RADICALI ROMA

È sulle tasse la vera partita del Governo

  Prepariamoci: c’è aria di grande battaglia, in Parlamento e fuori. Oltre che sulla missione in Libano lo scontro tra Governo e opposizione s’annuncia durissimo sulla legge finanziaria per il 2007. E, in particolare, sulla “questione” fiscale, sulla quale si giocherà la partita decisiva.

 

 

 

 Era in buona parte previsto, ma le ultime settimane, segnate anche dalle divisioni interne alla maggioranza di centro-sinistra, hanno accelerato la corsa di entrambi gli schieramenti. Che riparte dal punto esatto nel quale li avevamo lasciati due settimane prima dalle elezioni del 9 aprile, cioè dal confronto senza esclusioni di colpi sulle tasse.

 

 

 

 Dopo l’impalpabile (0,1% del Pil) prima manovrina di correzione dei conti pubblici e dopo il varo di un Dpef di buone ma generiche intenzioni, il Governo, pressato (dall’esterno) da Bruxelles per il rispetto pieno degli obiettivi concordati con la Ue e condizionato (all’interno) dalle richieste di Rifondazione comunista, Comunisti italiani e Verdi, sa ormai molto bene che i tagli alle spese correnti (per previdenza, sanità, pubblica amministrazione e enti locali) si aggireranno sugli 8 miliardi, contro i circa 16 informalmente previsti.

 

 

 

 La manovra per il 2007, originariamente fissata a quota 35 miliardi, si attesterà, se non vi saranno altre sorprese, intorno a 30 miliardi. Le maggiori entrate dovrebbero ammontare a più di 20 miliardi, che servono anche a finanziare il taglio del “cuneo” fiscale per imprese e lavoratori, e in pratica s’incaricheranno da sole di correggere il deficit. Il risultato, come ha chiarito Luca Paolazzi sul Sole-24 Ore di venerdi scorso, è che avremo un ulteriore aumento della pressione fiscale e che nel 2007 torneremo al 42,3% del Pil, il più alto valore dal 1997.

 

 

 

 Il viceministro Visco e il vicepremier Rutelli hanno detto che l’aumento sarà solo temporaneo e che agli italiani i soldi verranno restituiti. Ma è un fatto che dalla rivisitazione del secondo modulo della riforma Berlusconi-Tremonti all’armonizzazione dell’imposizione sulle rendite finanziarie, dalla lotta all’evasione all’aumento dei contributi previdenziali e di solidarietà, il 2007 si gioca di fatto all’insegna di “più tasse”.

 

 

 

 Passaggio strettissimo, per l’attuale Governo. Lo stesso che erose sul finire della campagna elettorale un vantaggio molto forte del centro-sinistra nei confronti di Berlusconi e della Cdl. È proprio sul tema delle tasse, infatti, che l’ex premier costruì una rimonta che lo portò a un soffio dalla vittoria finale.

 

 

 

 Il problema si riprone in queste settimane. Ed è facile immaginare, vista l’opposizione “inflessibile” che ha promesso Berlusconi, uno scenario di grandi battaglie dentro e fuori le aule parlamentari proprio sul tema fiscale.

 

 

 

 All’appuntamento, però, l’opposizione non si presenta con una sua proposta alternativa. Aveva accarezzato l’ipotesi di una flat tax, l’imposta unica per imprese e persone fisiche che ha già fatto decollare alcuni Paesi dell’ex cintura sovietica, a partire dall’Estonia. Ma non è poi andata oltre e oggi, sul tema dell’armonizzazione delle aliquote al 20%, si limita a contestare le scelte del Governo, mentre potrebbe (senza scandalo) sostenere la necessità di correre verso l’aliquota più bassa (12,5%) che pesa su obbligazioni e plusvalenze invece che su quella più alta (27%) che grava sui depositi bancari.

 

 

 

 Siamo o no in tempi di aspra concorrenza fiscale tra i diversi Paesi? Abbiamo o no la necessità di attirare capitali esteri?