RADICALI ROMA

Cinema, Teatro e Televisione

 

L’analisi del testo non è soltanto riferibile ad un testo poetico o in prosa, ma può essere e diventare anche analisi del testo teatrale, analisi del copione o della sceneggiatura ed analisi della struttura narrativa cinematografica. L’analisi del testo, insomma, oltre che alle liriche dei nostri poeti e scrittori, si può applicare benissimo anche al cinema, al teatro e, finanche, alla televisione. Inoltre, si può realizzare uno studio del testo, inteso come testo filmico, non soltanto comprendendo la sceneggiatura scritta, ma riferendosi direttamente al film girato. Lo stesso vale per il teatro: non c’è soltanto il copione scritto, ma anche la messa in scena della commedia teatrale, cioè la rappresentazione del copione. La messa in scena di un testo teatrale, infatti, ha un suo linguaggio, che racchiude in sé il disegno-luci, la scenografia, i costumi, il ritmo scenico, lo spazio scenico, la musica, l’interpretazione degli attori, la regia, ecc. E’ un linguaggio complesso che comprende vari aspetti artistici e tecnici di cui bisogna tenere conto.

Il cinema, si sa, al contrario del teatro, non si fruisce “dal vivo”, ma è costruito sulle immagini riprese dalla macchina da presa o dalla telecamera, eppure quelle immagini sono come parole, hanno un loro vocabolario, una loro grammatica, un loro lessico. Il film è una forma di comunicazione: né scritta né orale né musicale, il cinema comunica per immagini. Un film, dunque, parla il linguaggio delle immagini, il linguaggio cinematografico. Esiste, perciò, sia un cinema di prosa che un cinema di poesia. Come in letteratura. E il rapporto tra letteratura e cinema, difatti, è sempre stato strettissimo. Sin dai tempi dei fratelli Lumière. Le due forme d’arte sono in perenne dialogo e si contaminano, si influenzano, si ispirano l’una all’altra..

L’utopia, cioè il non-luogo del cinema, l’impossibilità del cinema è quella di rappresentarsi “dal vivo”, l’essere “dal vivo”, lo svolgersi nell’attimo esatto in cui il film viene fruito dal pubblico, qui ed ora. L’irraggiungibile del cinema è di diventare uno spettacolo “live”. Da godere nel momento preciso in cui si svolge l’azione degli attori.

L’utopia del teatro, la sua meta fantastica e inaccessibile, è quella di essere autentico, privo di finzione, depurato da qualsiasi convenzione o menzogna o rappresentazione, per divenire la realtà stessa, per essere autentico fino in fondo. Il teatro, infatti, è il mondo della finzione, della rappresentazione scenica, della convenzione. In teatro, la finzione è più vera del vero.

Quando viene fatta una ripresa audio-video di una commedia teatrale, non si ha né teatro né cinema: si ha la televisione. Allo stesso modo, quando la macchina da presa riprende “dal vivo” le scene di un film e le monta e le proietta istantaneamente, non si ha il cinema, ma la tv.

Il teatro muore ogni sera e rivive la sera successiva, ma non lascia niente di sé dopo di sé, tranne le emozioni che sono però irripetibili, incomunicabili, non trasferibili. Con il teatro, ogni sera si perde tutto: si perdono le sensazioni e le risate di ogni replica. Si perde l’istante. Ogni rappresentazione teatrale, perciò, è unica, diversa, irripetibile. Chi non c’è, non può conoscerla.

Il film, invece, è “girato” e montato e mixato e doppiato in modo da rendere ogni proiezione identica alla precedente. Senza possibilità per l’attore o per il regista di cambiare una battuta, di mutare un sottotesto, di variare una pausa. Salvo mantenere la possibilità di cambiare il montaggio, la musica, il doppiaggio utilizzando il materiale già “girato”. E la performance dell’attore di cinema resta anche nel tempo dopo di lui, sopravvive ai mutamenti tecnologici, anche ad anni di distanza, anche se l’attore non è più presente in carne ed ossa. Il cinema, infatti, è passato attraverso molte rivoluzioni tecnologiche: dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dalla pellicola al digitale. Ma i film del passato, i film in bianco e nero, Chaplin e il neorealismo italiano sono arrivati a noi come documenti e spettacoli ancora visibili e godibili. Non si può dire la stessa cosa per il teatro del Settecento e dell’Ottocento, non si può rivedere la Commedia dell’Arte o Goldoni, non si possono rivivere le grandi drammaturgie del periodo elisabettiano, non possiamo godere degli spettacoli e delle tragedie risalenti al Teatro dell’antica Grecia.

Pier Paolo Segneri