Un patto a tre che è soprattutto un messaggio a Francesco Rutelli. Nella Margherita c’è un tridente composto da Dario Franceschini, Beppe Fioroni ed Enrico Letta che pesa per il 60 per cento dentro DI e vuole mettere un’ipoteca sulla costruzione del Partito democratico. Quasi sicuramente non verrà presentato un candidato alternativo al vicepremier per la leadership della Margherita. A Franceschini hanno chiesto di scendere in lizza De Mita, Rosy Bindi, Pierluigi Castagnetti nel pranzo che qualche giorno fa ha riunito gli ex popolari a Roma. Ma il capogruppo dell’Ulivo ha espresso la sua linea, proprio durante quella riunione conviviale: «Non condivido le candidature contrapposte quando la linea politica è invece la stessa: andare avanti sul Pd. E non credo che questo sia il momento per dividere il partito». Detto questo, i tre quarantenni sono tornati a vedersi ieri a Palazzo Chigi, per far capire a Rutelli che sono uniti e intenzionati a contare nei passi successivi al congresso. «Rutelli non potrà più portare avanti la sua linea presidenzialista e solitaria», è la loro posizione. Come dire che non sarà una minoranza a guidare il processo del Pd. Al tavolo del Partito democratico si siederanno anche loro, con la forza dei numeri e la possibilità di rappresentare un ricambio generazionale.
In tutto l’area degli ex popolari rappresenta quasi il 70 per cento della Margherita. E si prepara a controllare 14 regioni su 20, lasciando a Rutelli tre segre-tari regionali, due a Parisi e uno a Dini in Liguria. La parte del leone dunque la faranno i dirigenti del “tridente” sulla base delle loro percentuali: Franceschini è intorno al 25percento, Fioroni al 22 ed Enrico Letta per la prima volta si presenta con un suo pacchetto di voti quantificabile al 14 per cento. Visto che il congresso di Dl nasce come unitario (la mozione è una sola), le diplomazie delle varie correnti sono al lavoro per evitare lacerazioni prima delle assise regionali convocate per la fine del mese. Si studiano pesi e contrappesi a livello locale. Ma nei contatti con i rutelliani emerge anche un’altra domanda: come si manifesteranno questi nuovi equilibri interni? Ci sarà un nuovo presidente dell’assemblea federale che farà capo agli ex ppi? Per il momento non viene esclusa nessuna soluzione, anche quella estrema di presentare un rivale di Rutelli al congresso nazionale.
Se la Margherita è alle prese con un gioco di potere interno, nella Quercia la scissione è solo questione di tempi e modalità. Ma il percorso ormai è segnato. Dopo le amministrative del 27 maggio, in Parlamento nasceranno due gruppi parlamentari, costale della Quercia. La sinistra ds di Fabio Mussi ha 26 deputati alla Camera e 10 senatori a Palazzo Madama. Il 29 marzo a Roma il Correntone riunirà i suoi dirigenti locali e nazionali per decidere le tappe dell’uscita. «Sarà una decisione democratica», annuncia Cesare Salvi. Una delle ipotesi in campo è non partecipare al congresso di Firenze (19—21 aprile). Uno strappo preventivo che nasce sulla base di un’affermazione evidente della mozione Fassino (a oggi è al 75 per cento). La sinistra teme inoltre che il segretario sia pronto a ulteriori accelerazioni: al congresso per esempio potrebbe essere lanciatala proposta del doppio tesseramento, ai Ds e al Pd. Proposta dirompente per la componente di Mussi (ora al 16 per cento) ma anche per la terza mozione Angius—Zani (8 per cento). Il portavoce Alberto Ni-gra prefigura un’altra scissione: «I dati congressuali—dice—dovrebbero suggerire a Fassino un cambiamento di rotta nella costruzione del partito riformista. Altrimenti anche per noi la frattura sarebbe inevitabile e potremmo guardare alla proposta di costituente socialista lanciata da Enrico Boselli».