Non si può sbagliare, in fondo a sinistra c’è sempre il gabinetto o c’è il comunismo.
Il povero Totonno Bassolino non ha fatto in tempo a uscire dal comunismo che lo hanno rinchiuso a viva forza nel gabinetto. Una carriera politica lunga e stimata infognata nei rifiuti che sommergono la Campania.
Questa è la triste storia di Bassolino passato da Re di Napoli a Er Monnezza. Da mesi, forse da anni, ormai, si parla di Bassolino solo a proposito della spazzatura. Vedi Bassolino e subito gli chiedi, come va l’immondizia? Non gli parlano di programmi ma di cassonetti, non del nuovo partito democratico ma di nuove discariche. Appena lo nominano in tv o sui giornali, o lo vedi in foto o in filmato, l’immagine seguente è un cassonetto debordante, la diossina sprigionata da un incendio di rifiuti, un corteo di protesta e una montagna di schifezze con un fuoco in cima, riproduzione trash del Vesuvio.
Un tempo Bassolino era considerato uno dei più promettenti leader della sinistra italiana, uno dei sindaci emergenti di quel movimento innovatore che stava animando il paese. Bassolino era la figura più autorevole della sinistra meridionale. Poi dopo la fuga dal governo Prodi, quando gli uccisero il consulente D’Antona, si infognò alla Regione Campania e lì è stata la sua fine.
Netturbino malriuscito
Adesso lo hanno coperto con la nettezza urbana, lo hanno sepolto in una discarica. Avrà sicuramente le sue responsabilità, non dico di no. Avrà preso sottogamba il fenomeno, avrà lasciato fare alla criminalità organizzata, al racket dei rifiuti, o se ne è occupato in modo troppo vago, tardivo e inefficace. Però non meritava di finire così, come una specie di netturbino mal riuscito; mi scuso per il linguaggio greve, volevo dire di operatore ecologico maldestro, incapace di fare piazza pulita. Eppure a Napoli c’è anche il ministro dell’Ambiente, il verde Pecoraro Scanio, che fa slalom monello tra i rifiuti e dice di aver fiducia nella protezione civile; un modo furbo per scaricare i rifiuti su Bertolaso, a cui è impedito persino di dimettersi. Pecoraro si limita a proporre soluzioni avveniristiche, ma suggestive, come la conversione delle 300 cave della camorra in mega-cassonetti. Fantasia per fantasia, perché non propone di ripristinare il ruolo del ciuccio, che ai tempi dei Borboni portava in grossi canestri l’immondizia fuori città? Il ciucciarello è il simbolo di Napoli, è il suo protettore laico e sportivo: che sia lui la salvezza della città? O l’unica speranza è che San Gennaro faccia il miracolo non di liquefare il sangue ma di incenerire i rifiuti e magari pure i loro sponsor?
Dal basso della mia ignoranza in materia mi chiedo: ma come fanno tutti gli altri paesi per smaltire i rifiuti, possibile che solo in Campania viene confermata la teoria filosofica di Emanuele Severino secondo cui niente sparisce nel niente ma tutto è per sempre? È un omaggio tardivo e surreale della Campania al suo filosofo antico Parmenide che a Elea, in provincia di Salerno, scoprì l’eternità di tutte le cose? Ma come, fate sparire prove, cadaveri, orologi e portafogli e non riuscite a far sparire l’immondizia? Ma che razza di religione praticate, non credete più all’immortalità dell’anima e credete all’immortalità della spazzatura? E poi dico agli ecologisti: ma non inquinano meno gli inceneritori che voi avversate, piuttosto che i batteri infettivi dell’immondizia accumulata o la diossina di chi la brucia vicino casa per disperazione?
Da svariati giorni si parla della Campania solo per i rifiuti, come se l’unica caratteristica della regione e di Napoli fosse appunto l’overdose di immondizia. Persino i delitti di camorra vengono salutati con un sospiro di sollievo perché sembrano un segno di vitalità e di evasione da una vita sommersa dall’immondizia. La vita continua, anche sparando e rubando… Lasciamo stare l’emergenza ambientale, vediamo il lato umano. E per una volta non soffermiamoci a considerare il disagio drammatico della popolazione, l’impossibilità di vivere tra queste montagne puzzolenti e debordanti di immondizia. No, mi soffermo sul caso personale di Bassolino, di cui nutro non da oggi sincera simpatia umana. Uno fa militanza e carriera politica per una vita intera, sogna di cambiare il mondo, di fare la rivoluzione; o lo fa per legittima ambizione personale, per sete di gloria e, perché no, di potere.
Appeso al pattume
Fa a Napoli operazioni di cosmesi, recupera il giudizio favorevole di agenzie internazionali, punta sull’estetica e l’ideologia, fa cantare in piazza Nino d’Angelo e Pino Daniele. Uè quant’è bbuono Bassolino. E poi il suo nome resta sommerso da una valanga di rifiuti, la sua immagine spunta da un cassonetto, è ridotto al trash, non per modo di dire. Si sentirà ‘na chiavica, per dirla in gergo indigeno. Tutto il suo futuro è appeso a una discarica. Ne valeva la pena, si chiederà il povero Totonno Bassolino? Certo, i leader del suo partito non se la passano poi meglio perché rischiano di essere sepolti anche loro, con il nuovo partito, dal cumulo di rifiuti accumulati dal passato: non è facile smaltire valanghe di comunismo (in dialetto meridionale “comune” indica i rifiuti organici). L’unica vera consolazione di Bassolino è che per la prima volta un politico non viene accusato di aver depredato la collettività ma di non averle tolto niente, nemmeno la spazzatura.