Il problematico progetto di fusione tra Ds e Margherita apre, non c’è dubbio, uno spazio al tentativo di resurrezione socialista che Enrico Boselli sta provando in questi giorni a Fiuggi. Si deve dare atto al segretario dello Sdi della costanza e della sagacia con cui per oltre un decennio ha tenuto in vita la fiammella del defunto Psi. Ora però si tratta di spiccare il volo, di scommettere sulle possibilità di un risorto Psi, di uscire dalle miserie dei cespuglietti partitici dell’uno, due per cento per ritentare l’impresa di dar luogo a una decente socialdemocrazia di tipo europeo. Perché sennò, è chiaro, il giuoco non vale la candela. Come superstite della vecchia famiglia, esprimerò insieme al più sincero augurio per la difficile impresa, qualche osservazione che sarà regolarmente disattesa. All’elettorato di oggi i nomi dei partiti non dicono più nulla: conta quel che si è e che si fa. Lo stesso Sdi soltanto un anno fa provò la delusione del risultato elettorale della Rosa nel pugno, l’unione con i radicali che pure aveva suscitato molta curiosità e acceso molte speranze. La campagna elettorale fu dominata dai temi propri a Marco Pannella, i diritti civili, con un flebile accompagnamento laicista-anticlericale di Boselli. Risultato: il 2,5 per cento, ciò che può bastare a Marco per le sue battaglie profetiche ma non può bastare a un partito che voglia far politica. Ancora nei giorni scorsi, la televisione trasmetteva un messaggio di assoluta evidenza: la pattuglia dei partecipanti alla marcia per la moratoria della pena di morte, che arrivava a una piazza San Pietro gremitissima e osannante a un Papa che non rivolgeva ai radicali non diciamo un cenno, ma neanche un gelido sguardo da un chilometro di distanza. Ciò non toglie nulla alla nobiltà della battaglia radicale; significa solo che con questi temi si raccoglie il due per cento.
Se Boselli intende, come pare, impostare il nuovo partito sui Dico e simili, deve sapere ciò che lo aspetta. Il più grande e generale tema della laicità deve sempre rimanere sullo sfondo di un partito socialista, ed essere uno dei leit motiv del suo comportamento quotidiano: ma elettoralmente vale l’1 per cento.
Ancor più, un partito socialdemocratico deve guardarsi dal trombonismo sinistreggiante, dal socialismo visionario e dal massimalismo. Insomma, si deve ripartire da dove è stato fermato Craxi e da dove è arrivato Blair. Esiste infatti il pericolo che gli eventuali risorti socialisti, per rifarsi del tempo perduto e per far dispetto ai cugini ex comunisti del Pd, si facciano prendere dall’antica frenesia di mettersi «a sinistra del Pci», anzi, di reincarnare «la vera sinistra». Roba dei tempi del primo Nenni, quello che sbagliava nel 1948 e pagava poi per il resto della sua vita.
Non esiste un elettore che oggi si chieda se la tale iniziativa, il tal voto alla Camera, il tal decreto legge, sia di destra o di sinistra. Si chiederà invece se la presenza in Afghanistan sia utile, inutile o dannosa; se la nuova tassa sia giusta o se siano soldi sprecati o peggio rubati; se e come regolare la questione droga. Che poi la risposta sia qualificabile di destra o di sinistra non gliene importerà nulla, quel che vuole è la risposta giusta, cioè opportuna ed efficace.
La soggezione alla demagogia di sinistra è il tragico vizio che sta portando al fallimento il governo Prodi. Troppe promesse, troppe illusioni di miracolosi cambiamenti e di subitanee redenzioni, seminate a piene mani non tanto dal prudente programma delle trecento pagine, quanto dalla propaganda porta a porta delle diverse sinistre. E un anno dopo, le cocenti delusioni, le paurose contraddizioni, la confusione dei progetti, la babele delle lingue. E bastino le due ultime: l’affare Telecom e l’affare Mastrogiacomo. Due mostri di disordine mentale e d’incapacità politica. Questa è la sinistra da cui i socialisti si devono guardare.
Ma infine, in che cosa consiste il socialismo oggi? Nei prossimi anni, saremo sottoposti a decisive prove di sopravvivenza. Il clima e l’ecologia; la guerra razziale e religiosa a cui ci costringe l’Islam; la migrazione dei popoli che sta avvenendo in forme invasive e non integrabili; la globalizzazione dell’economia, per cui una crisi in borsa a Shanghai determina la crisi in borsa a Londra e una crisi politica in Medio Oriente determina la crisi dell’energia in Europa. E questo che causa l’insicurezza, la paura del futuro, per cui i giovani italiani (ed europei) non si sposano e non procreano.
Al confronto di questi problemi, quelli di un secolo fa, dei primi socialisti riformisti : pane e lavoro, il suffragio universale, i diritti della donna, sembrano oggi temi elementari. E c’era allora la grande speranza nella scienza, lo sviluppo della tecnologia, la fiducia nell’istruzione pubblica: Tutto questo infondeva ottimismo nei giovani, coraggio alle donne, fiducia ai lavoratori. Tutta questa somma di speranze ora non esiste più. Né esiste più «il partito» (socialista, comunista, fascista) generalista, con la risposta automatica per tutti i problemi della società: pretendere qualcosa del genere oggi è utopia. Così si può tentare un partito socialista, che contribuisca, per quel poco o tanto che potrà, ad affrontare questa impervia montagna. Se non ci riuscirà, ognuno continuerà a dire la sua dove si trova.