RADICALI ROMA

Chi ha il copyright sulla Resistenza?

Questo 25 Aprile è stato indimenticabile: ne sono successe di tutti i colori e quasi ogni partecipante è riuscito a far parlare di sé o a creare polemica. Facile, dopotutto, di questi tempi. Abituata alla noiosa contrapposizione fascisti-antifascisti, quest’anno l’Italia si è imbattuta nel marasma più totale: una Raggi in forma smagliante ha presieduto la manifestazione romana e, con la severità di una maestra a metà strada tra la sincera delusione e la rabbia, ha trovato il coraggio di redarguire una folla che fischiava e urlava. Tra questi c’erano i “compagni” del Partito Comunista, che hanno pensato bene di contestare il sindaco perché colpevole di “governare per conto dei padroni” e per questo di “non stare coi partigiani”. Pubblicando poi orgogliosi il video su facebook. Questo episodio, per quanto possa sembrare stupido, fa parte di una consuetudine ormai consolidatasi negli anni, per cui gli ambienti di sinistra “rivoluzionaria” ed“anticapitalista” tentano indefessamente di scostare dall’orgoglio della resistenza chiunque non la pensi come loro. Attenzione, non vicino a loro o similmente a loro, ma esattamente come loro. Convinti che l’Italia sia stata liberata non solo per disfarsi di una dittatura ma soprattutto per abolire il capitale e seguire l’Unione Sovietica, da anni distribuiscono patenti di antifascismo e altrettante ne rifiutano, come se avessero una voce in capitolo nel decidere chi può essere libero di considerarsi antifascista, di sinistra o partigiano. Già i Radicali a Macerata hanno dovuto subire una contestazione da parte dei manifestanti di Potere al Popolo, durante una marcia antirazzista. Il motivo sfuggì ai presenti: forse che non ci si può considerare antirazzisti se non si predica la dittatura del proletariato? Chi lo sa. Fatto sta che ad ogni ricorrenza o manifestazione che predica l’antifascismo, l’antirazzismo, la nonviolenza o la libertà, gli ambienti di sinistra anticapitalista non riescono a mandare giù il fatto che ci possano essere anche persone che condividono i loro valori, pur avendo idee politiche diverse. E anche questo 25 Aprile i “compagni” si sono considerati detentori esclusivi del diritto di rivendicare la liberazione dal nazi-fascismo. Come se fosse cosa loro. Molto probabilmente se incontrassero ad una manifestazione un partigiano delle brigate di Giustizia e Libertà, azionista liberale, che ha rischiato la vita sulle montagne per liberarci dai tedeschi e dalla dittatura, e ci scambiassero due parole, finirebbero per cacciarlo dalla manifestazione perché “non partigiano”. E al suo ribattere risponderebbero con l’arroganza del primo dei fascisti che “son buoni tutti a chiamarsi partigiani, ma solo chi lotta per la giustizia sociale lo è”. Riferendosi naturalmente a sé stessi. Il dubbio amletico è quindi: lasciare quei rumorosi “compagni” nella loro idilliaca convinzione di avere il copyright sulla Resistenza, oppure tentare di introdurli al concetto democratico?