RADICALI ROMA

Eutanasia. La libertà di Agostino, Pascal e Dante è un insegnamento etico intensamente laico

Ho molta stima, sia pure da diversa sponda, di Ruggero Guarini. Non mi ha dunque stupito la sua aguzza lettera al direttore di sabato scorso sul tema dell’eutanasia (ma, più in generale, dell’etica). Guarini ci avverte come, molto probabilmente, “tutto ciò che conta davvero sull’eutanasia sia stato detto lapidariamente da Agostino (“dilige et quod vis fac”: ama e fa ciò che vuoi) e da Pascal (“la vraie morale se moque de la morale”: la vera morale si fa beffe della morale). Le due “celebri massime”, ricorda Guarini, scaturiscono entrambe dalla “consapevolezza dello scacco a cui è votato ogni tentativo di formulare una legge morale assoluta”, e da esse non può non dedursi che “nell’ora delle scelte decisive, e dunque anche in quei terribili momenti in cui potremmo dover decidere se assecondare o no la volontà di morire di un altro essere umano, saremo sempre assolutamente soli con noi stessi – e con quell’insopportabile Altro che nessuno sa bene se risieda solo fuori o solo dentro di noi…”.

  Credo che meglio non si possa chiarire il senso profondo, il dramma, della situazione in cui ciascuno di noi viene a trovarsi non pur nel momento, terribile, evocato da Guarini (e dall’attualità), ma in ogni passaggio eticamente sensibile della sua esistenza. Ogni uomo è, in quelle occasioni, “solo”, solo con la sua coscienza o, se si vuole, in compagnia di quell’Altro (davvero, ma positivamente, insopportabile!) che ci cammina a fianco o dimora nell’intimo della nostra coscienza (ma sì, “redi in te ipsum…”). Ottimamente detto dunque, e però bisognoso di un corollario: la verità colta dai due grandi credenti è esattamente il nocciolo della morale laica. La cosa non stupisca. L’uno come l’altro era, oltre che credente, esperto delle complesse realtà su cui si impasta l’umano esistere. L’uno come l’altro era cioè consapevole che ogni scelta essenziale si esprime attraverso uno scatto – del tutto personale e singolare – di ri-considerazione e re-invenzione del codice morale ricevuto. Che potrà essere rispettato o respinto, ma sempre in virtù di quello scatto, che appartiene alla sola coscienza (o alla “coscienza sola”) e per il quale essa è coscienza libera. Non stupisca neanche che queste riflessioni provengano, come finemente rileva Guarini, da “due giganti del pensiero occidentale”.

  Se qualcosa possiamo unanimemente rivendicare all’occidente, è la scoperta della libertà dell’individuo. Si disputerà ancora e sempre se si tratta della libertà del credente, che si riconosce libero quando in comunione con Cristo, o di quella dell’umanesimo classico, la libertà cioè di autodefinirsi nell’autonomia assoluta della propria coscienza. Nel secondo caso rientra anche la libertà dello stoico di darsi la morte. Con generosa intelligenza un altro credente, Dante, colloca a guardia delle porte del purgatorio Catone Uticense, lo stoico romano suicida per amore della irrinunciabile libertà. Dante tiene a sottolineare che il gesto di Catone rappresenta il più alto lascito morale del mondo classico: “il veglio solo” non può varcare la soglia del purgatorio né aspirare al paradiso, ma merita ogni rispetto per averci insegnato, da un mondo non redento dalla croce, il gesto eticamente più nobile e forte allora concepibile. Sperimentando anche lui la solitudine di cui parla Guarini, che poi è la solitudine dell’uomo moderno, la solitudine in cui lo lascia il relativismo della sua condizione esistenziale. Che non è povertà, condanna o colpa, ma piuttosto apertura alla grazia, quale è sempre l’evento. Il relativismo pone dinanzi a un bivio tra strade delle quali occorre sceglierne una e solo una: c’è una grandezza e una assolutezza etica in questa scoperta (kierkegaardiana?) che anche il credente, il cattolico, non solo deve rispettare, ma fare propria. Anche la sua salvezza, quando sceglierà di confermarsi nella sua fede e nei suoi insegnamenti, sarà tale – cioè salvezza – solamente in quanto scelta libera. Mi sarà consentito definire questo (e sono certo che Guarini sarà d’accordo) un insegnamento intensamente laico?