RADICALI ROMA

Democratici sì, socialisti giammai S'agita il correntone cattolico dei Dl

  Se i Ds si avvicinano al Consiglio nazionale di dopodomani agitati a sinistra dalla questione socialista, nella Margherita che si prepara all’assemblea federale di questo fine settimana s’è invece aperta una questione cattolica, destinata a diventare il nuovo grande cuneo tra i Dl e il partito unico coi Ds. Guai pero a forzare la similitudine, e dire che gli eterogenei rappresentanti del “correntone” cattolico rappresentano l’equivalente dei renitenti alla leva democratica modello Salvi&co: «Per un motivo molto semplice – dice Pierluigi Castagnetti, tra i capo fila del movimento – che a differenza di Salvi e della sinistra dei Ds io non dico di non voler stare nel Partito democratico. Al contrario, lo considero un obiettivo fondamentale, ma non al prezzo di umiliare e cancellare la tradizione cattolico democratica e consegnare al centrodestra la rappresentanza di un intero mondo».

 

 

 

 Giura da parte sua Luigi Bobba, deputato rutelliano ed ex presidente delle Acli, che quella che lui definisce la «nuova questione cattolica», oggetto di un recente appello promosso e firmato anche dall’area laica del partito, non è un alibi per frenare o deviare la corsa verso il Pd: «lo sono intcressato al Partito democratico. Quello che non accetto è la posizione di chi vuole acrivarci non concordando una definizione comune di laicità insieme alle forme e agli strumenti che consentano ai cattolici di contribuire a creare l’identità del nuovo soggetto, bensì imbracciando l’arma del laicismo e trasformando in bandiera del nuovo partito posizioni zapateriste sui diritti civili e sulla vita».

 

 

 

 La questione, esplosa col referendum sulla legge 40 e rinfocolata dall’ostilità verso le campagne del Rosa nel pugno, non risparmia alcuna area del partito e, secondo i diretti interessati, non ha nulla a che fare col moderatismo: «Io non accetto – dice Bobba – che Franco Monaco riassuma le mie posizioni definendole clerico-moderate». Di certo non c’entra un coté nostalgico e identitario, molto campano e molto democristiano, espresso per esempio nel partito dalle posizioni di Gerardo Bianco, che ha sempre considerato la stessa nascita della Margherita un tradimento del popolarismo, o in quelle di Ciriaco De Mita, che pur con accenti diversi si è sempre posto fuori dal progetto del Partito democratico. Ma a questi accenti bisogna aggiungere l’insofferenza generalizzata verso la «dominante lib-lab» con cui si disegna il Pd da sinistra, provata secondo i Dl dall’insistenza con cui la Quercia chiede che il nuovo partito si collochi nell’alveo del Pse. E l’avversione a questo scenario unisce, pur con tutte le diversità, rappresentanti dell’ulivismo doc come Rosi Bindi a una parte importante del la constiuency cattolica rutelliana rappresentata da Bobba-Binetti, passando per le perplessità di Franco Marini, che ha benedetto con la sua presenza la riunione di ”corrente” convocata da Castagnetti la scorsa settimana («Ma non ci saranno mozioni ad hoc al l’assemblea federale», giura l’ex segretario del Ppi). E anche Dario Franceschini, il più democrat tra i dirigenti del partito, non guarda indifferente al sommovimento.

 

 

 

 Associazioni, parrocchie, gerarchie ecelesiastiche, una fetta di quel mondo che sta preparando le Settimane sociali di Verona: è da qui che nasce la fibrillazione di questi giorni. «Se mi sono mosso – dice Castagnetti – è perché mi sono fatto interprete di un grido di allarme che proviene dal nostro mondo, da ambienti che hanno sempre guardato con simpatia e alla nostra esperienza ma che oggi esprimono preoccupazione. Quel che noi stiamo perdendo è il contatto con quello che io chiamo il sagrato domenicale, con quella base di elettorato cattolico che alle ultime elezioni ci ha voltato le spalle e non ha intenzione di entrare nel Partito democratico per sentirsene ospite nemmeno troppo gradito».