Dichiarazione di Massimiliano Iervolino, membro della Direzione nazionale di Radicali italiani, e di Paolo Izzo, segretario dell’associazione Radicali Roma
«La qualità dell’acqua potabile è disciplinata a livello europeo dalla direttiva 98/83/CE. Gli Stati membri hanno l’obbligo di controllare costantemente questi parametri, di informare la cittadinanza e di sottomettere una relazione alla Commissione ogni tre anni sull’attuazione degli obblighi previsti. I valori limite di 10 µg/l per l’arsenico, di 1 mg/l per il boro e di 1,5 mg/l per il fluoruro – fissati nella parte B dell’allegato I della direttiva 98/83/CE – mirano ad assicurare che le acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita. La stessa direttiva stabilisce all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, che gli Stati membri possono concedere un massimo di due deroghe e possono chiedere alla Commissione una terza eccezione. L’ultima deroga, per alcuni comuni, è scaduta il 31/12/2012 e prevedeva un valore massimo di Arsenico pari a 20 µg/l. Nonostante siano passati ormai sedici anni dall’approvazione della Direttiva europea, in alcuni comuni del Viterbese si denunciano gravi ritardi nella realizzazione di impianti di potabilizzazione, tanto è vero che in diversi territori si registrano valori di arsenico molto più elevati dei limiti sopracitati. Ma non è stata solo la provincia viterbese ad aver subito notevoli ritardi negli interventi, tant’è che il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, il 21 febbraio del 2014, ha emanato l’ordinanza n. 36 avente per oggetto: «divieto di utilizzo dell’acqua proveniente dagli acquedotti rurali ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura) per il consumo umano con particolare riferimento all’emergenza arsenico nelle more che siano collegati alla rete ACEA ATO2 S.p.A.». Tale ordinanza è conseguente all’effettuazione di apposite analisi da parte della ASL Roma C che hanno evidenziato che gli acquedotti di cui trattasi presentano acqua con caratteristiche chimiche e batteriologiche non adatte al consumo umano a causa del superamento dei valori di parametro prescritti di cui al D.Lgs 31/2001».