvaggi, sul territorio una commissione a me e una a te. Come in Campania, il caso da cui è nato il nostro ordine del giorno: l’opposizione di destra è stata zitta, altro che denunce».
Una parte del libro si occupa delle cause del fenomeno. Quali sono? «C’è un vizio di sistema che riguarda il rapporto tra etica e politica. Bisogna cambiare le leggi».
Quali?
«Per esempio quelle sul federalismo amministrativo e la riforma costituzionale del titolo V».
Ma vuole demolire tutte le riforme amministrative varate negli anni’90, e per giunta dal centrosinistra? «…e anche quelle successive del centrodestra, compresa la devoluzione quando sarà approvata».
Che cosa contesta nelle riforme amministrative (cosiddette Bassanini) e in quella costituzionale del centrosinistra?
«Hanno eliminato i controlli amministrativi, cancellate tutte le responsabilità, introdotto lo spoil system estraneo alla tradizione italiana. Tutto inseguendo la Lega e abusando del federalismo».
Ma il federalismo è il mantra della seconda Repubblica.
«Basta con i luoghi comuni: com’è stato inteso in Italia, il federalismo significa che ognuno fa qual che vuole. E poi con tutte queste riforme costituzionali, quelle del centrodestra e quelle del centrosinistra, lo vogliamo dire che il federalismo fiscale ancora non l’ha introdotto nessuno?».
E perché? «Perché il nostro federalismo è molto strano: si aumentano le competenze delle Regioni, ma sempre con i soldi dello Stato. Galan, il governatore veneto che vuole le stesse provvidenze del Trentino Alto Adige, deve capirlo che non è possibile dargliele. Sa quanto costerebbe?».
Ma secondo lei Galan ha ragione quando dice che l’autonomia speciale del Trentino non ha più una giustificazione storica?
«La questione è delicata, perché ci sono di mezzo anche trattati internazionali. Ma certo qualcosa si può modificare, senza preclusioni. Il problema è: quanta spesa pubblica possiamo permetterci? E per farne cosa?». Nel libro fa anche proposte. Ce ne dice una?
«Una semplice e a costo zero: una norma di spesa non entra in vigore se non è pubblicata su Internet. Dalle consulenze alle società pubbliche, con nomi, cognomi e stipendi: tutto. È incredibile che si nascondano questi dati in tutti i modi».
Che fine ha fatto la commissione speciale dei Ds istituita dopo il suo ordine del giorno?
«Ah, non deve chiederlo a me. So che hanno lavorato, però non ho ancora visto niente