Di Gionny D’Anna.
Insomma, tutti avrete letto della vicenda Flixbus: tuttavia, oltre al merito dello stupido atto normativo contenuto nel MIlleproroghe, forse è utile descrivere a grandi linee cosa sia in realtà il modello Flixbus.
Flixbus offre viaggi low cost su tratte medio-lunghe fra regioni italiane e in altri paesi europei. In Italia, prima di Flixbus, le tratte medio-lunghe erano appannaggio esclusivo delle storiche aziende di bus regionali, che anni fa avevano una licenza per percorrerle: in seguito, quando il settore fu liberalizzato, nessuna delle aziende minori o dei “padroncini” aveva alle spalle risorse tali da poter metter in piedi un rete di vendita o sostenere i costi per entrare nel nuovo mercato aperto dalla liberalizzazione. Non solo: prima del 2015 nessuna città italiana era connessa con altri paesi europei con tratte commerciali con bus di linea!
Proprio nel 2015 due aziende, l’inglese Megabus e la Tedesca Flixbus, decidono di estendersi in Italia. Entrambe non posseggono mezzi, ma grazie ad accordi con aziende di trasporto su bus regionali, fra 2011 e 2015 conquistano i rispettivi mercati nazionali e decidono di estendersi in Italia e Francia. Entrambe le società sono responsabili delle autorizzazioni necessarie per il funzionamento della rete a lunga distanza, organizzano la pianificazione della rete, il marketing, la politica dei prezzi, la gestione della qualità, il servizio al cliente e mediante un portale online unico vendono i biglietti. Ai partners locali, che come detto talvolta sono singoli padroncini, non resta che mettere a disposizione il proprio bus ed eseguire il percorso. La medesima livrea dei bus e divisa degli autisti è una mera ed ovvia trovata di marketing.
Ora, da molti anni ogni tipo di dibattito economico proveniente da qualunque parte, politica, sindacale, imprenditoriale e accademica conviene sull’ovvia constatazione che il principale problema delle piccole imprese italiane è che non crescono, perché non si coordinano e non si aggregano. Flixbus, che dopo pochi mesi ha inglobato Megabus, non fa altro che offrire a queste piccole imprese uno strumento di accesso al mercato che lei stessa ha creato, con i suoi costi “low” e una campagna virale di marketing.
Insomma, modelli win-win come la piattaforma Flixbus rappresentano quell’aggregazione di servizi immateriali che colmano i gap strutturali di innovazione delle piccole imprese: dunque il timore di molti, emerso ad esempio per motivare l’opposizione alla Bolkestein, per cui aprire il mercato significherebbe regalarne gli utili a multinazionali estere che al massimo impiegherebbero pochi dipendenti non è sempre fondato. Anzi, la digitalizzazione permette anche ad aziende di stazza medie come Flixbus (che non era altro che una startup tedesca nel 2011) di entrare in nuovi mercati sfruttandoli, ma facendo anche fruttare le potenzialità locali non messe a sistema.
PS: Flixbus pretende dai suoi partner standard più rigidi di quelli che prevede la legge. Infatti gli autobus non devono avere un’anzianità di servizio oltre i 3 anni e per le tratte notturne è obbligatoria la presenza di un secondo conducente. Insomma, un regolamentazione che opprime la concorrenza non per forza garantisce migliori standard di sicurezza.