RADICALI ROMA

Cinque cantieri per l'ambiente

L’esigenza  di   difendere l’ambiente non è nata og­gi, ha una storia già lunga. Fi­no ad oggi, però, il cammino per fronteggiare i problemi ambientali è stato frenato dal­la tentazione di vedere l’am­biente come valore estraneo, se non antitetico, allo svilup­po economico.
 
Che non sia così, lo testimo­niano ad esempio i 200 mila posti di lavoro creati ne­gli ultimi dieci anni in Germania nel comparto delle fonti rinno­vabili. O ancora lo dimostra il fatto, ricordato tre anni fa da Pa­squale Pistorio a proposito di STMicroelectronics, che il 25% dei profitti di quell’azienda deri­vava dai vantaggi economici ac­quisiti con la scelta dell’efficien­za e del risparmio energetici. Ora è arrivato il tema inedito e drammatico dei mutamenti cli­matici a svelare l’infondatezza, o almeno l’anacronismo, di que­sta opposizione tra ambiente e crescita economica. Combatte­re il global warming, prima an­cora di un dovere etico verso le generazioni future, è un interes­se molto pratico e molto urgen­te, sociale ed economico. Il cli­ma che cambia, infatti, costa e costerà molto di più delle misu­re necessarie a stabilizzarlo; e già ora penalizza per primi e con più violenza i più deboli, sia­no gli agricoltori delle regioni africane colpite dalla desertifi­cazione, gli anziani delle nostre città investite dalle ondate di ca­lore o i poveri di New Orleans sommersa dall’uragano Katrina. La politica deve prendere ra­pidamente le misure di queste novità epocali. Se è vero che i problemi globali richiedono ri­sposte globali, credo ad esem­pio che sarebbe bene dar segui­to concreto all’idea di creare una vera e propria nuova istitu­zione internazionale, una sorta di Consiglio di Sicurezza dell’Ambiente, che abbia strumenti e poteri per prendere de­cisioni efficaci e vincolanti.
 
E ad ogni modo è la politica del vasto campo del centrosini­stra, del Partito democratico, che perderebbe credibilità e anche senso se non capisse che scongiurare il collasso climati­co, tutelare l’ambiente, è oggi una parte decisiva dell’impegno per accrescere il benessere del­le persone e delle comunità, dunque per adempiere alla sua stessa ragione sociale. L’Italia deve essere all’avanguardia nel­la lotta ai mutamenti climatici, rendendo concreti gli obiettivi fissati per il 2020 dall’Ue. In que­sti mesi il governo ha compiuto scelte importanti: dal fondo per l’applicazione del Protocollo di Kyoto inserito nella Finanziaria 2007 alla riforma degli incentivi alle imprese che producono energia da fonti rinnovabili. Nei prossimi giorni altre indicazio­ni utili verranno dalla Conferen­za sul clima organizzata dal Mi­nistro Pecoraro Scanio.
 
All’energia va dedicato un primo grande “cantiere dell’innova­zione”, per fare dell’Italia un Paese leader nella diffusione dei pannelli solari, sia termici per il riscaldamento che fotovoltaici per produrre elettricità. Come stiamo prevedendo a Roma, tut­te le nuove costruzioni utilizzi­no per il loro fabbisogno energe­tico una quota significativa di energia pulita; e affinando lo strumento delle deduzioni fisca­li sulle spese sostenute dalle fa­miglie per ristrutturare la pro­pria casa, ma anche con nuovi in­centivi fiscali da concordare su scala europea, come proposto da Brown e Sarkozy, si dia un for­te impulso agli interventi che concorrono a migliorare l’effi­cienza negli usi energetici resi­denziali: lampadine ed elettrodomestici ad alta efficienza, cal­daie a condensazione, coibenta­zione degli edifici. Per accelera­re la sostituzione degli apparec­chi e dei sistemi più energivori e inefficienti, la via è quella indica­ta dallo stesso vicepresidente di Confindustria Pistorio: accompagnare gli incentivi con la fissa­zione di scadenze temporali do­po le quali sia vietata la vendita dei modelli che non soddisfano limiti minimi di efficienza.
 
