RADICALI ROMA

Fecondazione, meno figli

Li ricorderemo come gli anni dei trigemini. Bambini nati in un solo colpo, da mamme che temevano di non poterne avere nemmeno uno a causa dell’infertilità. E si sono ritrovate all’improvviso la culla piena, forse più di quanto speravano. Tra il 2004 e il 2005 i parti-tripletta sono aumentati del 2,7% in controtendenza rispetto al resto del mondo occidentale (1,1%) dove invece si sta cercando di ridurre al minimo gravidanze così rischiose per i protagonisti (mamma e bebè). Non è un caso che parallelamente i nostri nidi si siano affollati di prematuri, venuti alla luce in età gestazionale precoce, sottopeso. Il numero dei trigemini (18 in 6 parti) sarebbe stato ancora superiore se qualche donna non avesse dovuto ricorrere alla riduzione embrionaria, un aborto parziale che consiste nell’eliminazione in utero del feto troppo debole. La responsabilità del fenomeno è racchiusa nella legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita che, oltre a diminuire del 3,6 la percentuale di successo delle tecniche (sono nati circa 1.041 bambini in meno), ha evidenziato molti altri limiti. L’obbligo di impiantare e indirizzare verso la vita gli embrioni ottenuti con fertilizzazione artificiale, fino a un massimo di tre, ha moltiplicato la percentuale di gravidanze plurime, specialmente nelle giovani, sotto i 35 anni, come aveva già rimarcato il rapporto presentato a giugno dal ministro della Salute Livia Turco, bilancio a due anni dall’entrata in funzione della legge. Oltre ai 6 trigemini, ben 167 le coppie di gemelli ai quali si aggiunge un imprevisto lieto evento di quattro bambini, frutto non della violazione di un ginecologo ma di un gioco della natura che ha diviso in due una delle tre sacche gestazionali. Dietro l’analisi epidemiologica c’è dunque una realtà molto meno romantica. Una donna fecondata con la tecnica Fivet a Salerno, dopo aver ricevuto la bella notizia di essere incinta, ha saputo che due dei tre feti erano portatori di talassemia e ha deciso di abortirli con la riduzione embrionaria. «Un intervento molto pericoloso—stigmatizza Nino Guglielmino, del centro Hera a Catania, una delle cinque cliniche italiane all’avanguardia per la cura della sterilità —. Consiste in un’iniezione di cloruro di potassio nel cuore del feto. La stima è che le interruzioni parziali di gravidanza siano aumentate del 100 per cento». Hera ha dati più aggiornati. Dal 2004 al primo semestre del 2007 solo le gravidanze trigemine sono state 22 contro le 18 contate nei sette anni precedenti. Sei gli aborti totali, dei nati sono sopravvissuti solo la metà. Percentuali più o meno simili al Tecnobios di Bologna. Su 154 fecondazioni con esito positivo in donne sotto i 35 anni, il 12% non sono arrivate a compimento: «Il risultato è opposto a quello che si riprometteva la legge, tutelare la salute di nascituro e della madre. Noi medici dobbiamo utilizzare lo stesso trattamento in modo indistinto per ogni paziente e questi obblighi conducono a vere e proprie forzature della natura. Tanto più che secondo la letteratura internazionale sono più efficaci i tentativi con un unico embrione, selezionato », commenta Andrea Borini. Le ultime speranze di cambiare sono affidate alla revisione delle linee guida della legge 40, su cui sta lavorando il ministro Turco. Ma la regola dei tre impianti contemporanei non può essere cambiata da un atto amministrativo.