Partendo dal camauro, il copricapo usato da Benedetto XVI e tramandato, tra gli altri, da Raffaello nel celebre dipinto del suo mecenate, l’esponente radicale sottolinea le affinità tra Joseph Ratzinger, uomo eruditissimo che non capisce nulla, e Giuliano della Rovere, eletto al soglio pontificio in poche ore, ispiratore di una bolla contro la simonia e allo stesso tempo destinatario delle proteste sull’uso delle indulgenze da parte di Erasmo da Rotterdam e di Martin Lutero, responsabile della condanna a morte di quattro domenicani che si erano opposti alla teoria francescana della immacolata concezione, sospettato di omosessualità e sodomia, promotore della Lega Santa (Venezia, Spagna, Inghilterra) con la quale mostrò di identificare la libertà nazionale con l’espansionismo dello Stato della Chiesa. Audiovideo
Giulio II e Benedetto XVI nel racconto di Marco Pannella
Di seguito le schede selezionate da Daniele Capezzone e commentate da Marco Pannella durante il suo intervento nella terza giornata del Comitato nazionale di Radicali Italiani.
La prima è tratta da Homolaicus
«Giuliano della Rovere, nato presso Savona, di umili origini, era entrato nell’ordine francescano, cominciando gli studi giuridici. Egli dovette la sua fortuna al fatto ch’era nipote del generale dello stesso ordine, Francesco della Rovere, che, quando diventerà papa Sisto IV gli riconoscerà, nel 1471, la nomina a cardinale in S. Pietro in Vincoli, come premio per aver sgominato una rivolta in Umbria e sottomesso il tiranno di Città di Castello, Niccolò Vitelli. Giuliano infatti era un valente militare e poté dar mostra di sé anche sotto il pontificato di Innocenzo VIII, allorché respinse l’assalto portato fin sotto Roma dagli Aragonesi nel 1486.
Quando il suo nemico giurato, Rodrigo Borgia, divenne papa Alessandro VI nel 1492, Giuliano fuggì in esilio in Francia, dove rimase, soprattutto ad Avignone, fino alla morte di Alessandro e dove incoraggiò Carlo VIII a intraprendere la spedizione per la conquista del Napoletano.
Fu eletto al soglio pontificio nel 1503, in poche ore, grazie all’appoggio dei cardinali spagnoli e di Cesare Borgia. Promise a quest’ultimo che l’avrebbe nominato capitano generale della Chiesa, confermandogli i possedimenti in Romagna, ma poi ci ripensò e gli mosse addirittura guerra, togliendogli tutte le città della Romagna. Promosse anche vittoriosamente la Lega di Cambrai, nel 1508, contro la Repubblica di Venezia, che, approfittando dello stato di rivolta esistente in Romagna contro il Valentino, aveva occupato Faenza e Rimini. Nello stesso tempo unì allo Stato pontificio Bologna, allontanandone i Bentivoglio e sottomise i Baglioni di Perugia; a Venezia tolse anche Ravenna.
Nel 1506 fece emanare dal V Concilio Lateranense una bolla contro la simonia, ma l’impiego delle indulgenze per finanziare la basilica di San Pietro suscitò accese proteste da parte di Erasmo da Rotterdam e di Martin Lutero.
Nel 1509 condannò al rogo quattro domenicani che si erano opposti alla teoria francescana dell’Immacolata concezione.
Nel 1511, approfittando della resistenza popolare contro gli occupanti stranieri, formò la Lega Santa (Venezia, Spagna, Inghilterra) per cacciare i francesi dall’Italia, identificando la libertà nazionale con l’espansionismo dello Stato della chiesa. In realtà non fece che favorire la sostituzione dei francesi con gli spagnoli. Nel 1510 aveva già concesso il Regno di Napoli a Ferdinando II d’Aragona. In quell’occasione conquistò anche Modena e Mirandola, Parma e Piacenza».
La seconda scheda è tratta da Oliari
«A papa Borgia successe Pio III (Francesco Piccolomini Todeschini), scelto indubbiamente perché persona buona e rispettata da tutti, ma più probabilmente perché anziano e mezzo malandato. Dopo solo un mese di pontificato morì e, col più breve conclave della storia (24 ore), venne eletto all’unanimità Giuliano della Rovere, che assunse il nome di Giulio II.
Fu un papa davvero energico: guidava di persona gli eserciti portandosi tutto il seguito di cardinali e di ufficiali pontifici; fu severo e collerico al punto da bastonare chi lo contraddiceva; aveva una figlia riconosciuta, Felice; fu un grande mecenate, forse il più grande che la storia ricordi: nonostante che la sua parsimonia e la sua avarizia fossero risapute (ridusse all’osso le spese di corte), assoldò i più importanti architetti ed artisti dell’epoca, da Michelangelo a Raffaello, dal Pollaiolo, al Bramante ecc.
Si hanno notizie anche dell’omosessualità di Giuliano della Rovere, già da quando era cardinale: Stefano Infessura, ufficiale dell’amministrazione capitolina, riporta nel suo Diario che Virginio Orsini, capo di una delle fazioni baronali di Roma, aveva cosparso la capitale di fogli in cui accusava Giuliano della Rovere di sodomia e che, se Dio gli avesse concesso la vittoria contro i Colonna, avrebbe portato la sua testa in processione infilzata su una lancia.
Francesco Alidosi da Castel del Rio era indubbiamente un ottimo politico ed uno dei più grandi amici del della Rovere, il quale, una volta eletto papa, si premurò subito di nominarlo cardinale (1505). Vi furono molte dicerie sulla relazione omosessuale fra i due, ma bisogna dire che il pettegolezzo, a volte spinto, era diffuso nella corte papale con lo scopo di screditare gli avversari politici.
Certamente fu la gelosia per le attenzioni del papa verso di lui a spingere il diciottenne Francesco Maria della Rovere (che, adottato divenne un Montefeltro), nominato “capitano generale della Chiesa”, ad accoltellare a Ravenna l’Alidosi. Di lui si sa che godeva di un particolare affetto da parte del papa, il quale passava ore ad osservarlo, specie nell’arte dell’equitazione.
Alessandro Luzio scriveva in quel tempo, nel suo “La reggenza di Isabella d’Este”, che papa Giulio insistette con decisione per avere come ostaggio a Roma il giovane Federico Gonzaga e che sia Massimiliano d’Asburgo, che Luigi XII espressero forti dubbi sulle reali intenzioni del pontefice.
Calunnie o meno che fossero, le tendenze omosessuali di Giulio II erano dominio di mezza Europa».