RADICALI ROMA

Due scelte per Veltroni

La candidatura di Walter Veltroni alla guida del Partito democratico ha suscitato grande interesse. Lo stile è stato apprezzato. Gli obiettivi politici, indicati con chiarezza, sono stati ampiamente condivisi. In questa candidatura, molti vedono una carica di innovazione capace di dare impulso e forse maggiore serenità alla politica italiana, non solo al centrosinistra. Sul Corriere del 25 giugno, Angelo Panebianco chiedeva a Veltroni alcuni «pronunciamenti netti sulle cose che contano», tali da «dare una vera identità riformista al Partito democratico » e da porre il candidato sulla strada della «leadership democratica», non della «leadership ulivista ». Nel discorso di Torino, Veltroni sembra aver accolto l’invito. Dallo sviluppo delle infrastrutture alla lotta alle rendite, gli obiettivi chiave per un’Italia più competitiva ed equa sono stati indicati con forza.
 
Ma il Partito democratico — guidato da Veltroni, come è probabile, o da un altro leader — e il governo del quale il Pd vuol essere la colonna portante riusciranno a realizzare quegli obiettivi? Con quale metodo di governo sarà possibile conseguire risultati migliori di quelli finora ottenuti, con tanto impegno e affanno, dal governo Prodi? Su questo tema cruciale, il sindaco di Roma per ora non si è espresso. Sarebbe utile che lo facesse. Così, il dibattito all’interno del Partito democratico e poi l’elezione del leader sarebbero pienamente consapevoli. E l’intero Paese sarebbe stimolato a riflettere su una questione che ci riguarda tutti: perché i governi di questi anni non sono riusciti, quanto avrebbero voluto, a dare all’Italia più dinamismo, competitività ed equità? Due punti sono rilevanti, soprattutto alla luce dell’esperienza del governo Prodi: il ruolo della concertazione e l’interpretazione del bipolarismo.
 
Concertazione. Oggi vi è un’asimmetria tra le rappresentanze di interessi. Alle organizzazioni sindacali e imprenditoriali viene assegnato un potere di gradimento, se non di veto, sulle politiche economiche e sociali. Altre categorie, come quelle professionali, sono state trattate con decreti legge. Gli interessi più meritevoli, come quelli dei giovani o degli anziani non autosufficienti, semplicemente non trovano rappresentanza, perché non costituiscono corporazioni. Veltroni manterrebbe questa asimmetria?O la eliminerebbe, prevedendo che ogni provvedimento sia preceduto da una consultazione pubblica aperta a tutti, ma non sia contrattato con nessuno? La questione è importante sul piano della parità di trattamento: mantenere o eliminare i residui ancora presenti di una visione secondo la quale la sovranità risiede in fabbrica, non nei cittadini? Ed è importante per l’efficacia delle politiche: si vedano i casi recenti di esercizio di un potere di interdizione su pensioni e pubblico impiego.
Bipolarismo. L’interpretazione «frontale» del bipolarismo ha portato a non cercare neppure un circoscritto consenso bipartisan per portare a buon fine alcune riforme strutturali intese a ridurre le rendite delle corporazioni. Propositi lodevoli in tema di liberalizzazioni hanno avuto risultati pratici modesti. L’opposizione, dimenticando che a volte pretende di essere «liberale», ha cavalcato in Parlamento ogni resistenza corporativa. Per imitazione il fervore di parlamentari della maggioranza si è attenuato. Veltroni riterrebbe opportuno, pur in uno schema di bipolarismo, ricercare un limitato consenso con l’opposizione su poche riforme essenziali? Quel senso bipartisan di responsabilità che emerge a volte a sostegno di missioni internazionali dell’Italia, non dovrebbe essere applicato anche ad alcuni teatri nei quali la guerriglia delle corporazioni minaccia il futuro, se non la vita, dei giovani italiani?