RADICALI ROMA

Fassino rilancia i Dico col freno a mano

Contrordine del contrordine al contrordine. Piero Fassino cambia ancora rotta e, continuando a navigare a vista sul terreno minato delle questioni civili, ritorna a difendere i Dico dal microfono del comitato nazionale del suo partito. Lo fa, ma alla fine di un ragionamento complesso avverte anche: «Se finiamo sulla linea Dico o morte corriamo il rischio di essere subalterni».
Tutto chiaro? Probabilmente no, ma a dire il vero negli ultimi anni mai posizione politica fu così tormentata in un leader ds: Fassino, infatti, preoccupato di mandare messaggi ai centristi, aveva suscitato l’ira della sinistra interna e di Franco Grillini già al congresso di Firenze. In quell’occasione, con un mese di anticipo sulla manifestazione, aveva spiegato, quasi candidamente, nella sua relazione che «gli interessavano» il popolo di piazza San Giovanni e le sue istanze. E poi, nel momento duro della polemica, aveva lasciato sola Barbara Pollastrini a difendere la legge, e si era (non casualmente) allontanato da Roma per non dover scegliere fra la piazza dell’Orgoglio laico e quella del Family day. Ultimo messaggio conosciuto: «Bisogna ascoltare entrambe le piazze». Memorabile. Le prime conseguenze a piazza Navona le aveva pagate l’incolpevole sottosegretario della Quercia Luigi Manconi, unico esponente di partito a portare la sua solidarietà. Prima applaudito fragorosamente per la sua solitaria adesione, poi fischiato sonoramente in quanto rappresentante del partito di Fassino. Mentre questo accadeva, quasi maramaldeggiava il conduttore di Orgoglio laico, Alessandro Cecchi Paone: «Facciamolo sentire bene, a Fassino, che le assenze dei dirigenti ds stasera sono state notate…». E giù l’ira di Dio: «Buuuhhh!».
Bene, al segretario ds deve essere arrivato all’orecchio che quelli della Sinistra democratica mussiana, dopo la defaillance della Quercia, hanno iniziato a raccogliere nuove adesioni, come spiegava stamattina a Montecitorio l’ex coordinatore della mozione Angius, Alberto Nigra: «Se continuano su questa linea suicida vengono inghiottiti dalla deriva centrista in un mese…». E così è partita l’ennesima correzione di rotta. All’assemblea nazionale della Quercia Fassino si difende dai rilievi critici che gli arrivano da un dirigente di peso come Gianni Cuperlo: «Non credo che abbiamo avuto delle oscillazioni – dice mettendo le mani avanti -; penso, al contrario, che abbiamo condotto la battaglia sulla aicità con rigore e coerenza». Poi, quasi all’attacco: «Per noi – spiega – i Dico sono una proposta adeguata che sosteniamo e sosterremo, ma sollecitiamo a depositare altre proposte che riconoscano i diritti alle coppie di fatto». Dunque, da un lato Fassino ribadisce la posizione di bandiera, ma dall’altro non esclude modifiche parlamentari al testo preparato dai ministri Bindi e Pollastrini. In che modo e a che condizioni? Fassino dice che i Ds sono pronti a dialogare «fermo restando due principi irrinunciabili: diritti uguali sia per le coppie eterosessuali sia per quelle omosessuali e che l’esercizio dei diritti si radichi sulla certezza giuridica per i titolari dei diritti». Un terreno, come si vede, abbastanza friabile. E lo stesso leader ds ne sembra consapevole: «Io credo – argomenta – che una sintesi tra i diritti delle persone e le necessità della famiglia sia ancora possibile. La proposta sui Dico è corretta ed equilibrata, perché non equipara le famiglie alle convivenze. È una buona legge che rappresenta una soluzione utile». Ma subito dopo si chiede anche: «La domanda da fare è un’altra: ci attestiamo sui Dico scontando che non c’è altra soluzione o portiamo a casa un riconoscimento delle coppie di fatto? Sfidiamo chi non vuole i Dico a dirci come vuole rispondere alle esigenze di un riconoscimento dei diritti individuali! Pezzotta ce lo spieghi. Io – osserva Fassino – non sono prigioniero di una formula. Se l’obiettivo lo conseguo con i Dico sono contento, se il riconoscimento dei diritti delle persone lo conseguo con un’altra legge sono ugualmente soddisfatto. Attenzione – conclude -, se ci attestiamo sulla posizione Dico o morte corriamo il rischio che, se la legge non viene approvata, ci ritroviamo subalterni. Attenzione, pensiamoci, perché i Dico non passano».