Dopo il «sì» alla diagnosi preimpianto da parte di un giudice del Tribunale di Cagliari, un nuovo affondo sulla bioetica arriva dalla Conferenza episcopale italiana attraverso le parole del segretario generale, monsignor Giuseppe Beton. «Trovo molto strano che un giudice possa giudicare a prescindere da una legge e da una sentenza della Corte Costituzionale ed emettere un giudizio che smentisce la legge e la sentenza» ha dichiarato Beton. «Vorrei capire qual è la logica che sta dietro a una sentenza dì un tribunale che non fa riferimento alle fonti normative», ha aggiunto. E ancora: «Pensavo che i tribunali applicassero le leggi, in particolare quando la loro interpretazione sia supportata dall’organo supremo dell’interpretazione delle leggi». Ma la stoccata si è limitata al caso sardo. Infatti monsignor Betori ha anche chiarito che quanto alle legge che in Italia regola la fecondazione assistita, provvedimento sostenuto con la vittoria dell’astensione al referendum del 2005, non ci saranno novità. «Noi l’abbiamo difesa, sia pure nella sua imperfezione, e non c’è nessuna intenzione di ritornare su di essa». Sulla bioetica è intervenuto da Lourdes anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco: «Senza moralità — ha detto — la vita umana diventa una giungla. Pare che ogni desiderio soggettivo debba essere riconosciuto come diritto collettivo. Ma il potere di decidere fra bene e male appartiene solo a Dio».
La levata di scudi dei vescovi ha rinfocolato le polemiche con il fronte laico e riacceso il dibattito non solo politico ma anche giuridico. Sulla stessa lunghezza d’onda della Cei si sono espressi alcuni esponenti di Forza Italia. Per la segatrice Maria Burani Procaccini: «È gravissimo che un tribunale, come quello di Cagliari, bypassi una legge dello Stato e una pronuncia della Corte Costituzionale decidendo di disapplicare la legge 40». La Procaccini si spinge anche più in là sollecitando il ministro Mastella «a inviare subito un’ispezione».
Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc, è convinto che «non è la legge 40 a dover essere riformata bensì la sentenza del Tribunale di Cagliari». Una voce fuori dal coro azzurro è stata quella di Chiara Moroni che lancia un appello: «La politica non può essere miope e deve modificare una legge che ogni giorno dimostra di essere inapplicabile e che è stata fatta partendo da un forte pregiudizio ideologico contro le donne». Invece per Luca Volonté dell’Udc «siamo di fronte a una sentenza apertamente influenzata dall’ideologia radicale e sinistroide, in aperta violazione della legge e della Costituzione». C’è poi un altro aspetto su cui si dovrà confrontare direttamente il governo e il Ministero della Salute. Il giudice sardo infatti nelle trentatré pagine di motivazione della sua decisione, dopo aver affermato che nella legge non c’è nessun divieto esplicito alla diagnosi preimpianto, ha stabilito l’illegittimità delle linee giuda ministeriali del 22 luglio del 2004, che quel divieto hanno espressamente sancito.
«La Corte Costituzionale non ha bocciato nulla». Così ha replicato alla presa di posizione della Cei, l’avvocato Luigi Concas, difensore della donna il cui ricorso è stato accolto dal giudice. «Si è limitata — ha spiegato — a dichiarare l’inammissibilità della questione e pertanto non è entrata nel merito della questione».
Anche il fronte laico ha reagito contro la Cei. I radicali Cappato e Berardo dell’Associazione Coscioni hanno accusato «il Vaticano di istigare all’aborto terapeutico».