RADICALI ROMA

De Michelis: a sinistra sarò il nuovo Bertinotti

di Aldo Cazzullo

«Sarà il mio canto del cigno. Farò un discorso a braccio. Nobile. Strappalacrime. L’elogio del craxiano ignoto, salvatore del garofano, e un lisciaebusso al suo contrario, Giuliano Amato». Gianni De Michelis è in gran forma. «Un congresso vero! Sono dieci anni che lo sento dire a tutti, ma non ne ho visti». «Ecco, da domani (oggi ndr) noi socialisti faremo un congresso vero».

 

 

 

 C’è una sinistra: Bobo Craxi, subito con Prodi. Una destra: Caldoro e Moroni, sempre con Berlusconi. «Ma un piccolo partito si governa dal centro — dice De Michelis —. Ai delegati dirò che dobbiamo costruire un’alleanza con Boselli e Pannella. Sarebbe bello fare il terzo polo; ma con lo sbarramento all’8% al Senato, non si può. Boselli ci chiede di seguirlo nel centrosinistra. Merita fiducia. So già quel che diranno i miei: che è andato con tutti, con Segni, Dini, Pecoraro, Fassino. Ma Boselli ha dimostrato di voler fare sul serio, dicendo no alla lista dell’Ulivo. Ora tocca a noi. Andiamo verso sinistra, ma a testa alta. Saremo determinanti; di più; saremo i nuovi Bertinotti. Tutto il cancan sui transfughi non ha più senso. I calci in culo di Eco, i calci selettivi di Prodi: tutto finito. Non abbiamo bisogno di mendicare collegi. Dobbiamo prima cercare un massimo comune denominatore con Sdi e radicali: ad esempio, carriere separate per i magistrati; e poi un minimo comune denominatore con Prodi. Senza di noi non potranno governare; e quindi non potranno ritirarsi dall’Iraq, nè abolire la legge Biagi e la riforma Moratti. Boselli non sarà d’accordo, ma la Bonino sì: siamo 2 a 1».

 

 

 

 Neppure Berlusconi sarà d’accordo. All’ultimo congresso del nuovo Psi, a gennaio, aveva parlato da padrone di casa. Ora è sospettato di incoraggiare una scissione. «So quel che dirà: che l’eredità craxiana è sua, che non possiamo andare con Violante e Di Pietro. E’ legittimo che lo dica; però non è detto sia giusto. A parte il fatto che Di Pietro non conta più nulla, e che abbiamo sempre considerato provvisoria la nostra presenza nel centrodestra, io non dimentico che nel 2001 Berlusconi mi disse: tu Gianni sei impresentabile; hai il marchio d’infamia di Tangentopoli, come Craxi; non ti posso candidare. In fondo ho con Berlusconi lo stesso rapporto che avevo con Craxi: non solo non sono mai stato craxiano, ma Bettino mi ha sempre teso qualche trabocchetto, magari a Venezia, giocandomi contro Rigo e Ripa di Meana. E lo dico da suo grande estimatore: a Pannella che vuole mettere nel nuovo simbolo (che dovrà avere anche il garofano) i nomi di Blair, Zapatero e Fortuna, ho detto che per riassumerli tutti e tre basta il nome di Craxi. Un uomo di profonda onestà».

 

 

 

 «A Berlusconi riconosco di aver imparato a fare politica: parla sempre di teatrino ma è in realtà il migliore burattinaio, il più grande manipolatore. La Lega ormai è roba sua. La legge elettorale se l’è studiata con cura. Prendiamo la trovata del bonus per il migliore escluso sotto il 2%: ha fatto credere a quattro partiti diversi — noi, la nuova Dc, i pensionati, la Mussolini — di averla studiata apposta per loro, e di avere 10 miliardi pronti per aiutarli a centrare l’obiettivo. Ma la sua idea di partito unico dei moderati non ci interessa. Come non ci riguarda il partito democratico. Dopo la morte di Follini, in mezzo si apre uno spazio enorme. Noi saremo lì. Berlusconi non scomparirà; l’Unione potrebbe sfasciarsi alla prima Finanziaria; e allora a Natale avremo la Grosse Koalition». Chi la guiderà? «Chi vincerà le elezioni. Con ogni probabilità, Prodi. Lo stimo: sono stato io, da ministro delle Partecipazioni statali, a nominarlo presidente dell’Iri. Lui era molto demitiano ma il suo vero sponsor era Andreatta: un genio. Prodi non è un genio, ma ha due doti fondamentali in politica: ha culo, ed è determinato ai limiti della cattiveria». E Bobo? «Bobo vuole diventare segretario. A me va bene: sono vecchio. Ho fatto politica con Mitterrand, Kohl, la Thatcher. Zapatero ha l’età di mio figlio. Ma Bobo ha fretta, forse per risolvere la questione psicanalitica con sua sorella: lei va a destra, lui a sinistra; se lei andasse a sinistra, mi sa che lui andrebbe a destra. Se corre entusiasta incontro a D’Alema, però, il 90% dei nostri non lo seguirà».

 

 

 

 «Ma quale psicanalisi! Qui siamo a una svolta storica. Se qualcuno ha problemi di psiche è De Michelis: l’attore consumato che si sente insidiato dall’attor giovane». L’attor giovane è Bobo Craxi. «La svolta potevamo farla insieme, Gianni e io. Potevamo essere complici, come Craxi e Martelli: uno frena, l’altro accelera. Uno presidente, l’altro segretario. Non ha voluto. Ora si è convinto che bisogna andare con l’Unione. Ma ancora i1 31 agosto, ecco qui l’Ansa, diceva che bisognava restare nella Cdl, o al massimo fare il terzo polo con l’Udc. E’ andata in altro modo. De Michelis ha perso politicamente, e ha cambiato idea: il congresso non potrà prescindere da questo. Forse ho avuto fortuna. Certo era giusto che lo facessi io, che prendessi io l’iniziativa per riunire i socialisti a sinistra».

 

 

 

 Il dibattito sulla psicanalisi iniziò quando Bobo citò Marx: il morto che afferra il vivo. «Non fui capito. Il morto non era mio padre. Intendevo dire: le cose che non ci sono più, la tragedia della fine del Psi, non devono esserci di ostacolo per costruire il nuovo. A chi dice che non basta una legislatura per dimenticare, rispondo che non basta una vita. Non è un dolore cutaneo, è una sofferenza profonda». Berlusconi dirà che siete ingrati, che vi consegnate ai carnefici. «La presenza di Berlusconi al congresso è gradita, ma rischia di trasformarsi in una provocazione politica. Sogna di fare come il pifferaio di Hamelin, ma potrebbe finire come i pifferi di montagna che vennero per suonare e furono suonati. La platea socialista è imprevedibile: a Palermo nell’81 fischiò Piccoli e applaudì Berlinguer; tre anni dopo a Verona Berlinguer fu fischiato. Berlusconi non è nè il leader nè un iscritto, non deve interferire nel congresso. E’ l’uomo che si proclamò levatrice del nuovo Psi e poi ci strozzò in culla rifiutando sia Gianni sia Claudio Martelli. Ora pare un leninista di destra: taglia i suoi alleati come salami. Noi non ci faremo affettare. E Prodi, come diceva mio padre, non è la mortadella che descrivono». Un congresso vero. «Ci conteremo. Spero in una soluzione concordata, ma in ogni caso non rinuncio alla candidatura. Gianni è veneziano, ha la contrattazione nel sangue, vorrebbe trattare sempre. Stavolta invece è tempo di uno scatto. Sono con me calabresi, pugliesi, lombardi: i garibaldini».