RADICALI ROMA

Finanziamenti ai partiti Tutto più facile

Sul sito Internet del Senato, dell’articolo 39-trieces del decreto legge “mille proroghe”, approvato nella tarda serata di ieri a Palazzo Madama, non c’è traccia. Eppure l’articolo esiste e la sua presentazione da parte del governo è stata confermata, nonostante la severa sforbiciata effettuata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti sugli articoli senza la prevista copertura finanziaria. Il problema, invero un po’ sGradevole dal punto di vista della trasparenza, è che sotto una formulazione apparentemente anonima, l’articolo in questione riguarda il finanziamento (pubblico e privato) dei partiti. E modifica in senso favorevole, a poche settimane dalla fine della legislatura, i meccanismi che regolano i sussidi alle forze politiche.

 

 

 

 I punti dell’articolo sono sostanzialmente quattro. Il primo riguarda il finanziamento privato, da parte di aziende o singoli, ai candidati alle elezioni. La severa disciplina in vigore finora prevedeva che andassero registrati i contributi elettorali superiori ai cinque milioni di lire, rivalutati a circa 6 mila euro. Ora l’emendamento porta questa cifra a «cinquantamila euro». La seconda norma regala contributi ai partiti per le spese elettorali in caso di interruzione di legislatura. La normativa precedente spalmava infatti nell’arco di cinque anni i rimborsi ai partiti presenti in Parlamento. Nel caso di nuove elezioni, il finanziamento era «interrotto». L’emendamento del governo cambia questa parola in «è comunque effettuato». La terza costituisce una salvaguardia per i tesorieri dei partiti di fronte ai creditori. In caso di insolvenza, essi infatti dovevano rispondere personalmente davanti al giudice civile. L’emendamento prevede che «i creditori dei partiti e dei movimenti politici (…) non possono pretendere direttamente dagli amministratori dei medesimi l’adempimento delle obbligazioni del partito se non qualora questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave». La norma ha anche valore retroattivo, perché «si applica anche per i giudizi e i procedimenti in corso».

 

 

 

 Infine la quarta novità, che si annuncia come una sorta di sanatoria per i debiti pregressi dei partiti a spese della collettività. Recita il provvedimento: «Per il soddisfacimento dei debiti dei partiti maturati in epoca antecedente all’entrata in vigore della presente legge è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’uno per cento delle risorse stanziate» per i rimborsi della campagna elettorale. L’articolo che regala nuovi soldi e salvacondotti ai partiti sarebbe passato inosservato, nel silenzio. Ad accorgersene e a protestare il senatore Enrico Morando, esponente dell’area liberal dei Ds, e il senatore Antonello Falomi, di “Cantiere” (area Occhetto), che racconta: «Infilata tra decine di pagine, non era facile scoprire di che cosa trattasse la norma. Io sono stato tesoriere dell’Ulivo e quindi la normativa la conosco a memoria. Sono provvedimenti gravi. Il primo di essi, quello sull’aumento a 50 mila euro dei finanziamenti da parte di imprese o singoli ai candidati senza dover registrare nulla, è un incitamento alla tangente legalizzata». Mentre Morando punta il dito sul fondo dell’uno percento per ripianare i debiti dei partiti. «Questo fondo— ha spiegato—è alimentato con l’uno per cento delle risorse stanziate a tutti i partiti politici. Appare evidente come questa percentuale non basta a ripianare i debiti e quindi, trattandosi di un fondo di garanzia, lo Stato dovrebbe intervenire con ulteriori risorse per azzerare tutti i conti in rosso dei partiti». La speranza di Falomi e Morando era riposta nel fatto che il governo aveva annunciato uno sfoltimento notevole di numerosi articoli del decreto “mille proroghe”. Ma le forbici di Tremonti lo hanno lasciato intatto. E su di esso è stata votata la fiducia: 159 sì e tre no. Il decreto legge passa ora alla Camera per la definitiva conversione. Fuori dal Senato, a protestare, ieri sera c’era solo il radicale Daniele Capezzone, della ‘Rosa nel pugno” che ha parlato di «scandalo incredibile, uno dei più gravi di tutti questi anni». Silenzio dal governo, dai partiti della maggioranza e da quelli dell’opposizione.