RADICALI ROMA

Da Il Riformista del 17 Settembre 2009

Da Il Riformista del 17 Settembre 2009

MARCO PANNELLA. «I PALADINI DELLA STAMPA SONO GLI STESSI CHE HANNO CREATO QUESTO SISTEMA»

Perché non vado in piazza con Rep.

Di Sonia Oranges

Questi o quelli, destra, sinistra o centro, poco cambia: per Marco Pannella, i paladini della libertà d’informazione che sabato hanno convocato in piazza del Popolo la voce del dissenso, sono in realtà assolutamente funzionali a un sistema antidemocratico. Che, a suo avviso, non nasce oggi, né con il premier Silvio Berlusconi. Così, i Radicali, da sempre in prima linea in qualsiasi battaglia di libertà, in piazza brilleranno per la propria assenza.

Perché?

Sono felice che la gente perbene finalmen­te venga convocata per esprimersi su questo tema finora vero tabù con quello della giustizia. Sono 30 anni che sollecitiamo una reazione in questo senso. Il problema è che la “manifestazione di massa” è organizzata proprio da chi ha causato quel che si pretende di denunciare: ciò contro cui per quasi mezzo secolo i Radicali hanno combattuto mentre in nome dell’Antifascismo sono tornati a oppri­mere l’Italia, abolendo democrazia e Stato di diritto.

A che cosa si riferisce?

Esattamente 35 anni fa, nel settembre del ’74, riu­scimmo a ottenere, con l’appoggio dei nostri pochi iscritti e di qualche voce dissenziente, come quella di Francesco De Gregori, le dimissioni dalla Rai dell’on­nipotente Bernabei, perché il servizio pubblico in realtà attentava ai diritti civili degli italiani. Da allora nulla è cambiato. Da allora la giustizia ha ritenuto di imputa­re di analogo attentato solamente Adriano Celentano, che disse una sciocchezza a proposito del referendum sulla caccia, e un terrorista che voleva uccidere qual­cuno ma non aveva alcun progetto politico. Mentre noi continuavamo a chiedere la difesa della democrazia, in Italia morta da tempo sotto la pressione degli apparati dello Stato degni di un regime totalitario. Le condizio­ni in cui versano le carceri lo dimostrano bene.

Sì, ma chi sono questi “attentatori” della libertà d’informa­zione?

Il Regime! Il Ventennio partitocratico, ora il Sessantennio. Ora la chiamano “bipolare” ma è la nuova forma del monopartitismo fa­scista. C’è poi il transpartito Eiar-Rai, antropologicamente ormai di mero potere anticostituzionale ed eversivo.

Eppure tre illustri giuristi hanno lanciato con successo un ap­pello in questo senso.

A loro ho scritto una lettera aperta, invitandoli a rileggere la sto­ria che hanno vissuto, senza comprenderla. Intanto il Paese perbene è minchionato: da una parte i “buoni”, gli amici, dall’altra i berlu­sconiani – i nemici. Peccato che siano stati proprio quei buoni a ri­durre il Paese a un desolato deserto di democrazia che ha prodotto Berlusconi. Vede, a me appare del tutto chiaro i servigi che si impu­tavano a Beffino Craxi erano copertura di quel baratto tra Pci e Fi­ninvest, erano un baratto strutturale tra l’area comunista, il partito del­la Rai, la sinistra perbene e la virtualità berlusconiana. Quelli che ora chiamano la gente in piazza contro Berlusca, col quale rubano insie­me di notte e di giorno ostentano di litigare magari per la spartizio­ne del bottino. Sono molto lieto che dopo la “diserzione” di noi Ra­dicali, anche personalità così diverse e significative come Cesare Sal­vi e Raffaele Bonanni non abbiano aderito a questa parata di regime.

Insomma, ma secondo lei la libertà di stampa è in pericolo o no?

Non è in pericolo, è vietata se non è di regime, partitocratica. Il si­stema presceglie i propri oppositori. Per dieci anni, ad esempio, le notti “televisive” degli italiani sono state date in gestione a Rifon­dazione Porta a porta Comunista. In sette anni Vespa aveva invitato Emma Bonino sei volte e me cinque, di cui tre su sollecitazione del Garante. La Rai è stata sanzionata per ben 47 volte dall’autorità ga­rante, che certo non avevamo nominato noi. E non c’è stato un solo democratico, tra quelli che sabato manifesteranno, che abbia detto una parola. Il Pdl è quello che è, ma il Partito cosiddetto democrati­co di Veltroni ha imposto la solitaria alleanza con Di Pietro e ha eliminato la presenza evidente di noi – Radicali, che avremmo tentato quello che ci era già riuscito con la Rosa Nel Pugno, quando abbia­mo fatto vincere Prodi. Il risultato è che noi siamo stati fatti fuori an­che dall’Europa, mentre Tonino urla in tv senza togliere un solo vo­to a Berlusconi.

Però oramai siamo allo spostamento dei programmi perché tutti siano costretti a guardare il premier in tv.

Il popolo italiano, dopo un sessantennio antidemocratico con tut­te le caratteristiche di un regime fascista, dimostra che sui temi eti­ci, come su quello del finanziamento ai partiti, è in sintonia con noi. Anche se non viene nemmeno più messo in condizioni di sapere se esistiamo. La gente, d’altra parte, non ha gradito affatto. Ha preferi­to calcio e fiction: solo tre milioni e mezzo per Berlusconi. Magra consolazione per Franceschini, lui quanti ne avrebbe avuti? Trent’an­ni fa inviai a Fede, che era in via del Babbuino, una livrea. Ne devo trovare un’altra, con più mostrine, da regalare a Bruno Vespa.

Ma non le sembra che ci sia un’intolleranza senza preceden­ti verso un pensiero un po’ diversificato?

Un’intolleranza, semmai, che è invece regola assoluta con mez­zo secolo ormai di precedenti. Ora è ufficiale. Fa parte del gioco tra­sformare delle vecchie bagasce in vergini scandalizzate. Ma non so­no credibili, sembrano delle vecchie maitresse incartapecorite che pretendono di lavorare in bordelli di lusso.

Se stiamo messi così male, che cosa dobbiamo sperare?

L’obiettivo dei Radicali è chiaro, preciso, dite pure folle e ridi­colo. Farla finita con questo Sessantennio, prima che Berlusconi, che ha a che fare con cose ormai più grandi di lui, incapace di governar­le, se ne vada e porti il Paese al macello. È il momento di preparare un Governo alternativo al regime. Un Governo di liberazione.

Sì, ma qui siamo a corto di uomini.

Dissento. A ben vedere c’è solamente l’imbarazzo della scelta. Noi Radicali abbiamo un solo obiettivo: fare la Riforma “americana” e un governo alternativo, come noi già siamo per storia e capacità di­mostrate.