Il secondo cantiere dell’inno­vazione riguarda i trasporti. L’Italia soffre di gravi insuffi­cienze quanto a reti e sistemi di trasporto: nel Nord i corridoi esistenti sono vicini al collasso, nel Sud le infrastrutture ferro­viarie ma anche quelle stradali sono totalmente inadeguate. Questo vuoi dire sovracosti per le imprese, spostamenti scomo­di e insicuri per i cittadini, e un impatto ambientale notevole: quattro quinti delle merci e dei passeggeri viaggiano su strada, più che in ogni altro Paese euro­peo, e questo comporta più in­quinamento e più emissioni dannose per il clima. Potenzia­re e modernizzare il nostro si­stema delle infrastrutture è una priorità non più rinviabile: dob­biamo raddoppiare la quota del trasporto ferroviario, rendere più sicure strade e autostrade, dotare il Mezzogiorno di reti moderne ed efficienti. Tutti i soggetti che hanno idee da far valere, dagli enti locali alle for­ze economiche, dalle organizza­zioni sindacali alle associazioni ambientaliste, contribuiscano alla scelta delle opere da fare, naturalmente tenendo conto delle risorse pubbliche e priva­te attivabili. Una volta compiu­te le scelte, si proceda senza più tornare sulle decisioni, senza più l’intralcio di interessi corpo­rativi o localistici.
 
Un terzo cantiere dell’innova­zione, che riguarda tutta l’Italia ma ha il suo cuore nel Sud, deve interessare le reti di protezione ambientale primaria, acque e ri­fiuti in testa. Ancora in molte parti del Paese mancano i depu­ratori e le acque reflue finisco­no direttamente in mare, nei fiumi, nelle falde. Questa gravissi­ma lacuna va colmata, e contemporaneamente bisogna realizza­re le condizioni per un ciclo dav­vero unificato delle acque. Un ciclo che anche se gestito da aziende private, risponda però rigorosamente a criteri fissati in base all’interesse della collet­tività. Nel campo della gestione dei rifiuti va innanzitutto rista­bilito con forza il principio di le­galità, cominciando con l’inseri­re nel codice penale i reati delle ecomafie che li smaltiscono clandestinamente. Si può di­mezzare entro cinque anni la quantità di rifiuti urbani e indu­striali che finisce in discarica, puntando sulla raccolta diffe­renziata e su moderni impianti per il trattamento e la termova­lorizzazione. Tra tutte le forme di smaltimento, la discarica è la più dannosa per l’ambiente e per la salute dei cittadini ed è an­che quella economicamente più insensata, per lo spreco di materiali che potrebbero esse­re riusati, recuperati, riciclati.
 
Il quarto cantiere dell’innova­zione è quello della bellezza. L’Italia deve mettere a frutto la fortuna di custodire beni am­bientali, paesaggistici, culturali di eccezionale pregio; di essere nella realtà, e nell’immaginario di tutto il mondo, il Paese della bellezza, materia prima che pro­duce valore senza inquinare né dissipare risorse. Ma la bellezza non è soltanto nei tesori naturali o in quelli ereditati dal passato: la qualità estetica, accanto a quel­la ambientale e tecnologica, de­ve essere il segno anche del nuo­vo che si realizza, siano case o scuole, centri commerciali o edi­fici pubblici, automobili o persi-no capannoni industriali.
 
Infine, il quinto cantiere dell’innovazione è quello della qualità italiana, di quella che Realacci chiama soft economy. L’infinita varietà di produzioni italiane devono riconoscibilità e competitività a due gambe po­derose: un rapporto stretto con il territorio, con i suoi saperi e le sue tradizioni, e un forte tasso di conoscenza, di ricerca, di inno­vazione tecnologica. Dentro la soft economy c’è il turismo, c’è l’agricoltura dei prodotti tipici, ci sono i parchi e la rete delle mille economie territoriali che so­no emblema del “made in Italy”. Dobbiamo promuovere e difendere questo tesoro, per esempio operando perché finisca lo scan­dalo per il quale su dieci euro di prodotti agroalimentari vendu­ti nel mondo come italiani, solo uno è di prodotti veramente “made in Italy”.
 
Energia, infrastrutture, acqua e rifiuti, bellezza
, qualità italia­na. Il Partito democratico dovrà impegnarsi al massimo per fare di questi cinque “cantieri dell’in­novazione” altrettante occasio­ni vincenti per contrastare con efficacia i problemi ambientali e al tempo stesso per aprire una nuova stagione di sviluppo fon­data sulla valorizzazione delle nostre eccellenze: di uno svilup­po davvero sostenibile, che non può vivere di solo Pii ma che pu­re al nostro Pil, nell’era della concorrenza globale, può fare solo un gran bene.

NOTE

Sindaco di Roma, candidato segretario Pd