Marco Pannella è impegnato in uno sciopero della sete, pericoloso per la sua salute, contro la disparità di trattamento fra le liste che la legge elettorale impone e che penalizza ingiustamente la Rosa nel Pugno, affermandone (e credo che Pannella abbia assolutamente ragione) l’incostituzionalità. E’ una delle cose che caratterizzano da sempre i radicali e rendono la loro azione incomprensibile per coloro che sono indifferenti di fronte alle violazioni delle regole costituzionali. Ricordate lo sciopero della fame e della sete che Pannella fece nel 2002? Protestava contro il vulnus rappresentato dall’incapacità del Parlamento di procedere, nei tempi imposti dalla Costituzione, alla nomina dei giudici della Corte? Basterebbe questo a testimoniare quanto sia preziosa la presenza dei radicali nella politica italiana.
In un precedente articolo (Corriere, 22 gennaio) avevo sostenuto che i radicali, accentuando troppo in questa fase il loro «storico» anticlericalismo, a scapito di altri aspetti della loro tradizione secondo me molto più utili e importanti, rischiano di non poter svolgere, in un eventuale processo di aggregazione della sinistra, quel ruolo di protagonisti che la loro storia legittimerebbe. Ne è venuto fuori, in tempi in cui tutti si insultano ferocemente, un civilissimo dibattito per il quale ringrazio gli intervenuti e soprattutto Pannella.
C’è effettivamente qui una diversità di valutazione sul ruolo della Chiesa. Non condivido l’idea che la «laicità» possa consistere nell’imporre (come in Francia) la «neutralizzazione politica» delle scelte religiose e il silenzio della Chiesa sulle grandi questioni di etica pubblica presenti nell’agenda politica. Personalmente, sono andato a votare nel referendum sulla fecondazione assistita (con qualche «no» e qualche «sì», il più convinto dei quali a favore della ricerca scientifica) ma, per quanto mi sforzassi, non sono riuscito a scandalizzarmi per il fatto che Ruini aveva dato al popolo cattolico (peraltro, libero di accettarle o respingerle) indicazioni a favore dell’astensione.
Finita l’unità politica dei cattolici la Chiesa interviene direttamente sulle questioni che ha a cuore. E allora? Basta questo per far parlare di «clericalizzazione» della politica italiana? Pannella consideri che tutti quelli che a sinistra lo applaudono quando egli si
scaglia contro gli «arroganti interventi» della Chiesa sono gli stessi che applaudivano gli «interventi» della medesima Chiesa contro la guerra in Iraq. Non è evidente la malafede? Oggi – basta leggere i giornali di sinistra – l’anticlericalismo a corrente alternata è diventato senso comune. Il dogma secondo cui la minaccia clericale è alle porte è oramai parte integrante dell’ideologia italiana del «politicamente corretto»: una ideologia bizzarra che impone di agitarsi per ogni starnuto della Chiesa cattolica e di essere invece accondiscendenti e arrendevoli, in nome del relativismo, nei confronti dell’integralismo islamico (vedi il trattamento di favore spesso riservato agli integralisti che controllano certe moschee). Ma se questo è il senso comune, va ricordato che il grande pregio dei radicali era sempre stato quello di non lisciare il pelo al gatto, bensì di arruffarlo. Per inciso, a proposito di «zapaterismo» (all’italiana), non sarebbe bene, sfidando il conformismo di sinistra, dire una buona volta che i Pacs sono una giusta soluzione per le coppie omosessuali mentre per quelle eterosessuali sono invece una solenne sciocchezza?
Io penso che sono altri i terreni su cui i radicali, forti della loro storia, possono dare un grande contributo al rinnovamento della sinistra, terreni sui quali il senso comune di sinistra è ancora di tutt’altra pasta. Dal liberalismo economico, in difesa del quale hanno fatto in passato cose egregie (e fa piacere che il segretario radicale Capezzone abbia ribadito il suo impegno, che spero si tradurrà in azioni concrete, a favore dei temi indicati da Francesco Giavazzi), al sostegno della solidarietà atlantica contro l’islamismo estremista e per la democratizzazione del mondo islamico. Su queste cose, applausi dai giornali di sinistra non se ne prendono. Oppure, consideriamo il caso del garantismo giudiziario. Come Pannella sa, il «partito delle procure» è ancora fortissimo nel centrosinistra. Faccio un esempio. Adesso che sono stati colpiti, i Ds vorrebbero porre un freno alla pubblicazione delle intercettazioni giudiziarie ma restano contrari a limitarle (come ci ha spiegato l’onorevole Brutti), non vogliono togliere ai pubblici ministeri l’arma dell’intercettazione a tutto campo. I dati però dicono che il numero di intercettazioni che sì fanno in Italia è enormemente, e scandalosamente, più alto di quelli di tutte le altre democrazie occidentali e ciò fa dell’Italia, sotto questo profilo, una specie di «stato di polizia». E’ certo che il partito delle procure si opporrà a che questo scandalo finisca. Non dovrebbero i radicali caratterizzare la loro campagna proprio su temi come questo?
I comunisti, durante la Prima Repubblica, furono sistematicamente pungolati, provocati e strattonati, e questo ebbe su di loro effetti positivi, soprattutto da due piccole forze laiche: i repubblicani di Ugo La Malfa e i radicali di Pannella. Due uomini, La Malfa e Pannella, diversissimi per stile e per idee ma entrambi di grande statura politica. Mutate le circostanze storiche, la sinistra ha tuttora bisogno di essere pungolata da leader di quella pasta.