Mio Dio – è il caso di dirlo, vista l’omelia del Papa Ratzinger sul capitalismo e i suoi mali – l’ennesimo dibattito sui difetti intrinseci dell’economia di mercato, sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e il falò di risorse naturali, etiche e umane che al profitto e all’auri sacra fames sarebbe inevitabilmente collegato. Scapperebbe con franchezza un’esclamazione rituale: che noia! Per noi poveri mercatisti, mosche bianche che da decenni incrociamo i ferri contro gli anticapitalisti di ogni colore – rossi, neri e bianchi – che nel nostro Paese per ragioni storiche evidenti abbondano assai più che altrove, è una specie di rito obbligato al quale dobbiamo di volta in volta prestarci. Sapendo che minoranza siamo e minoranza probabilmente resteremo, ma sempre augurandoci che magari a qualcuno in buona fede si apriranno gli occhi: che non devono affatto testimoniare che il mercato sia privo di difetti e la sua “mano invisibile” un materialistico feticcio sostituto della provvidenza divina, bensì semplicemente che tramite concorrenza – e mercati regolati – negli ultimi vent’anni, caduto il comunismo e le sue malìe, sono stati sottratti alla morte per fame e alla miseria più nera più centinaia di milioni di esseri umani che nel resto della storia intera della civiltà.
Per esperienza, so che a poco serve citare la Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith e degli illuministi scozzesi, posta eticamente alla base di ciò che è tutt’altro che materialismo atomista dell’homo oeconomicus individualista alieno da ogni logica comunitaria, e tanto meno le riflessioni dell’intera scuola austriaca del marginalismo, dei Mises e degli Hayek, sul ruolo che tradizione e fede hanno nel tramandare il nucleo duro della nostra civiltà giudaico-cristiana, contro ogni utopia “costruttìvista” e di homo novus alimentata dai fichtiani di destra e di sinistra, che negli ultimi 150 anni hanno insanguinato coi loro regimi statolatrici e assolutisti la storia dell’umanità.
L’encìclica sodale
Potrei citare poi, ai cristiani e cattolici dissenzienti, le tante opere che grazie al cielo sbaragliano da tempo ogni banalità weberiana circa la presunta radice protestante dell’etica e degli istituti del capitalismo, che al contrario affonda le sue radici nella scolastica tomistica e in grandi padri della Chiesa come Bernardino da Siena e Antonino da Firenze. Quella del legame inscindibile tra la persona, la sua dignità, la sua insopprimibile libertà, e i diversi istituti che tramutando interesse in capitale e lavoro in impresa consentono il soddisfacimento delle sue prerogative al servizio di una vasta comunità, è tutta una storia magistralmente richiamata a noi tutti nelle opere di Michael Novak, padre Richard Neuhaus e l’italianissimo padre Angelo Tosato.
Ma so da tempo che questi appelli e richiami appaiono libreschi e sterili. Il fatto è un altro. Siamo in dirittura di arrivo di un’attesa enciclica sociale, da parte di Papa Ratzinger. Un pontefice teologo fortissimo in tutt’altre materie, che quelle economico-sociali con le quali giocoforza si era dovuto confrontare Papa Giovanni Paolo II nella sua lunga lotta contro nazismo e comunismo. Di conseguenza, intorno al Papa in materia economico-sociale è possibilissimo che pesino più che rispetto al suo predecessore, pensatori e capi di dicasteri convinti come da eco culturale del tempo in cui viviamo che capitalismo e cristianesimo siano antitetici. Come potrebbe essere, altrimenti, che una parabola evangelica che a tal punto loda gli sforzi e la dedizione dell’amministratore di quella che oggi si defilerebbe un’azienda capitalistica, da chiedere che a maggior ragione altrettanta dedizione debba essere profusa in vista della redenzione e dell’Aldilà in Cristo, finisca invece per diventare esempio contrario dei limiti intrinseci del profitto e del suo sfruttamento?
La Ducati nel Pd
Ma no, diciamocela tutta II nostro è un Paese in cui Marchionne dice di preferire i sindacati italiani a quelli americani e Fassino lo arruola nel Pd, mentre Veltroni arruola al contempo anche la Ducati. È un Paese in cui la Fiat è di sinistra mentre stende ancora una volta la mano verso gli aiuti di Stato negati ad altri, tra pre-pensionati e Termini Imerese, ma tutti plaudono all’’umanità” del manager che tradisce il mercato poiché loda la controparte in cambio di aiuti che ai suoi concorrenti restano negati. In un Paese così, vi devo dire che il Papa è forse quello che capisco più di tutti. Non sono d’accordo. Ma mi colpisce meno un Papa anticapitalista, che un capo della Fiat.