La scissione dei Ds, ormai, è cosa fatta. Anche Piero Fassino ha capito che questo è un esito inevitabile, che Fabio Mussi e compagni se ne andranno. Che costituiranno due gruppi parlamentari autonomi alla Camera e al Senato e una fondazione politica e che anche negli enti locali formeranno gruppi consiliari loro. La questione è chiusa. E non contano le percentuali (il Correntone viaggia intorno al 15,3 per cento, la maggioranza ha il 77,1 e la mozione Angius il 7,1). Né il fatto che i congressi locali termineranno solo il prossimo fine settimana. La decisione è stata presa. Ora il braccio di ferro dentro la Quercia è un altro. La maggioranza chiede al Correntone di partecipare almeno alle assise nazionali. Ma Mussi vuole disertare questo appuntamento e dare l’addio al partito prima.
E’ chiaro che una mossa del genere rappresenterebbe un brutto colpo per i vertici dei Ds. Rovinerebbe il Congresso anche sul piano mediatico. Ma il ministro dell’Università, che è molto provato anche emotivamente da questa rottura con gli amici di un tempo D’Alema e Fassino («mi manca il fiato», è la sua confessione), è propenso a intraprendere questa strada. E ha cosi motivato l’ipotesi di non partecipare al Congresso di Firenze di aprile : «II rischio — ha spiegato — è che si trasformi in una rissa, con fischi e insulti contro di noi, con la gente che ci urla “traditori”». Ovviamente c’è anche una giustificazione politica: perché andare alle assise nazionali se tanto c’è la scissione?
Per la verità la decisione di disellare il Congresso non è ancora definitiva. Le pressioni della maggioranza sono fortissime. Non solo, i sindacalisti della Cgil che aderiscono al Correntone frenano e fanno altrettanto alcuni autorevoli esponenti di quell’area come il vicepresidente della Camera Carlo Leoni, Marco Fumagalli e Gloria Buffo. Ma Cesare Salvi sembra più propenso ad assecondare l’ipotesi Mussi, il quale è determinato ad andare avanti con la sua idea, il 29 marzo, comunque, il Correntone terrà un’assemblea per fare il punto. E’ chiaro, però, che se, nonostante le perplessità interne, Mussi, cioè il leader di tutta quell’area, non muterà opinione la minoranza non parteciperà alle assise di Firenze. Ed è un’eventualità che fa tremare Fassino.
Il Correntone, intanto, sta pensando al proprio futuro, n traguardo è fissato nel 2009. Per quella data Mussi e compagni sperano di potersi presentare alle europee con un grande “rassemblement” della sinistra. Per farlo hanno bisogno della sponda che Fausto Bertinotti sembrerebbe pronto a offrire loro. Per il presidente della Camera sta giungendo il tempo di lasciarsi alle spalle anche Rifondazione comunista e di tentare un’esperienza politicamente più significativa: una grande sinistra che alle politiche si allei con il più moderato Partito democratico. Franco Giordano appare più cauto (è il ruolo che glielo impone, visto che del Prc è il segretario) però comincia già a parlare della necessità di dare vita a una nuova «soggettività politica». Ma dentro il partito c’è chi, come il ministro Paolo Ferrero (che nel Prc ha un certo peso), frena. Due anni di tempo, però, potrebbero sciogliere nodi e risolvere difficoltà.