RADICALI ROMA

«E' vero, siamo al governo ma non possiamo tacere»

Non taceremo». Co­sì Rita Bernardini, segretario dei radicali, annuncia la mobilitazio­ne in questi giorni, in cui Vladimir Putin sarà in visita in Italia: «Non è perché ora siamo al gover­no che rinunciamo alle nostre battaglie: sui diritti umani e civi­li in Russia non c’è democrazia. Putin si comporta da ex agente del Kgb». Oggi il ministro Emma Bonino era attesa al forum ita­lo-russo, ma ha declinato l’invi­to: è impegnata in Parlamento, fanno sapere i suoi collaboratori. Ma intanto al premier Romano Prodi i radicali mandano un mes­saggio: «Ci aspettiamo una paro­la chiara a Putin su questi temi». E agli alleati di governo la Bernar­dini fa una domanda precisa: «Dove sono i nostri compagni della sinistra, che sono sempre in piazza per far le battaglie per i di­ritti degli omosessuali in Italia, ma mai che abbiano manifestato per i gay russi?»

 

 

 

Romano Prodi ha salutato l’ar­rivo di Putin spiegando che con il presidente russo c’è «una co­mune visione e modo di sentire che vanno ben oltre la politica». Siete d’accordo?

 

«Se fa così, fa un po’ come Ber­lusconi, ma io credo e mi auguro che ci sarà un richiamo al rispet­to dei diritti civili in Russia du­rante la visita di oggi e domani».

 

 

 

E cosa glielo fa pensare?

 

«Perché altrimenti si trattereb­be di rapporti, quelli tra Italia e Russia di cui parla Prodi, non sinceri e non basati sulla franchez­za. Alcune cose non sono più tol­lerabili per nessuno e Putin ha troppo spesso atteggiamenti da ex agente del Kgb. Non dobbia­mo dimenticare che qualche an­no fa fu proprio Putin a chiedere che i radicali fossero espulsi dall’Ecosoc delle Nazioni Unite per­ché avevamo invitato a parlare al­cuni esponenti ceceni che lui rite­neva terroristi».

 

 

 

Avete un conto aperto?

 

«Ci accusò di pedofilia e narcotraffico. Ma alla fine lo appoggia­rono solo Cuba e Cina e la sua proposta alle nazioni unite non passò».

 

 

 

Anche nel resto d’Europa pe­rò, persino Paesi come la Germa­nia di Angela Merkel che aveva­no annunciato una linea intransi­gente, non si sente parlare spes­so della Cecenia, dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja.

 

«E’ vero. C’è una sorta di omer­tà, di reticenza dei go­verni occidentali nei confronti della violazione dei diritti umani un po’ in tutto il mon­do. Ma noi radicali che da sempre, dagli Anni Settanta, abbia­mo condotto una bat­taglia contro i soprusi in Unione Sovietica e poi nelle Repubbliche ex sovietìche non solo parlere­mo, ma faremo arrivare messag­gi chiari sulla Cecenia, insistere­mo per sapere la verità su Anto­nio Russo (l’inviato di Radio radi­cale ucciso in Cecenia nel 2000) su Andrea Tamburi (il dirigente del partito radicale ammazzato a Mosca nel 1994) e sull’uccisio­ne di Anna Politkovskaja. Mes­saggi che un Occidente maturo che crede nella democrazia do­vrebbe mandare».

 

 

 

E’ forse perché la Russia è il principale interlocutore per il gas?

 

«L’utilizzo che Pu­tin fa dell’energia è semplicemente scan­daloso. E’ solo un esempio della mancanza totale di democrazia in questa Rus­sia».

 

 

 

Però voi adesso fate parte del governo che domani discuterà con Putin. In occasione della visi­ta in Cina Emma Bonino non si tirò indietro sul tema dei diritti.

 

«Noi abbiamo denunciato sem­pre la mancanza di diritti civili in Russia, dalle elezioni dallo svolgi­mento sospetto, all’uso del pro­blema energetico. Lo abbiamo fatto anche con i dittatori africa­ni quando sono venuti qui, non vedo perché non farlo ora solo perchè siamo al governo. E’ una questione di democrazia che in­veste non soltanto la Russia ma anche l’Italia».

 

 

 

Non vi sentite in imbarazzo?

 

«Andremo per la nostra stra­da, come abbiamo fatto in tutti questi anni. Ricordo solo l’ulti­ma iniziativa del 24 febbraio: una maratona oratoria a Milano per ricordare l’anniversario del genocidio del popolo ceceno. Purtrop­po devo notare che siamo gli uni­ci noi radicali a poter rivendicare un’attenzione storica ai diritti umani e civili in Russia. E’ dal ’75, con la battaglia per il mate­matico ucraino Leonid Pliusch e poi per i refusnik ebrei. Abbiamo costituito la sede del partito radicale a Mosca prima ancora del crollo del Muro di Berlino, per po­ter fare le battaglie per la Cece­nia, per il servizio civile sostituti­vo di quello militare, per l’anti-proibizionismo e per i diritti de­gli omosessuali. Non possiamo dire altrettanto dei nostri alleati, mi riferisco alla sinistra che si autodefinisce radicale, che sono spesso in piazza per i diritti in Ita­lia ma mai per quelli in Russia».