RADICALI ROMA

E in Europa due giovani su tre non si fidano di partiti e istituzioni

Meglio le associazioni non governative che i partiti. E meglio un blog in cui c’è spazio per impressioni, commenti, idee, che un congresso o un’assemblea dove difficilmente qualcuno ti sta a sentire. Piaccia o no, la partecipazione politica, i giovani europei, in particolare quelli tra i 15 e i 25 anni, la vedono più o meno così: viva, attiva, ma disancorata dai circuiti tradizionali. E non sempre per scelta, anzi.
A indagare i comportamenti e gli atteggiamenti delle nuove generazioni circa la politica è stata un progetto, voluto dalla Commissione Europea, che ha interessato otto paesi Ue (Austria, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Slovacchia e Regno Unito) e coinvolto 8030 giovani. “Euyoupart” – questo il nome del progetto – è stato condotto da vari istituti di ricerca ed è cominciato nel 2003 per concludersi quest’anno. Ma i dati sono stati resi noti a Bruxelles qualche settimana fa e danno un quadro complesso di come i giovani vivano la politica oggi.

L’interesse per la politica. Dalle interviste realizzate, infatti, emerge un sostanziale disinteresse dei giovani europei nei confronti della politica. Il 63% dei ragazzi si dice non interessato alle vicende politiche nazionali e non per mancanza di idealismo, ma piuttosto per disillusione, scarsa fiducia nei partiti politici, scarso credito alle istituzioni. Per gli stessi motivi poi affermano di preferire le istituzioni europee. Insomma, si crede nella politica come dovrebbe essere e si è delusi dalla politica com’è. Tanto che i giovani ritengono più efficace lavorare per organizzazioni non governative, che nei partiti politici.Ad essere più sensibili in termini di partecipazione politica sono i ragazzi tedeschi (51%), mentre solo il 30% dei giovani del Regno Unito si appassiona a ciò che accade in Parlamento. Cosa che invece piace abbastanza ai ragazzi italiani, almeno al 43% di quelli intervistati. Più degli austriaci (42%), più dei francesi (36%) e dei finlandesi (35%).

Eppure a fronte di questi “pesanti” dati, in generale resiste la partecipazione nell’ambito della democrazia rappresentativa. Il voto è considerato infatti lo strumento di partecipazione per eccellenza ed è anche quello più utilizzato. E, altro dato curioso, nonostante la sfiducia nei partiti politici i giovani dichiarano di sentirsi comunque vicini a un certo partito; soprattutto in Italia (71%) e in Finlandia (68%), mentre tocca ancora ai giovani Britannici, il primato negativo con un 23% di simpatizzanti. “E’ evidente che c’è un fenomeno di eclisse della politica da parte dei giovani – afferma il professor Renato Pocaterra, responsabile scientifico della ricerca e dell’Area Psicologia e Percezione Sociale di Fondazione Iard, l’ente no profit che ha condotto la ricerca in Italia – ed è una tendenza rilevata anche nelle nostre precedenti indagini. La partecipazione – precisa il professore – non è più di stampo classico, ad esempio i blog in cui molti giovani intervengono, sono strumenti nuovi, dove si creano spazi di discussione e confronto alternativi. E i nuovi movimenti, come potevano essere quello dei girotondi sono considerati più attraenti”.

Il significato della politica. Ma se per la partecipazione e per i partiti si può parlare di eclissi com’è vista la “politica in sé” dai giovani? Secondo l’indagine in molti modi e fortemente dissonanti fra loro. C’è chi la definisce un modo per risolvere i problemi internazionali (68%); chi un modo per affrontare i problemi sociali (67%); e chi la considera lo strumento per creare un mondo migliore (42%); D’altro canto però non mancano i ragazzi che associano la politica a: “vuote promesse” (46%); a “corruzione” (35%); o addirittura a un “gioco per gente di una certa età” (il 30% degli intervistati). Percezioni che hanno in comune, probabilmente, la visione idealistica, ma si dividono poi guardando alla realtà. Una realtà tra l’altro dominata dai media, che insieme alla famiglia e alla scuola, possono influenzare la partecipazione politica. Non è un caso, ad esempio che in Italia il 38, 4% dei giovani segue tutti i giorni la vita politica tramite mass-media, e lo fa privilegiando in assoluto la tv (80,4%). Ora, se per i vari talk d’informazione ciò può essere confortante, in realtà non soddisfa granché il bisogno dei ragazzi ad avere maggiori opportunità e strutture di partecipazione democratica.
“Nel nostro paese c’è un tenue aumento di interesse verso la politica – spiega Pocaterra – mai ragazzi sono lasciati soli e si rendono conto di non essere ascoltati né nei talk tv, né altrove. I luoghi e i mezzi per confrontarsi sono scarsi e l’Italia, in tal senso, risulta uno dei paesi europei più scarsamente attrezzati”. Che poi la scelta dei media determini il comportamento politico individuale è un altro dato significativo: in Estonia e Finlandia ad esempio è già radicato l’utilizzo politico di Internet e a quanto pare chi si informa attraverso un mezzo d’informazione che prevede una modalità di fruizione attiva , come i giornali e internet, tende ad essere più attivo politicamente rispetto a chi segue la politica passivamente attraverso la televisione o, in certi casi, la radio. Di fatto comunque è molto più forte l’influenza di un percorso scolastico che un dibattito in video: secondo l’indagine, i giovani che sono stati rappresentanti di classe, saranno più propensi, in seguito, a supportare una campagna elettorale.
E visto che in Italia ce n’è una imminente chissà che poi, qualcheduno dei giovani italiani, non vada ospite ai vari Ballarò, Porta a Porta, Matrix, Alice e L’incudine, per raccontarlo. Chissà.