La Gazzetta del Mezzogiorno, di Giuseppe Giacovazzo.
A prescindere. Proprio la frase del grande Totò. A prescindere dall’esito dello scontro tra maggioranza e opposizione, resta il fatto che un vincitore c’è già. In un paese che sembra votato a un presidenzialismo non tanto leggero. In una democrazia che trova nuova sponda in un decisionismo sempre più risoluto, ecco che torna ad emergere la figura di un profeta disarmato, senza potere, che rimette in discussione poteri e strapoteri.
Non è neppure eletto nel Parlamento nazionale Marco Pannella ma condiziona i due rami del Parlamento. Li ha messi alla frusta, costretti a convocarsi ad oltranza, in barba a tutti gli assenteismi. In aula congiunta per l’elezione di un membro mancante alla Consulta da un anno e mezzo. In commissione di Vigilanza Rai perché ancora senza testa.
Un altro bel colpo da maestro del vecchio Navigatore, che forte solo dello scandalo del suo corpo a rischio di morte sospende i giochi di Palazzo, devia la politica dalla crisi delle Borse e spinge le Camere al rispetto di una delle parole più logore del vocabolario italiano: Legalità. Avete addormentato il paese nella negligenza sistematica del diritto e della legge? Ora fate i conti con la mia vita, tuona Pannella con quella voce rauca riarsa dalla sete. E quando a molti pareva l’ultima trovata del grande Provocatore, ecco inchinarsi a lui i sommi sacerdoti del tempio: Schifani e Fini.
A prescindere dall’esito, questo è un evento molto più importante dell’esito. Comunque finirà la trattativa politica, una cosa è innegabile: ha vinto Pannella piegando tutti alla logica del dovere istituzionale. E solo dopo questo vittorioso preludio ha ricominciato a bere sorbendo voluttuosamente, come fosse un trofeo, un semplice gelato alla crema.
Non era sicuro di farcela quando ha iniziato la sua discesa agli inferi conclusa con la perdita di 13 chili della sua pesante soma. Nell’incertezza è il rischio.
Nell’ambiguo destino la credibilità, e anche l’ingiuria scettica che aizza come in una arena circense. Ha vinto anche contro questi italiani cosiddetti brava gente. Molto più rispettata all’estero la sua missione gandhiana presso popoli, come il tibetano, dove il metodo della non violenza riscatta la loro endemica impotenza. La fama di Pannella è venuta crescendo grazie a quella embrionale intuizione del Partito Transnazionale che a molti pareva soltanto velleitaria. Invece è il coronamento di una istanza radicale senza confini.
Non mi fa velo, scrivendo di lui, il dissenso che mantengo verso alcune sue estreme posizioni anticlericali. Quello slogan “Vaticano eguale talebano” non è degno della sua biografia, non appartiene alla sua moralità. Il contributo quotidiano di verità di Radio radicale, strumento indispensabile al dibattito civile e democratico, è lontano da quel suo livore che neanche il direttore Bordin riesce a mitigare nei giorni dispari. Eppure vi è tanta tanta somiglianza tra il distacco dal denaro di Pannella e quella incompresa espressione di papa Ratzinger che nell’infuriare della tempesta sulla finanza candidamente dice: “Il denaro non vale niente”. E vera somiglianza c’è pure tra la resistenza eroica dei cristiani di frontiera e i metodi di lotta resi popolari da Gandhi e da Martin Luther King, cari a Pannella, credente senza credo, combattente senza ideologie.
Scioperi della fame e della sete, disobbedienze civile, sit-in, satyagraha: nessuno nel mondo odierno è diventato come lui un leader carismatico con una pattuglia di militanti liberi e combattivi nel crocevia bollente dei problemi più gravi del nostro tempo.